Questa sera al Festival Zingaretti, e la Clerici. Domani Zucchero, Cracco, Enrico Montesano ed Alvaro Soler
La coppia Conti-De Filippi è pronta a sparare tutti i colpi possibili nelle due finali, quella dei Giovani di stasera e quella dei Big superstiti domani. Più dei tanti, e ben pagati autori, di questa edizione, sembrano essersi dati da fare i portatori d’acqua, pronti a riempire la scaletta di ospiti, idee, trovate che possano […]
La coppia Conti-De Filippi è pronta a sparare tutti i colpi possibili nelle due finali, quella dei Giovani di stasera e quella dei Big superstiti domani. Più dei tanti, e ben pagati autori, di questa edizione, sembrano essersi dati da fare i portatori d’acqua, pronti a riempire la scaletta di ospiti, idee, trovate che possano mettere una pezza a colori, che rimedino al pasticciaccio brutto delle non canzoni in gara. La fabbrica delle sorprese sarebbe ancora alla ricerca di un divo internazionale ma, di sicuro, ha preparato un menù più ricco di quanto annunciato finora: stasera, ad esempio, con Gaetano Moscato, il «nonno eroe» della strage di Nizza, e il nipote Filippo; con la moglie di Ramazzotti Marica Pellegrinelli; con il commissario Montalbano di Luca Zingaretti; arriveranno anche Antonella Clerici e Virginia Raffaele. Ma le cartucce più esplosive, almeno nei desiderata di Viale Mazzini, sono quelle riservate per la maratona di sabato, con la dedica all’amico suicida Pietro Petrullo dei Ladri di Carrozzelle («Stravedo per la vita» il pezzo preparato dalla band di handicappati), Zucchero (che proporrà anche il «Miserere» duettato con Pavarotti), le protagoniste di «Studio uno» (Del Bufalo, Buscemi e Mastronardi), Alvaro Soler. Top secret erano stati tenuti finora i nomi di Geppy Cucciari, pronta a scendere le scale invise a Queen Mary, Carlo Cracco, Enrico Montesano (è stato l’anno della comicità romanesca), il neopianista pop esploso in rete (e alla corte della Caselli) Emanuele Fasano, ma anche Amara, autrice di «Che sia benedetta» della Mannoia, e Paolo Vallesi, per cui il pezzo di Fiorella sembra fosse stato scritto, che dovrebbero intonare un brano intitolato «Pace» dopo un collegamento con Kosovo e il generale Giovanni Fungo, comandante della missione Nato. Dalla fabbrica delle sorprese sanremesi, intanto, potrebbero uscire anche Francesco Gabbani, che ci ha gabbati, tornando all’Ariston, dopo la vittoria dell’anno scorso con «Amen», promosso nella categoria dei Big, fedele al suo stile neofilastroccheggiante, ma non alle attese. Al primo ascolto «Occidentali’s karma» era sembrato un tormentino che guardava a Battiato ma poi si accontentava di cecchetteggiare, però, riascoltato con gli altri pezzi di questo Festival, ha fatto la sua porca figura, unica boccata d’aria ritmica, scapocchiona, ironica, persino con un minimo di messinscena nella danza folle di uno scimmione d’accompagnamento. Così le sue quotazioni sono in risalita, le radio passano il pezzo a go-go, per qualcuno il suo nome potrebbe puntare almeno al podio, in una gara che i soliti bene informati dicono riservata a Fiorella Mannoia, Fabrizio Moro, Elodie, magari anche a Sergio Sylvestre, anche se da oggi esce di scena la sala stampa e a determinare il verdetto, con il televoto, saranno giurie demoscopiche e i saggi, veri e presunti, diretti da Giorgio Moroder. «Durante le prove, ascoltando i pezzi in gara, uno dopo l’altro, a un certo punto ho capito di aver fatto qualcosa fuori dal clima di questa edizione», spiega il cantautore di Carrara, classe 1982, «ma non tocca a me valutare se la diversità è un valore positivo o negativo, se sono fuori dal coro o fuori di testa». In conferenza stampa oggi Gabbani ha distribuito maschere da King Kong a tutti i giornalisti e ha animato una giornata noiosa come i motivetti in lizza: «Sono sarcastico di natura, anche se affronto un argomento serio, come quello del declino del fronte occidentale, che cerca nella spiritualità orientale un riparo, ma piegandolo alle sue esigenze superficiali». Lui la superficialità la frequenta, la titilla, ma cercando di lasciare una doppia, e profonda, lettura a quello che fa, come suggerisce il verso sulla «danza della scimmia nuda» che giustifica la coreografia del suo pezzo: «È una citazione di un libro fondamentale di Desmond Morris, antropologo che vede l’uomo come un primate in crisi, che segue nella vita sessuale e sociale i modelli di comportamento fissati dai suoi antenati scimmioni cacciatori». Namastè alè. (Federico Vacalebre – Il Mattino)