Black power, Minala punto fermo della mediana: la scommessa vinta da Bollin

23 marzo 2017 | 16:10
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Black power, Minala punto fermo della mediana: la scommessa vinta da Bollin

Quando Alberto Bollini nel corso del mercato di gennaio fece il suo nome, in tanti storsero il naso. Dubbi su dubbi, perplessità su perplessità: dalla tenuta atletica alle capacità comportamentali e temperamentali. Tanti punti interrogativi ai quali, per fortuna sua ma anche e soprattutto della Salernitana, Joseph Minala è riuscito a rispondere sul campo, partita […]

Quando Alberto Bollini nel corso del mercato di gennaio fece il suo nome, in tanti storsero il naso. Dubbi su dubbi, perplessità su perplessità: dalla tenuta atletica alle capacità comportamentali e temperamentali. Tanti punti interrogativi ai quali, per fortuna sua ma anche e soprattutto della Salernitana, Joseph Minala è riuscito a rispondere sul campo, partita dopo partita. Arrivato in punta di piedi, tra lo scetticismo generale dovuto anche al fatto che in quei giorni s’iniziò a percepire la volontà della società di non stravolgere l’organico, e quindi di lasciare quasi tutto invariato, nonostante una prima parte di stagione non brillantissima. Nonostante tutto, il giovane leone del Camerun s’è armato di calma e gesso ed in pochissimo tempo ha spazzato via dubbi e perplessità. Da quando è approdato a Salerno, infatti, risulta essere uno dei calciatori più continui dell’intera rosa: otto presenze ed una rete, siglata all’Arechi contro il Cesena e ch’è valsa anche un punto. Al netto delle prime due gare trascorse in panchina per ovvi motivi legati all’ambientamento (Spezia e Verona), Minala non s’è più fermato. 720 minuti tutti d’un fiato, mai sostituito dal suo mentore, colui che ha puntato tutto quello che aveva su questo ragazzo venuto da lontanissimo e che prima di trovar fortuna nel Belpaese di strada ne ha dovuta percorrere.

Perchè la “storia d’amore” tra Bollini e Joseph non è nata di recente, ma ha radici molto profonde in quel di Formello, dove i due si conobbero. Minala è stato infatti uno dei punti fermi della formazione Primavera biancoceleste guidata da Bollini fino a qualche anno fa. A gennaio, dunque, quando capì che Simone Inzaghi avrebbe continuato a tenerlo ai margini della squadra, fece immediatamente il suo nome al patron Lotito ed al diesse Fabiani, nonostante il calciatore avesse messo insieme nell’ultimo anno e mezzo la miseria di quattro presenze (tre col Latina, una col Bari). “Lo conosco alla perfezione, so come cavarne il meglio”, avrà certamente spiegato il trainer di Poggio Rusco a chi di dovere. Scommessa vinta e promessa ampiamente mantenuta, dato che oggi Minala è uno dei punti fermi dell’undici titolare grazie alle sue caratteristiche ma anche ad una duttilità che gli permette di districarsi alla perfezione in più ruoli della mediana: playmaker, mezz’ala, pivot nel centrocampo a due. Tutte posizioni che il giovane ex Bari può ricoprire tranquillamente, come tra l’altro ha già fatto intravedere in questi primi match. E con l’infortunio al ginocchio che costringerà Busellato a mordere il freno ancora per qualche giorno, sembra anche superfluo sottolineare come per la gara di sabato contro l’Ascoli, a prescindere da moduli, numeri e quant’altro, ci sia già una maglia assegnata. E’ la 17, quella di Joseph Minala.

Gruppo prima dei singoli: Salernitana, ora hai un’identità. La rinascita nel solco del 4-3-3

A pensarci bene, Alberto Bollini potrebbe tranquillamente esser paragonato all’astrologo polacco Niccolò Copernico. E poco importa che quest’ultimo, col calcio, non c’entri nulla. Perchè contano le idee, le certezze, le convinzioni. Tre parole chiave nella “rivoluzione bolliniana”, col trainer di Poggio Rusco che ha lottato e faticato alacremente per far capire a tutti come il bene della squadra venga prima d’ogni altra cosa. La Chiesa al centro del villaggio, come il Sole al centro del sistema dei pianeti. Il gruppo e non il singolo. Solo così si poteva ricavare qualcosa di buono da una squadra con ottime individualità ma che nella prima parte della stagione faticava a decollare. Integralista? Non di certo. A Bari, nella prima delle quindici gare sulla panchina granata che hanno portato in dote ben 21 punti sinora, l’ex coordinatore del settore giovanile della Lazio partì in quarta, col suo modulo, senza nessun timore reverenziale. Il 4-3-3 srotolato sull’erba del San Nicola fece da subito una buona impressione, la squadra sembrava fosse rinata ma poi tra defezioni varie e bisogno di vedere all’opera i calciatori anche con altri moduli lo stesso Bollini s’è ritrovato costretto ad abdicare, provando anche a schierare assieme i tre tenori dal primo minuto. Ora, invece, tutto sembra cambiato.

Perché questa squadra, finalmente, pare abbia trovato una quadratura. E proprio grazie al sistema di gioco che il tecnico ama adottare. Lo si era intuito nelle trasferte di Vicenza e Benevento ed è stato confermato dal Brescia e dalla Virtus Entella. Adesso, comprensibilmente, si andrà avanti così per non alterare nuovamente gli equilibri. Il gruppo e non il singolo, si diceva in apertura. Sì, poichè a farne le spese in questa rivoluzione c’è un personaggio illustre, arrivato a Salerno in estate in pompa magna ed a suon di “quattrini”: Alessandro Rosina. Il fantasista di Belvedere Marittimo era un punto fermo della precedente e fallimentare gestione tecnica targata Beppe Sannino, mentre il nuovo corso ha fatto capire a chiare lettere che l’ex Torino non è affatto indispensabile. Anche i freddi numeri raccontano questo: senza Rosina la Salernitana ha racimolato 8 punti in 5 gare (due pareggi contro Ascoli e Benevento, altrettante vittorie contro Spezia ed Entella e la sconfitta di Trapani). Media di 1,6 punti a gara: da play-off. Quelli che ora questa squadra, questo gruppo, rigenerato dalla rivoluzione bolliniana, spera di disputare e che proverà in tutti i modi a raggiungere. Poi, dovesse andar male, s’è tornati quantomeno a sognare. E non è poco.