Salerno. Genitori di un bimbo Down denunciano: «Nostro figlio costretto a restare fuori dall’aula durante le lezioni»
Salerno. Una lettera aperta al direttore dell’Ufficio scolastico provinciale Renato Pagliara e all’assessore comunale alla Pubblica istruzione Eva Avossa per denunciare «uno dei tanti fenomeni di discriminazione che costellano la didattica italiana e non solo». A firmarla i due giovani genitori del piccolo Gabriele, nome di fantasia usato per tutelare la privacy del minore che, […]
Salerno. Una lettera aperta al direttore dell’Ufficio scolastico provinciale Renato Pagliara e all’assessore comunale alla Pubblica istruzione Eva Avossa per denunciare «uno dei tanti fenomeni di discriminazione che costellano la didattica italiana e non solo». A firmarla i due giovani genitori del piccolo Gabriele, nome di fantasia usato per tutelare la privacy del minore che, dopo aver più volte ricercato un dialogo sia con la dirigente della scuola elementare di Torrione in cui il bambino frequenta la prima elementare, che con l’insegnante di sostegno al piccolo assegnato, hanno deciso di rendere pubblica la loro enorme amarezza per come le esigenze del loro figlioletto – «affetto da sindrome di Down, ma non per questo più bisognoso di difesa o rappresentazione», scrivono – vengano puntualmente disattese tra i banchi di scuola. L’ultimo incidente – il bambino un giorno è tornato a casa con un livido sul volto dovuto a una caduta in classe «che ha causato un tempestivo trasporto al pronto soccorso e che ci era stato prima taciuto e poi negato dall’insegnante di sostegno» – ha spinto i genitori a rendere nota la loro situazione «con uno sdegno che speriamo possa presto convertirsi in un messaggio di vittoria». «Tra fenomeni di bullismo e poca affezione al ruolo pedagogico dell’insegnante ci battiamo, a nome di nostro figlio e di tutti gli alunni costretti a vivere una situazione di disagio, per un cambio radicale del sistema scolastico», così comincia la dolorosa missiva in cui si racconta la storia del piccolo Gabriele «mai lasciatosi scoraggiare dalla sua diversità». «Crediamo – scrivono la sua mamma e il suo papà – che proprio la diversità debba assumere un valore nuovo e accrescitivo nella nostra cultura, dove invece impera il lasciar perdere. Per questo nostro figlio, che usufruisce di un sostegno all’insegnamento, dovrebbe essere maggiormente integrato nell’ambiente classe, nelle sue strutture relazionali. Ciò non accade: la normalità – invertita – è lasciare nostro figlio fuori dall’aula: diversi testimoni affermano di averlo visto nel corridoio, in compagnia dei bidelli, durante le ore di lezione. Questa grave mancanza, tanto imputabile al maestro di sostegno quanto all’intero corpo docenti, comporta una grave precarietà nello sviluppo educativo e nella crescita sia dell’alunno che del bambino. Siamo ovviamente consapevoli che il suo apprendimento segue modalità e tempistiche diverse dalla formazione di un essere umano normodotato – aggiungono – tuttavia chiediamo, ci spetta di diritto, un supporto concreto e non un inutile quanto dannoso allontanamento dall’aula del bambino. Egli stesso, nella sua figura, può anzi costituire una sfida ai datati metodi di insegnamento: un’opportunità per sperimentare una scuola nuova». Interpellata, la dirigente scolastica del plesso, che inoltre vanta il maggior numero di bimbi affetti da handicap presente in città, smentisce categoricamente le parole dei genitori di Gabriele, affermando che il bambino in questione è riuscito a stabilire un ottimo rapporto con il suo insegnante di sostegno a cui si aggiunge un insegnante di appoggio e un assistente educatore che coprono le intere 29 ore settimanali di lezione. «E’ normale che con i bambini diversamente abili gli obiettivi che il team docente si prefigge vengono ridimensionati in base alle possibilità dei singoli – afferma la direttrice del plesso – E’ evidente che i genitori hanno posto grandi aspettative in questo bambino ma posso assicurare che il piccolo è molto ben integrato nella sua classe. Poi è normale che quando è particolarmente agitato viene portato fuori ma lo si fa per venire incontro alle sue esigenze fisiologiche e per rendergli meno pesanti le ore di lezione. Questa non è discriminazione, è capire le esigenze del bambino e seguirle». (Fiorella Loffredo – La Città di Salerno)