Cava de’ Tirreni. Cassazione conferma la tesi del suicidio della poliziotta Anna Esposito. Rigettato il ricorso dei familiari
Cava de’ Tirreni. È una pietra tombale quella con cui la Corte di Cassazione ha chiuso ieri l’inchiesta bis sulla morte della poliziotta cavese Anna Esposito. Una pietra che conferma di fatto l’ipotesi del suicidio, rigettando il ricorso dei familiari della donna contro un decreto di archiviazione che il giudice delle indagini preliminari di Potenza […]
Cava de’ Tirreni. È una pietra tombale quella con cui la Corte di Cassazione ha chiuso ieri l’inchiesta bis sulla morte della poliziotta cavese Anna Esposito. Una pietra che conferma di fatto l’ipotesi del suicidio, rigettando il ricorso dei familiari della donna contro un decreto di archiviazione che il giudice delle indagini preliminari di Potenza aveva firmato senza nemmeno fissare l’udienza camerale, in cui le parti lese avrebbero potuto illustrare de visu le loro argomentazioni contrarie. Per il gip le risultanze dell’inchiesta sono talmente univoche da rendere inutile un ulteriore approfondimento in udienza e ieri la Cassazione ha condiviso questa idea, mettendo la parola fine a una vicenda che era stata archiviata già una prima volta quindici anni fa e che le insistenze dei familiari avevano fatto riaprire, sulla base di una consulenza medica che sollevava più di un di una perplessità sulla compatibilità di un suicidio con la posizione in cui era stato ritrovato il cadavere. Era il 12 marzo del 2001 quando la 31enne, dirigente della Digos a Potenza, fu trovata impiccata con una cintura alla maniglia della porta del bagno nel suo appartamento in caserma. L’anno dopo l’inchiesta aperta nei confronti di ignoti, per istigazione al suicidio, era già archiviata. Ma all’ipotesi di un gesto autolesionista la famiglia non ha mai creduto, insistendo perché si indagasse sull’ipotesi di omicidio. Nel 2010 emersero sospetto di legami con l’assassinio di Elisa Claps e il duplice delitto Gianfredi; l’inchiesta passò a Salerno, perché nel caso Gianfredi vi era il coinvolgimento di un magistrato, ma anche quella pista non portò a nulla e gli atti tornarono a Potenza. Si ipotizzarono collegamenti con un’indagine sugli ambienti dell’estrema destra, che la poliziotta stava conducendo poco prima di morire, e l’avvocato della famiglia, Angela Cisale, fece rilevare che dall’agenda della donna erano state strappate alcune pagine. L’inchiesta fu riaperta con un solo indagato, il fidanzato Luigi Di Lauro, giornalista della Rai, e nel novembre del 2014 la salma di Anna Esposito fu riesumata per consentire una nuova autopsia e fugare ogni dubbio. È proprio da questa nuova perizia – secondo cui la presenza di un’altra persona sul luogo della morte deve essere esclusa – che sono emersi gli elementi a sostegno dell’archiviazione. La famiglia ha tentato l’ultima carta, quella del ricorso in Cassazione,mai giudici romani hanno detto “no”. (La Città di Salerno)