Napoli. La villa bunker confiscata a Polverino nel 1996 doveva diventare una scuola, ora è regno di vandali e cani randagi
Il decreto di confisca è datato 25 maggio 1996. Da quel giorno la villa bunker di Giuseppe Polverino, meglio noto come ‘o Barone, è ufficialmente un bene di proprietà dello Stato. Sono passati 21 anni, eppure il tempo sembra essersi fermato nella Seconda Traversa di via Marano – Pianura, zona a ridosso della collina dei […]
Il decreto di confisca è datato 25 maggio 1996. Da quel giorno la villa bunker di Giuseppe Polverino, meglio noto come ‘o Barone, è ufficialmente un bene di proprietà dello Stato. Sono passati 21 anni, eppure il tempo sembra essersi fermato nella Seconda Traversa di via Marano – Pianura, zona a ridosso della collina dei Camaldoli, dove è ubicato l’immobile appartenuto all’ultimo padrino della città. La villa, infatti, è ancora nelle disponibilità dell’Agenzia Nazionale dei Beni Confiscati e dei progetti per il riutilizzo del bene, sbandierati a più riprese nel corso degli ultimi vent’anni, non ce n’è ancora traccia. Nel frattempo è diventata terra di nessuno. Vandalizzata, diroccata. Regno di cani randagi, parco giochi ideale per le scorrerie dei teppisti che entrano senza problemi, considerata la minima resistenza di porte e cancelli semiaperti. E che sfidano i pericoli di una struttura letteralmente a pezzi. Nel 2010 si era pensato di farne un centro di orientamento e formazione per immigrati e un accordo di massima, per individuare i necessari finanziamenti, era già stato raggiunto tra Regione, Agenzia del Demanio e il Comune di Marano. Non se ne fece nulla né allora né qualche anno dopo, quando ad interessarsi al bene fu il ministero per l’Istruzione, l’Università e la Ricerca, che sembrava sul punto di realizzare una scuola per i bambini della zona. Un progetto ambizioso, dal nome eloquente: «Più scuola, meno mafia». «Siamo da anni in contatto con l’Agenzia Nazionale dei beni confiscati e con il Miur – spiega abbastanza sconsolato l’avvocato Saverio Griffo, consulente per i beni confiscati del Comune di Marano – Il progetto del ministero è stato già approvato, ma da quanto ne sappiamo sono sorte difficoltà per il reperimento dei fondi necessari per la messa in sicurezza e ristrutturazione dell’immobile. Nei giorni scorsi – aggiunge – abbiamo contatto il referente regionale dell’Agenzia, il dottor Gianpaolo Capasso, il quale ci ha riferito che il Miur non ha ancora accantonato l’idea di far sorgere una scuola nei locali della villa». Per mettere a norma l’immobile e renderlo compatibile con le esigenze dei piccoli alunni, però, occorreranno molte centinaia di migliaia di euro, secondo i tecnici comunali che qualche tempo fa effettuarono un sopralluogo. La lussuosa residenza del «Barone», in carcere dal marzo del 2012, è strutturata su due livelli, per un totale di 23 vani. I piani sono collegati da un’imponente scala a chiocciola in marmo (unica concessione al kitsch), per molti versi simile a quella immortalata nel film di Brian De Palma, in cui Al Pacino interpreta il ruolo del gangster Tony Montana. Le lastre di pregiatissimo marmo ricoprono anche i pavimenti dei saloni al piano superiore di una struttura circondata, inoltre, da ben cinquemila metri quadri di giardino. Un vero e proprio parco, alla fine del quale si accede ad un solarium con ampia terrazza che gode di una favolosa vista sulla conca di Quarto e sull’intera area flegrea. Una (ex) struttura da sogno, insomma, almeno sulla carta. Da simbolo del potere mafioso tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta, oggi la villa appartenuta al boss Giuseppe Polverino è diventata l’emblema del degrado, nonché luogo di rifugio per gli animali della zona. Le stanze sono disseminate di escrementi, le porte sono distrutte, qualche vetrata è scheggiata dai proiettili, l’intonaco è penzolante in molti punti, i cancelli sono arrugginiti mentre non vi è traccia di targhe o insegne che ricordino ai passanti e ai «visitatori» che la villa è proprietà dello Stato Italiano. Un bene sottratto alla camorra, all’organizzazione criminale, quella guidata dal “Barone” dei Camaldoli, che per oltre un ventennio ha gestito – quasi in regime di monopolio – il fiorente business del traffico di hashish sulla rotta Marocco-Spagna-Marano. Lontano dai fasti di primi anni Novanta, oggi nella villa bunker di via Marano-Pianura si accede con una facilità sconcertante. I cancelli sono aperti, così come le porte d’ingresso. Può entrare chiunque, a qualsiasi ora del giorno o della notte, anche se la zona è impervia e il panorama (splendido) è coperto dalla foltissima vegetazione nel frattempo cresciuta. Il Comune di Marano, sciolto di recente per infiltrazioni della criminalità organizzata e guidato da una triade commissariale, sembra essere sensibile al tema del riutilizzo dei beni confiscati ricadenti sul territorio. Proprio qualche giorno fa i vertici dell’amministrazione cittadina, il prefetto Antonio Reppucci e il funzionario del ministero degli Interni Francesco Greco, hanno effettuato un sopralluogo nella struttura. Indipendentemente dai progetti in itinere, l’auspicio è che la villa possa essere assegnata e finalmente utilizzata per i fini sociali previsti dalla legge Rognoni-La Torre. Prima che in quel regno del degrado qualcuno possa farsi male, prima che il degrado diventi troppo devastante per essere in qualche modo recuperabile. (Ferdinando Bocchetti – Il Mattino)