Pompei. Sull’ultimo caso s’indaga per crollo colposo. Scatta inchiesta contro ignoti. Il Tar sblocca l’appalto di restauro
Pompei. «Crollo colposo» è questa l’ipotesi di reato contro ignoti nella nuova inchiesta aperta dalla Procura di Torre Annunziata per il cedimento nella casa del Presorio di Terracotta. Un atto necessario, automatico, d’ufficio e con il clima che si è creato in questi giorni negli Scavi più famosi del mondo, inevitabile. Così, alle 16 di […]
Pompei. «Crollo colposo» è questa l’ipotesi di reato contro ignoti nella nuova inchiesta aperta dalla Procura di Torre Annunziata per il cedimento nella casa del Presorio di Terracotta. Un atto necessario, automatico, d’ufficio e con il clima che si è creato in questi giorni negli Scavi più famosi del mondo, inevitabile. Così, alle 16 di ieri, i turisti che si attardavano prima della chiusura del sito hanno potuto assistere a un supplemento di spettacolo perché l’area della piccola frana di venerdì passato, poco lontano dal Foro, lungo la frequentatissima via dell’Abbondanza, è stata posta sottosequestro dai carabinieri. Un atto dovuto che, però, farà nuovamente ritardare l’apertura dei lavori per la messa in sicurezza della Regio I, proprio all’indomani della sentenza del Tar che ha dato ragione alla sovrintendenza sull’assegnazione di una gara d’appalto del dicembre2015. I riflettori della magistratura oplontina si sono accesi comunque su una duplice inchiesta parallela, che potrebbe avere un denominatore comune. Il doppio binario è stata voluto dal procuratore capo di Torre Annunziata, Alessandro Pennasilico, che segue la vicenda in prima persona. Ai carabinieri è stato dato l’incarico di investigare se «il crollo sia stato causato da qualcuno». I sospetti del sovrintendente Massimo Osanna sono chiari: «Non piove da tempo e non ci sono stati eventi naturali che possono giustificarne il crollo». È netto anche sui tempi della segnalazione: «Ho la certezza che il cedimento sia avvenuto nella notte tra giovedì 26 e venerdì 27 gennaio. I funzionari della sovrintendenza, impegnati nei lavori di opere di messa in sicurezza su via dell’Abbondanza, hanno più volte transitato davanti al civico 22 e la struttura era intatta». Sull’altro fronte a investigare c’è la polizia che ha ascoltato il direttore generale degli Scavi sui «ricatti» di cui parla per aver aperto il sito archeologico durante l’assemblea sindacale dello scorso giovedì. Il dirigente della polizia di Stato di Pompei, il vicequestore Angelo Lamanna, ieri a mezzogiorno ha bussato alla porta dell’ufficio di Osanna per far formalizzare le accuse che ha lanciato attraverso la stampa. Intanto, al sovrintendente era arrivato un formidabile assist che gli ha fatto molto piacere. Sulla vicenda dei «ricatti» l’ex premier Matteo Renzi ha messo in Rete un lungo e dettagliato post per esprimere la propria solidarietà al responsabile degli Scavi: «Io sto a fianco di Osanna». E ha aggiunto. «A Pompei l’Italia si gioca il futuro, non il passato. Vorrei inviare un abbraccio solidale a Massimo Osanna. Valorizzare Pompei significa non buttare via i fondi europei come avvenuto in passato, certo. Ma significa anche ricordarci chi siamo, noi italiani. E spronare il Sud a mettersi in gioco». Una boccata d’ossigeno per il sovrintendente, in questi giorni alle prese con il braccio di ferro con le microsigle sindacali (Unsa e Flp) che Renzi, da parte sua, bolla come portatori di piccoli interessi di parte. Il segretario del Pd che in passato ha sostenuto la nuova linea pompeiana non lesina le lisciate di pelo: «Vorrei che Osanna non fosse lasciato solo e che chi sta rimettendo a posto uno dei luoghi culturali più importanti del mondo avvertisse l’affetto di tutti noi. Difendere i funzionari pubblici che lavorano bene nell’interesse del Paese è un dovere per tutti». E allarga l’orizzonte alle politiche culturali del Paese: «Oggi il destino dell’Italia passa soprattutto da chi – in silenzio – sta provando a cambiarla. Pompei faceva notizia per i crolli, adesso fa notizia per i cantieri e per le mostre. Non è solo un luogo meraviglioso, ma è un simbolo delle potenzialità identitarie, turistiche e culturali del Mezzogiorno. Dovremmo occuparci un po’ meno di risse interne tra partiti e un po’ più di identità e cultura. Perché i risultati di questi mesi dimostrano che la frase “Con la cultura non si mangia” è una delle frasi più sbagliate che un leader politico possa anche solo pensare». Non ci sono solo le inchieste, però, a tenere caldo il fronte degli Scavi in questi giorni di gelo. La disfida sindacale non si placa. Anzi i toni si alzano, la scommessa diventa sempre più cruciale per l’appuntamento istituzionale ed europeo del 9 febbraio, data rovente. I settanta custodi che parteciperanno all’assemblea hanno rilanciato. Altro che ripensamento o tregua. Hanno annunciato che terranno un corteo con tanto di striscioni, slogan e volantinaggio. Il percorso previsto partirebbe dall’Auditorium, quindi all’interno degli Scavi, per arrivare, quasi sicuramente dall’esterno, agli uffici della Soprintendenza. Se non cambieranno idea, la visibilità sarà massima, l’effetto dirompente, con le foto dei turisti che fanno subito il giro del mondo. Il grande passato e il passato che non passa. Scene da anni Settanta nella cornice dell’antichità romana. Roba che solo a Pompei. Dalla Questura, però, hanno fatto capire che non hanno nessuna intenzione di autorizzare la manifestazione per ovvie ragioni di ordine pubblico. E il niet potrebbe scaldare ancora di più gli animi. Il sovrintendente, da parte sua, non arretra: ha assicurato che gli Scavi apriranno. Non si può sbattere la porta in faccia al commissario europeo Corina Cretu, accompagnata dai ministri Dario Franceschini e Claudio De Vincenti. «Io sono il responsabile della sicurezza e mi assumo tutte le responsabilità» ha spiegato. «Aprirò personalmente i cancelli, se ne dovesse presentare l’esigenza. Solo la Villa dei Misteri resterà chiusa per poter spostare i custodi verso il cuore del sito archeologico. Impegnerò funzionari e chiamerò in servizio i custodi a riposo, al fine di garantire la presenza del numero necessario per aprire il sito in sicurezza». Proprio la sicurezza e il numero di custodi per assicurarla senza rischi è il grimaldello in mano ai sindacati più tignosi. Sono cifre che ballano, dipende dal fronte dal quale sono conteggiate. «A volte» chiarisce Osanna «il sito viene aperto con solo tredici custodie i sindacati non dicono nulla. Ora mi denunciano se io apro gli Scavi ai turisti? È da folli chiudere un sito dichiarato luogo di pubblica utilità». A contrastare Osanna, appoggiando la lotta capeggiata localmente dall’agguerrito veterano Antonio Pepe (Unsa) e da Nicola Mascolo (Flp), arrivano, via Radio 24, anche le dichiarazioni di Rinaldo Satolli, segretario nazionale di Flp-Bac che picchia (verbalmente) duro contro Osanna: per rispondergli «il turpiloquio sarebbe più adatto». E argomenta: «Il nostro obiettivo non è chiudere il sito, ma quello di richiamare opinione pubblica sulla fragilità del sistema con cui si regge l’intero settore dei Beni culturali. Noi vogliamo solo che le cose funzionino e che le criticità che rileviamo (il sottorganico ormai endemico e la mancanza di un’organizzazione) emergano e si trovino delle soluzioni». Quindi l’affondo: «Noi vogliamo che il sovrintendente sia presente nel sito. È remunerato profumatamente e va in giro per il mondo in attività autoreferenziali e non si occupa della complessa gestione del sito stesso». Non è turpiloquio, ma un montante che rischia di trasformare l’archeologia in pugilato. (Susy Malafronte e PietroTreccagnoli – Il Mattino)