Siria, l’orrore dentro il carcere-mattatoio. Amnesty: «13.000 giustiziati in 5 anni»
Fino a 13.000 persone uccise in cinque anni nel carcere alle porte di Damasco, in Siria. Per lo più impiccate, molte delle quali civili. È l’orribile bilancio del nuovo rapporto di Amnesty International che denuncia una vera e propria «macchina della morte» messa in piedi dal regime del presidente Bashir al Assad. Da brividi il […]
Fino a 13.000 persone uccise in cinque anni nel carcere alle porte di Damasco, in Siria. Per lo più impiccate, molte delle quali civili. È l’orribile bilancio del nuovo rapporto di Amnesty International che denuncia una vera e propria «macchina della morte» messa in piedi dal regime del presidente Bashir al Assad. Da brividi il titolo: «Macelleria umana: impiccagioni e sterminio di massa nel carcere di Saydnaya». Si tratta di una cittadina a 30 chilometri dalla capitale, tristemente nota per la sua prigione. La relazione riporta 84 testimonianze, tra ex detenuti, ex guardie carcerarie, giudici e avvocati; una ricerca delicata, lunga e anche pericolosa, condotta dal dicembre 2015 al dicembre 2016, in cui viene documentata la «politica di sterminio» nel carcere. A Saydnaya ci sono due edifici: quello «rosso», dove sono detenuti i civili, e quello «bianco», per ex militari e in cui avvengono le impiccagioni. La ricerca si è concentrata su 31 uomini passati attraverso entrambe le strutture. Ascoltato anche un giudice militare. Per 5 anni, ma forse ancora adesso, ogni settimana e spesso per due volte, sono state prelevate dalle celle fino a 50 persone e impiccate in segreto di notte. La maggior parte erano civili, ritenuti oppositori del regime. Il rapporto denuncia la vita di quelli che non vanno alla forca, costretti a condizioni disumane e a subire privazioni sistematiche (cibo, acqua, medicine, cure mediche), sottoposti a torture fisiche e psicologiche. Pratiche che, secondo l’ong, equivalgono a crimini di guerra e contro l’umanità. «Saydnaya è la fine della vita, la fine dell’umanità», testimonia un ex secondino. Il report svela cosa succede dopo. I corpi vengono portati via su camion e, prima di essere gettati nelle fosse comuni, nell’ospedale militare di Tishreen, ne viene documentata la morte: le cause addotte sono quasi sempre crisi respiratoria o infarto. I cadaveri vengono poi sepolti su terreno militare a Nahja e Qatana. Per Amnesty è impensabile che tali pratiche non siano state autorizzate dai più alti livelli del regime, poiché le condanne a morte vengono firmate dal ministro della Difesa, Fahd Jassemal-Freij, deputato a farlo al posto di Assad. Che è tornato a parlare in un’intervista a tre media del Belgio. Per lui le dichiarazioni di Trump sulla lotta all’Isis sono parole «che danno speranza» e esclude un ruolo dell’Ue nella ricostruzione poiché Bruxelles «sostiene i terroristi» e «segue il padrone, cioè gli americani». Il riferimento è alla coalizione a guida Usa contro l’Isis in Siria. Sul piano diplomatico, il ministro degli Esteri italiano, Angelino Alfano, ha ricordato che i colloqui tra regime e un gruppo di sigle dell’opposizione coordinati da Russia, Turchia e Iran, in corso ad Astana (Kazakhstan), «non cancellano» il negoziato patrocinato dall’Onu a Ginevra. Il capo della Farnesina è intervenuto a un’audizione alle commissione congiunte Affari esteri e Difesa di Senato e Camera sulle missioni internazionali in cui è impegnata l’Italia. (Simona Verrazzo – Il Mattino)