Sorrento predica anti razzismo per Sant’Antonino

15 febbraio 2017 | 21:14
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Sorrento predica anti razzismo per Sant’Antonino

Sorrento – «Chi odia e non accoglie i poveri non è cristiano». Sono le cinque del mattino. Sorrento si è appena svegliata e nella basilica di Sant’Antonino inizia il lungo giorno della festa patronale. La cripta è affollata, i fedeli guardano con commozione l’altare e pregano in ginocchio. Chiedono un aiuto, invocano perdono, sperano in […]

Sorrento – «Chi odia e non accoglie i poveri non è cristiano». Sono le cinque del mattino. Sorrento si è appena svegliata e nella basilica di Sant’Antonino inizia il lungo giorno della festa patronale. La cripta è affollata, i fedeli guardano con commozione l’altare e pregano in ginocchio. Chiedono un aiuto, invocano perdono, sperano in un cenno. E quando don Carmine Giudici comincia l’omelia della prima messa della giornata si capisce subito che è un momento delicato. Anzi, diverso, sicuramente importante, che incide. Perché Sorrento, la perla del turismo mondiale, la capitale dell’accoglienza, continua ad alzare le barricate ai migranti, a chi è diverso, a chi soffre. Compresa l’amministrazione comunale che tenta di dribblare gli input che arrivano dalla Prefettura di Napoli. Tutti sordi al richiamo di aprire le porte e tentare di collaborare. Il prete guarda dritto negli occhi la gente comune che accorre in tutta fretta ai piedi del patrono. E centra subito il bersaglio mettendo al bando l’ipocrisia, magari cercando di scuotere le coscienze anche di chi fa la spola tra le chiese e magari poco dopo posta su Facebook un commento razzista. «Potete fare e dire quello che volete, ma dopo non venite in Chiesa. Non è possibile questa doppiezza» ringhia don Carmine che interviene in tackle sulla querelle dei rifugiati e lancia l’ennesimo avvertimento a una Sorrento che sta perdendo la forza di aprire un confronto costruttivo. Certo, a spostare l’ago della bilancia ci pensano i social network, le bufale, i gruppi “segreti” in cui si scrive di tutto senza freni o censure, magari grazie a serbatoi di luoghi comuni e strumentalizzazioni di bassa lega.

Appena un mese fa, fu il vescovo dell’arcidiocesi Sorrento-Castellammare di Stabia Francesco Alfano a firmare una bordata durissima, rivolta (indirettamente) anche alla stessa amministrazione del sindaco Giuseppe Cuomo: «Dobbiamo spalancare le porte a chi è in difficoltà. Spiace che si stiano utilizzando parole inadeguate. Spesso il linguaggio rischia di portare alla violenza». Frasi pesanti che non furono commentate da nessun politico anti-migranti e che segnarono una sorta di “pax” istituzionale garantita, secondo qualcuno, anche dalla staffetta alla poltrona di prefetto con l’addio di Gerarda Pantalone, di recente sostituita da Carmela Pagano. Eppure c’è fibrillazione. Tra una settimana scade il bando della Prefettura di Napoli per il lotto numero due, quello che comprende anche Sorrento a cui dovrebbero essere destinati 45 rifugiati politici (240 in tutta la penisola sorrentina). Secondo le ricostruzioni fornite dall’assessore Massimo Coppola, a chiusura dell’incontro con l’ex prefetto Pantalone, più che un bando si è alle prese quasi con un ordine a cui i Comuni non possono sottrarsi. Di diverso avviso il Partito democratico di Sorrento che stigmatizzando le posizioni della giunta precisò che non c’erano state imposizioni all’accoglienza. Un corto circuito istituzionale in cui la Chiesa sta cercando di indicare la strada giusta. La missione è difficile da raggiungere. Eppure potrebbe pesare l’atmosfera solenne della processione di Sant’Antonino che sfila in centro proprio tra le bancarelle dei migranti, quelle prese ovviamente d’assalto anche dagli oppositori dell’ospitalità dei rifugiati che, invece di parole da bollino rosso, spendono soldi in contanti per cd e utensili per la casa. Salvatore Dare, Metropolis