Pompei. Titolare di bar ridotto in fin di vita dopo il no a una tangente di 1.600 euro al mese: tre arresti

9 febbraio 2017 | 16:08
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Pompei. Titolare di bar ridotto in fin di vita dopo il no a una tangente di 1.600 euro al mese: tre arresti

Da Napoli a Pompei per una violenta spedizione punitiva dopo un «no» alla tangente. Racket nella città degli scavi: quattro pregiudicati picchiano il titolare di un bar per lo «stipendio» mensile. Vogliono 1.600 euro. Tre dei quattro autori della spedizione punitiva avvenuta a novembre del 2016, sono stati arrestati all’alba di ieri. Dopo tre mesi […]

Da Napoli a Pompei per una violenta spedizione punitiva dopo un «no» alla tangente. Racket nella città degli scavi: quattro pregiudicati picchiano il titolare di un bar per lo «stipendio» mensile. Vogliono 1.600 euro. Tre dei quattro autori della spedizione punitiva avvenuta a novembre del 2016, sono stati arrestati all’alba di ieri. Dopo tre mesi di una intensa attività info-investigativa, gli uomini del commissariato pompeiano, agli ordini del vicequestore aggiunto Angelo Lamanna, hanno arrestato, su disposizione del sostituto procuratore di Torre Annunziata Barbara Aprea – che ha firmato le ordinanze di custodia cautelare in carcere – P.R. 46 anni, G.V. 25 anni, entrambi di San Giovanni a Teduccio, e M.S. 34 anni di San Sebastiano a Vesuvio. Il quarto uomo, identificato, non è stato trovato nella sua abitazione al momento del blitz della polizia ed è, tuttora, latitante. Gli inquirenti, però, sono certi di un suo imminente arresto. Per tutti gli arrestati le accuse sono di lesioni aggravate in concorso ed estorsione. Il titolare del bar «Cavour» di via Lepanto, nel novembre scorso, venne picchiato con bastoni di legno e bottiglie all’interno del suo esercizio, che venne letteralmente distrutto nel corso del pestaggio. Ricoverato in ospedale dove gli furono riscontrate lesioni gravi, l’uomo dichiarò agli investigatori di non conoscere gli aggressori e di ignorare anche il movente della spedizione. Tesi che agli investigatori è sembrata da subito non corrispondente al vero. Dalle immagini registrate dal sistema di videosorveglianza delle attività commerciali che si trovano lungo la centralissima via Lepanto, e dalle risultanze dell’attività investigativa gli uomini del dottor Angelo Lamanna sono riusciti a ricostruire il reale movente del raid e ad identificarne gli autori. Messo di fronte alla realtà dei fatti venuta alla luce dall’attività info-investigativa compiuta dagli inquirenti in tre mesi di indagini, l’imprenditore non ha potuto più negare i veri motivi per il quale era stato pestato con una violenza tale da essere ridotto in fin di vita. L’uomo ha dunque raccontato di essere stato in società con la moglie di uno degli arrestati. Dopo aver sciolto l’attività societaria, in accordo con la controparte, aveva versato 1.600 euro al mese all’ex socia per tre anni. Il pregiudicato P.R., però, una volta uscito dal carcere – dopo aver scontato una pena detentiva per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti – pretendeva il versamento a vita della stessa cifra da parte dell’ex socio in affari della coniuge. Davanti al secco rifiuto dell’imprenditore si è deciso di vendicare l’affronto ricevuto con la sanguinosa spedizione punitiva di novembre. In quattro, armati di bastoni e bottiglie rotte, si presentarono nel bar di via Lepanto per «punire» chi si era rifiutato di pagare quella che era una vera e propria tangente mensile. La città del Santuario è sotto choc per i fatti di sangue avvenuti poco lontano dal luogo di culto. (Susy Malafronte – Il Mattino)