Palermo capitale italiana della cultura 2018. Responso amaro per Ercolano che incassa il terzo «no»

1 febbraio 2017 | 17:38
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Palermo capitale italiana della cultura 2018. Responso amaro per Ercolano che incassa il terzo «no»
Palermo capitale italiana della cultura 2018. Responso amaro per Ercolano che incassa il terzo «no»
Palermo capitale italiana della cultura 2018. Responso amaro per Ercolano che incassa il terzo «no»

Tre volte in finalissima, Ercolano affonda il colpo e incassa il terzo no. È Palermo la Capitale italiana della cultura del 2018, ma la città dei Papiri rilancia la sfida partendo proprio dai mantra di questa corsa: bellezza e legalità. In parte riconquistate, in parte ancora da riconquistare. Qual è dunque il prossimo obiettivo? Senza […]

Tre volte in finalissima, Ercolano affonda il colpo e incassa il terzo no. È Palermo la Capitale italiana della cultura del 2018, ma la città dei Papiri rilancia la sfida partendo proprio dai mantra di questa corsa: bellezza e legalità. In parte riconquistate, in parte ancora da riconquistare. Qual è dunque il prossimo obiettivo? Senza dubbio riorganizzare l’offerta culturale e turistica, puntando sul riscatto sociale. Una scelta rafforzata dalla recente autonomia del sito archeologico di Ercolano che è diventato museo autonomo, staccandosi dalla soprintendenza Pompei, e avrà presto un direttore scelto tramite una selezione internazionale. «C’è la soddisfazione di aver presentato una proposta in grado di arrivare tra le dieci finaliste del concorso – dice il primo cittadino Ciro Buonajuto – Come in occasione della partecipazione per il 2016/17, il fatto di non esserci aggiudicati il premio non fermerà la nostra volontà di sviluppare la città intorno al suo inestimabile patrimonio storico, artistico e naturale. Siamo una comunità fortunata che ha ereditato bellezze incredibili ed è giunto il momento di diventare all’altezza della nostra storia, favorendo la creazione di una cultura dell’accoglienza che faccia da volano alla nascita di un sistema turistico dell’area vesuviana». L’amaro in bocca c’è, eccome. A testimoniare la centralità della comunità ercolanese, infatti, c’è la storia stessa di questa candidatura che attraversa l’intera città. A partire da Resina, la Carnaby Street del Miglio d’Oro, lì dove negli anni 60 si faceva tappa per un jeans o una giacca che vagamente somigliasse a quelle delle copertine dei dischi, dove dalla prima mattina di ieri l’attesa è stata trepidante e al verdetto della giuria del Mibact è parso piuttosto difficile nascondere l’amarezza. «Ercolano ha avuto tenacia», dice ad esempio Antonio Cervero, commerciante e presidente della cooperativa del Mercato Resina. «Ci sono tante cose che possono essere ulteriormente valorizzate a partire proprio dai cittadini, ma una vittoria avrebbe significato un ottimo biglietto da visita. L’attrazione turistica che oggi esercita Resina è formidabile: è il secondo luogo di cui il turista chiede venendo ad Ercolano, dopo gli Scavi». La città di Ercolano dalla sua aveva il progetto del più grande «museo a cielo aperto» d’Italia. Ovvero mettere a sistema le 121 ville vesuviane. «È stata una battaglia combattuta contro un gigante – sostiene anche Paolo Romanello, presidente della fondazione ente ville vesuviane – Ercolano ne esce a testa alta come portabandiera della cultura vesuviana. Bisognerà continuare a insistere, dando una migliore percezione che l’attribuzione di questa qualifica è in realtà un punto di partenza. Bisognerà inoltre consolidare iniziative per valorizzare il Miglio d’Oro, sicché un giorno quel titolo possa essere un doveroso riconoscimento». La sfida turistica, però, parte anche dalle strutture ricettive. «È un momento in cui stiamo lavorando al rilancio del territorio – aggiunge Adelaide Palomba, alla guida di Federalberghi Costa del Vesuvio, l’associazione di categoria che raggruppa tutte le strutture ricettive dell’area vesuviana – Dispiace anche per l’intenso lavoro svolto dal sindaco Buonajuto. Ma sono certa che quest’occasione, anche se non positiva, ha dato e darà la possibilità di far conoscere bellezze uniche al mondo e aumenterà l’attaccamento che i cittadini hanno con la loro terra e con le tradizioni». (Antonio Cimmino – Il Mattino)