Napoli. Camorra, sei bambini tolti ai genitori: «Rischio devianza, misura inevitabile»
Napoli. Anche dopo la retata di gennaio per loro la vita non era cambiata. Sono stati affidati alle zie o a qualche altro parente, ma sono rimaste lì a convivere con bilancini di precisione, bustine e altre diavolerie buone a confezionare cocaina. Quanto basta a spingere il Tribunale dei Minori di Napoli a prendere provvedimenti […]
Napoli. Anche dopo la retata di gennaio per loro la vita non era cambiata. Sono stati affidati alle zie o a qualche altro parente, ma sono rimaste lì a convivere con bilancini di precisione, bustine e altre diavolerie buone a confezionare cocaina. Quanto basta a spingere il Tribunale dei Minori di Napoli a prendere provvedimenti dolorosi: il trasferimento di sei minori (età compresa tra i 3 ed i 14 anni) dalle loro case di Pizzofalcone alle case famiglia. Vanno in comunità, a distanza di un mese dalla retata dei carabinieri al Pallonetto, con 45 arresti di presunti narcos del clan Elia. Interventi duri, resi necessari dalle informazioni ricavate sul territorio (dispersione scolastica, relazioni di assistenti sociali), ma anche dalle ultime indagini dei carabinieri. È la prima volta che accade. Ieri all’alba il blitz dell’arma, questa volta nona caccia di killer o di spacciatori ma a difesa dei sei bambini: non potevano continuare a vivere in contesti di degrado, in una «trasgressione continua delle più elementari regole civili», scrivono i giudici. È l’onda lunga di un’inchiesta coordinata dall’aggiunto Filippo Beatrice, dai pm Michele Del Prete e Antonio D’Alessio. Da quell’indagine – dalle intercettazioni ambientali, dai controlli dei carabinieri del comando provinciale guidato dal colonnello Ubaldo Del Monaco – emersero gli spaccati di un inferno quotidiano nel quale i minori erano costretti a vivere. Nelle ultime settimane i piccoli erano stati affidati agli zii, che non si erano dimostrati migliori degli stessi genitori. Qualche esempio. In un’intercettazione acquisita agli atti si sente la voce di una bambina di appena 6 anni che aiuta lo zio a sigillare le bustine di droga: «Zio – gli chiede – ma ti piace fare questo mestiere?». Evidenza palpabile – argomentano i giudici del Tribunale dei minori – del progressivo allontanamento della piccola da un contesto di vita normale e da condotte minimamente accettabili. La droga diventa un «mestiere», per la piccola protagonista di questa storia. Ma nei vicoli a ridosso di piazza del Plebiscito il business legato alla droga doveva andare avanti, a tutti i costi. E ogni espediente era utile pur di fare affari con la cocaina, l’hashish e la marijuana. Nessuno scrupolo: e allora ecco che c’era chi – in occasione dei controlli fatti dai militari dell’Arma – pur di non farsi scoprire sistemava accanto al pupo, nella tasca del passeggino, i bilancini di precisione usati per pesare le dosi. Elementi chiari, incontrovertibili che hanno indotto il collegio dei magistrati (composto dai togati Giovanni Saporiti e Paola Vallario, e dai componenti privati Carlo Barbuti e Roberta De Martino) a decidere per l’allontanamento coatto dai rispettivi nuclei familiari rivelatisi «inadatti a sostenere il benché minimo ruolo genitoriale» anche per «l’abituale tendenza a trasgredire le regole dell’etica negli ambienti criminali vicini al clan Elia». Impossibile crescere in simili contesti. Tra i casi presi in esame dal Tribunale compare anche quello di un adolescente: ha solo 14 anni ed è parente di un personaggio che gli inquirenti considerano di spicco negli organigrammi criminali del Pallonetto. Lo chiameremo, con nome di fantasia, Alessandro. Un mese fa, in seguito al blitz che portò in carcere 45 persone, il ragazzino si ritrovò senza più madre né padre. E per questo venne affidato ad una zia. Alessandro era già tenuto d’occhio da tempo. L’otto agosto scorso sempre i carabinieri lo trovarono – intorno alle due di notte – a giocare a pallone con altri coetanei in piazza del Plebiscito. Circostanza che deve aver avuto un peso nella decisione finale dei giudici, i quali spiegano come il caso rientri nella categoria dei «minori che finiscono al di fuori di ogni circuito o sfera di sorveglianza e controllo degli adulti». Ora per i sei giovanissimi si apre un nuovo percorso di vita. E la decisione del Tribunale dei Minori è destinata a rappresentare un precedente di fondamentale importanza anche per i casi futuri. L’infanzia negata, purtroppo, non è prerogativa del solo Pallonetto di Santa Lucia. (Il Mattino)