Congo Kabila inganna vescovi e Vaticano e Papa Francesco annulla la visita

22 marzo 2017 | 19:20
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Congo Kabila inganna vescovi e Vaticano e Papa Francesco annulla la visita

Sul sito L’Indro un bel servizio di Fulvio Beltrami sull’Africa centrale .Le relazioni tra la Repubblica Democratica del Congo e il Vaticano sembrano essere entrate in una grave crisi diplomatica dai pesanti risvolti internazionali. Martedì 14 marzo Papa Francesco ha annullato la visita a Kinshasa, prevista tra luglio e agosto 2017. La notizia, inizialmente comparsa […]

Sul sito L’Indro un bel servizio di Fulvio Beltrami sull’Africa centrale .Le relazioni tra la Repubblica Democratica del Congo e il Vaticano sembrano essere entrate in una grave crisi diplomatica dai pesanti risvolti internazionali. Martedì 14 marzo Papa Francesco ha annullato la visita a Kinshasa, prevista tra luglio e agosto 2017. La notizia, inizialmente comparsa su riviste cattoliche specializzate tra le quali ‘La Croix‘ è stata successivamente diffusa ai principali media africani ed europei nel chiaro intento di rendere pubblica la decisione del Santo Padre e di mettere in serie difficoltà il Governo congolese e il Presidente Joseph Kabila, il cui mandato presidenziale è scaduto il 20 dicembre 2016.  ‘BBC‘,Africanews, ‘Radio France International‘,Le Soir, ‘Radi Okapi e altri 10 quotidiani e agenzie stampa africane ed occidentali hanno ricevuto la notizia dal Dipartimento Pubbliche Relazioni del Vaticano. La spiegazione di questa improvvisa decisione presa dal Santo Padre è stata ampiamente spiegata durante una intervista al settimanale tedesco ‘Die Zeit‘. «Era stato previsto un mio viaggio in Congo ma le relazioni con Kabila non sono buone. Non credo che riuscirò ad andarci», ha dichiarato il Papa al settimanale tedesco.

La decisione presa ruota attorno agli accordi politici promossi dalla CENCO (Conferenza Episcopale Nazionale del Congo) che portarono ad un protocollo di intesa redatto il 31 dicembre 2016 denominato ‘Accodo di San Silvestro’. L’accordo era frutto di un meticoloso lavoro politico della diplomazia vaticana attuato dai Vescovi cattolici congolesi e da alcune Organizzazioni Cattoliche internazionali. L’obiettivo era di risolvere la grave crisi politica in Congo scoppiata dopo l’annuncio del Presidente Joseph Kabila (detto il Rais) di voler accedere al terzo mandato presidenziale contro la volontà popolare e la Costituzione. Una volontà chiaramente espressa già nel novembre 2015, quando il Governo informò con largo anticipo l’impossibilità di mantenere il calendario elettorale per il novembre 2016 a seguito di presunti problemi di finanziamento delle Presidenziali. Una scusa giudicata irreale. Kinshasa riceve mensilmente circa 102 milioni di dollari di tasse provenienti dalle province. Un ingente flusso di denaro che sparisce immediatamente, diviso tra la Famiglia Kabila e il suo entourage politico e militare.

L’accordo di San Silvestro prevedeva un intelligente compromesso. Prendendo atto del rinvio della scadenza elettorale, la CENCO aveva proposto di indire le elezioni non oltre marzo 2017. Nel frattempo l’opposizione si impegnava a rispettare una estensione del mandato del Presidente Kabila. Al Rais era stato chiesto di preparare serie e trasparenti elezioni e di non presentarsi come candidato. Il Governo sembrava aver accettato la proposta e si doveva nominare un nuovo Primo Ministro, scelto tra i principali partiti di opposizione. L’accordo di San Silvestro era stato pubblicizzato dal Vaticano, presentandolo come un successo diplomatico e una dimostrazione pratica di come la diplomazia della Santa Sede potesse risolvere pacificamente pericolose crisi politiche nazionali.

Nella fretta di evidenziare il successo, il Vaticano aveva contattato le principali agenzie stampa e media internazionali prima che il Presidente Kabila ponesse la sua firma, validando l’accordo preso durante la riunione del 31 dicembre 2016. Una firma che non è stata mai apposta, rendendo gli accordi lettera morta. I Vescovi congolesi, nel gennaio 2017, assicurarono al Vaticano che la mancata firma presidenziale era dovuta a dettagli tecnici superabili in pochi giorni. Verso la fine di febbraio era chiaro a tutti che la CENCO era stata ingannata dal Presidente Kabila. Un inganno che pesa come un macignio per il Vaticano, in quanto  vanifica tutti gli sforzi di pace fino ad ora compiuti per la popolazione  dello strategico Paese africano che dall’indipendenza ad oggi ha conosciuto solo sanguinarie dittature e guerre.

Sfruttando la buona fede dei Vescovi congolesi, il dittatore Kabila (posto al potere senza elezioni nel gennaio 2001, dopo l’assassinio del padre Joseph Desirè Kabila avvenuto durante la Seconda Guerra Panafricana in Congo: 1998 – 2004), ha potuto guadagnare tempo prezioso per rafforzare le sue trame occulte tese a trasformare il suo mandato in una Presidenza a vita. Il primo errore compiuto dalla CENCO è stato quello di convincere i partiti di opposizione di accettare l’estensione del secondo mandato presidenziale oltre i termini di scadenza: 20 dicembre 2016.  A questa concessione dell’opposizione doveva seguire il preciso e vincolante impegno del Governo a organizzare in tempi brevi le elezioni presidenziali. La concessione è servita a Kabila per rendere agli occhi della Comunità Internazionale legale il mantenimento del potere oltre la scadenza del mandato, evitando una situazione di illegalità simile a quella vissuta dal dittatore burundese Pierre Nkurunziza, illegalmente al potere dal luglio 2015.

Dopo questa importante vittoria, Kabila non ha rispettato un solo impegno della intelligente road map verso una transizione pacifica del potere disegnata dagli strateghi del Vaticano. La morte del leader storico dell’opposizione, Etienne Tshisekedi avvenuta a Bruxelles il 1° febbraio 2017, ha gettato nel caos l’alleanza dei partiti di opposizione. Il principale partito guidato da Tshisekedi: il UDPS (Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale) è stato immediatamente vittima di una guerra interna per la successione alla leadership rivendicata dal figlio del leader scomparso, Felix Tshisekedi, e da altri quadri del partito. Una guerra vinta da Felix ai danni della credibilità del partito dinnanzi all’elettorato congolese.
Contemporaneamente alla crisi interna il UDPS si è voluto coinvolgere in una assurda vicenda relativa ai funerali del suo leader. Il Governo aveva proposto di prendersi in carico il costo del rimpatri salma, di organizzare funerali di Stato e seppellire Tshisekedi nel cimitero di Gombe a Kinshasa. La famiglia Tshisekedi e il UDPS, al contrario, pretendevano che la salma fosse sepolta all’interno del quartiere generale UDPS, a Kinshasa, chiedendo i fondi necessari per trasformarlo in un mausoleo nazionale. Richiedevano, inoltre, che Tshisekedi fosse riconosciuto come eroe nazionale alla pari di Patrice Lumumba (Primo Ministro dopo l’indipendenza, assassinato dalla CIA e dai servizi segreti belgi il 17 gennaio 1961). Al riconoscimento di eroe nazionale doveva seguire una festività pubblica fissata alla data del decesso in Belgio.
A seguito del rifiuto governativo, il UDPS ha ingaggiato una incomprensibile battaglia politica che ha distolto l’attenzione dalla firma presidenziale dell’accordo di San Silvestro e impedito al principale partito d’opposizione di attuare una campagna nazionale in sostegno degli sforzi della CENCO e del Vaticano. La salma di Tshisekedi è ancora custodita presso l’ospedale di Bruxelles, dove è deceduto. Con il UDPS vittima di una classica situazione di follia politica congolese, i Vescovi cattolici si sono trovati isolati nella loro battaglia per la democrazia con l’obiettivo di assicurare passaggio di potere pacifico. Questa assurda situazione politica è stata abilmente sfruttata dal regime Kabila per distruggere l’accordo del 31 dicembre.