LA CONCEZIONE DI INTELLIGENZA

30 marzo 2017 | 14:31
LA CONCEZIONE DI INTELLIGENZA

INTELLIGENZA La concezione di intelligenza si è evoluta nel tempo, da una originaria concezione statica, quantitativa e generale, a una moderna concezione qualitativa, specifica e modulare. Non si identifica come un’abilità intellettiva generale ma si configura come una competenza complessa, connessa con componenti sociali, emotive e pratiche che consente di eseguire operazioni mentali elaborando, integrando […]

INTELLIGENZA
La concezione di intelligenza si è evoluta nel tempo, da una originaria concezione statica, quantitativa e generale, a una moderna concezione qualitativa, specifica e modulare. Non si identifica come un’abilità intellettiva generale ma si configura come una competenza complessa, connessa con componenti sociali, emotive e pratiche che consente di eseguire operazioni mentali elaborando, integrando e organizzando i dati.
Nei primi anni del ‘900 fu Binet che attraverso studi psicometrici, unì la teoria dell’intelligenza a strumenti psicometrici per misurarla. Binet concepiva l’intelligenza non come un’unica entità e non come completamente ereditaria, ma come un insieme di varie capacità mentali di ordine superiore, tra loro poco correlate e nutrite dall’interazione con l’ambiente. Supponeva che la componente fondamentale dell’intelligenza fosse il giudizio, ovvero la capacità di verificare l’intero processo di soluzione di un problema, e affermava che dovesse essere misurata con compiti che richiedono capacità di ragionamento e di soluzione dei problemi, piuttosto che abilità percettivo motorie. Insieme allo psicologo Simon, Binet realizzò il primo reattivo di intelligenza per concentrarsi su bambini che non riuscivano a trarre dallo studio il beneficio dovuto, al fine di seguirli con maggior attenzione. I quesiti miravano a valutare la memoria, le conoscenze linguistiche e generali, l’abilità di calcolo, il senso del tempo, la capacità di fare collegamenti tra idee. Binet elaborò così una scala dell’età cronologica e associò ad ogni età una serie di prove che i bambini, generalmente, riuscivano a risolvere. I bambini che avrebbero avuto bisogno di sostegno erano quelli che non risolvevano bene i compiti in cui i coetanei riuscivano mediamente bene.
A Binet (1905) dobbiamo il concetto di età mentale in base a cui i ragazzi non-intelligenti vengono considerati in ritardo nello sviluppo quando le loro risposte sono simili a quelle dei ragazzi di età cronologica inferiore, mentre i ragazzi più intelligenti sono in anticipo. Tale principio è stato mantenuto nelle revisioni successive della scala di Binet, fra cui la più nota è la Stanford-Binet (prima vers. 1908) che introdusse il concetto di Quoziente di Intelligenza (QI) come indice dello sviluppo mentale espresso dal rapporto tra età mentale e età cronologica (ideato da Stern).
Lo psicologo tedesco Wiliam Stern (1912) su queste premesse fondò il concetto di Quoziente intellettivo, che esprime l’intelligenza come il rapporto fra l’età mentale e quella cronologica [(Q.I= EM/EC X 100)]
Attualmente non viene più utilizzata la formula citata ma si usano tabelle per trasformare i punteggi grezzi del test in punteggi standard.
Definizione di Wechsler (anni 90):l’intelligenza è la capacità di produrre un comportamento adattivo e funzionale al raggiungimento di uno scopo, che affronti con successo le sfide proposte dall’ambiente e giunga al raggiungimento degli obiettivi prefissati.
La prima definizione di intelligenza è stata formulata da Spearman nel 1923 che considerava l’intelligenza come un “fattore g”, cioè una capacità generale, astratta, non specifica, al di sopra di altre abilità più specifiche. La teoria di Spearman è detta mono-fattoriale in quanto riduce l’intelligenza ad un’unica dimensione omogenea.
Secondo l’impostazione fattorialista (anni 30-60) l’intelligenza è una struttura articolata, scomponibile in parti chiamate –fattori- che corrispondono a distinte abilità che possono essere rilevate mediante analisi statistiche, per esempio:
Thurstone (1938) successivamente si contrappone a queste teorie generali sull’intelligenza (Binet, Stern, Spearman) ipotizzando 7 abilità primarie: numerica, ragionamento, fluidità verbale, velocità percettiva, spaziale, abilità di memoria e comprensione. Anche se aumenta il numero di abilità considerate primarie la loro natura è prevalentemente logica e razionale. Non ci sono accenni a qualità di tipo emotivo corporeo e pratico.
Mentre la teoria psicometrica considera l’intelligenza come una facoltà prevalentemente cognitiva, riconducibile ad una generale capacità di elaborazione mentale, successivi teorici moltiplicano le componenti di cui ritengono costituita l’intelligenza e ne introducono alcune di tipo non logico e non cognitivo, bensì emotivo e creativo.
La concezione fattorialista più sistematica è stata elaborata da Joy Paul Guilford.
In particolare Guilford (1967) elabora una “teoria multifattoriale”, che differenzia ed elenca 120 abilità primarie, tutte dello stesso valore, autonome e ciascuna adatta per svolgere uno specifico compito.
Secondo questa teoria le varie capacità mentali sono ordinate secondo tre assi: quello delle operazioni (attività intellettive di base), quello dei contenuti (stimoli) e quello dei prodotti (risultati)
Operazioni : sono le attività intellettive di base che la mente compie con le informazioni che essa riceve dai sistemi percettivo-sensoriali. Guilford ipotizza l’esistenza dei seguenti cinque tipi di operazioni: cognizione, memoria, produzione divergente, produzione convergente, valutazione.
Contenuti : fanno riferimento alla natura delle informazioni ricevute ed elaborate dalla mente. Guilford prevede i seguenti quattro tipi di contenuti: figurale, simbolico, semantico, comportamentale.
Prodotti : si riferiscono alla forma assunta dall’informazione quando viene elaborata dalla mente, cioè ai risultati dell’applicazione di un’operazione a un contenuto. I prodotti sono da Guilford classificati nei seguenti sei tipi: unità, classi, relazioni, sistemi, trasformazioni, implicazioni.
La combinazione delle operazioni, dei contenuti e dei prodotti dà luogo a 120 fattori. L’insieme di tali fattori costituisce la descrizione analitica dei distinti elementi di cui si compone il pensiero.
In questa prospettiva la mente può quindi essere rappresentata tridimensionalmente come un parallelepipedo i cui lati corrispondono ai tre assi. Ciascun asse è suddiviso secondo le classificazioni sopra menzionate. Si vengono così a definire entro il parallelepipedo 120 “cubetti”, ciascuno corrispondente a un fattore, ossia alla combinazione di un’operazione, un contenuto e un prodotto. L’aspetto più interessante della teoria di Guilford è la presenza di due forme di pensiero: convergente e divergente, laddove l’intelligenza comunemente intesa rappresenta quella convergente, cioè il ragionamento logico e razionale e consiste in un procedimento sequenziale e deduttivo, nell’applicazione meccanica di regole apprese, nell’analisi metodica di dati.
Il pensiero divergente è, invece, il pensiero creativo, alternativo e originale; misurato da 3 indici: Fluidità: parametro quantitativo basato sull’abbondanza delle idee prodotte; Flessibilità: capacità di cambiare strategia ed elasticità nel passare da un compito ad un altro, Originalità: capacità di formulare soluzioni uniche e personali che si discostano dalla maggioranza.
Guilford inizia così ad introdurre una tipologia di intelligenza non basata sull’analisi, ma sulla sintesi, non basata sull’applicazione di algoritmi prefissati, ma sulla ricerca creativa di strategie flessibili e originali.
Cattel (1963) distinse tra intelligenza fluida e cristallizzata. Per intelligenza fluida o ragionamento fluido intende la capacità di pensare logicamente e risolvere i problemi in situazioni nuove, indipendentemente dalle conoscenze acquisite attraverso un apprendimento precedente. È la capacità di analizzare problemi nuovi, identificare gli schemi e le relazioni sottostanti per trovare una soluzione usando il ragionamento logico. È necessario che tutti i problemi logici, scientifici, matematici e tecnici, siano affrontati con il procedimento del problem solving, adottando il pensiero fluido che comprende sia il ragionamento induttivo che quello deduttivo E’ una componente innata, funzionale e strutturale dell’intelligenza.
L’intelligenza cristallizzata è la capacità di utilizzare competenze, conoscenze ed esperienze, risulta tipicamente di natura linguistica e legata alla cultura; scaturisce dall’esperienza e include abilità e comportamenti che sono stati appresi, assimilati e diventano parte del patrimonio personale individuale.. Non dovrebbe essere equiparata alla memoria o alla conoscenza, anche se il suo operato le permette di accedere alle informazioni dalla memoria a lungo termine.
Il modello cognitivo proposto da Stemberg (1985) include anche le variabili di motivazione e di personalità. Il modello la distinzione di 3 tipi di intelligenza.
L’intelligenza analitica comprende la capacità di analizzare suddividendo in parti e scendendo nei dettagli, di valutare, di esprimere giudizi, operare confronti tra elementi diversi. Tale forma di intelligenza sarebbe anche coinvolta quando ricerchiamo il significato di una parola o di una frase, quando affrontiamo test matematici; essa permette buoni risultati nei compiti scolastici tradizionali.
L’intelligenza creativa, legata all’intuizione, si realizza nella capacità do inventare, di scoprire, di immaginare, ipotizzare, di affrontare con successo situazioni insolite per le quali le conoscenze e le abilità esistenti si mostrano inadeguate. A differenza dell’intelligenza analitica, che implica risposte determinate, l’intelligenza creativa è aperta a più possibilità di soluzione.
L’intelligenza pratica comprende invece la capacità di usare strumenti, applicare procedure e porre in atto progetti, saper organizzare e pianificare.
L’interesse per gli aspetti qualitativi delle differenze individuali si ritrova anche nelle ricerche di Gardner (1983). Le sue osservazioni hanno portato a concludere che non esiste una sola capacità mentale sottostante ad un fattore g ma una varietà di intelligenze che lavorano in combinazione, all’interno di una visione modulare dell’intelligenza.
Critica le concezioni tradizionali dell’intelligenza come razionalità, logica, conoscenza, ma anche le concezioni dell’ intelligenza come capacità unica, tipica degli umani, innata. Secondo la teoria delle intelligenze multiple esistono 7 diversi tipi di intelligenza, indipendenti l’uno dall’altro, ognuno operante nel cervello come un modulo separato. Questi tipi sono: linguistica, musicale, logico-matematica, spaziale, somato-cinestesica, intrapersonale (valorizzazione del sé tramite forme espressive come la poesia o la letteratura), interpersonale (riguarda i rapporti con gli altri e coincide con ciò che comunemente si chiama I. sociale, capacità di comunicazione e relazione)
Attraverso l’esplorazione attenta delle storie evolutive di personaggi famosi e di popoli e culture, Gardner sostiene che i risultati eccezionali vengono ottenuti quando il potenziale innato viene plasmato da pratiche educative e da una cultura che si accordano con le preferenze individuali, in un prox in cui certe abilità modulari e specifiche interagiscono in compiti complessi e vengono mobilitate insieme con altre abilità per fini creativi. Particolare combinazione tra abilità innate e ambiente favorevole, in cui i talenti specifici si sviluppano attraverso l’organizzazione di conoscenze e, spesso, anni di sforzi durissimi.
L’aspetto innovativo di questa teoria è che l’individuo può avere un talento in una soltanto di queste aree, poiché il loro sviluppo è indipendente l’una dalle altre.
In ultimo, il concetto di intelligenza emotiva proposto da Goleman (1995) sottolinea l’esistenza, tra i vari fattori che costituiscono l’intelligenza umana, di una abilità emotiva che permette a molti individui di sapersi muovere con successo e di vivere meglio.
Gli ambiti in cui questa abilità si esplica riguardano: la conoscenza delle proprie emozioni, il controllo e la regolazione delle proprie emozioni, la capacità di sapersi motivare, il riconoscimento delle emozioni altrui, la gestione delle relazioni sociali tra individui e nel gruppo.
L’intelligenza emotiva non necessariamente coincide con il concetto tradizionale di intelligenza; si tratta di un tipo di intelligenza che evidenzia le abilità sociali dell’individuo e si fonda su diverse forme di regolazione delle emozioni.
Per quanto concerne i metodo di indagine psicometrici Il test di intelligenza più usato è la WAIS (Weschler Adult Intelligence Scale) è un test di intelligenza generale, intendendo come tale “la capacità globale dell’individuo ad agire con uno scopo, a pensare ragionevolmente, a gestire effettivamente il proprio ambiente”.
Consta di 11 subtest, di cui 6 compongono la Scala Verbale (Informazione, Comprensione, Ragionamento aritmetico, Analogie, Memoria di cifre e Vocabolario) e 5 la Scala di Performance (Associazione simboli a numeri, Completamento di figure, Disegno con i cubi, Riordinamento di storie figurate e Ricostruzione di oggetti); insieme, gli 11 subtest costituiscono la Scala Totale. Permette quindi il calcolo del Q.I verbale e del Q.I di performance e di un Q.I totale ricavato dal confronto diretto dei risultati ottenuti al test dal soggetto con quelli ottenuti dai soggetti appartenenti alla stessa classe d’età; esso costituisce forse il più significativo elemento d’informazione circa le capacità mentali del soggetto, in quanto è proprio il confronto con i coetanei che può essere assunto come la relazione più significativa. La wais permette di trarre informazioni (sia quantitative che qualitative) dettagliate sul funzionamento cognitivo del paziente, come la personale modalità che il paziente ha di organizzare le proprie strategie di risoluzione di problemi in base alle nozioni acquisite e la capacità di accedere al proprio bagaglio mnemonico in cui tali informazioni sono contenute, organizzandole secondo pattern di funzionamento legati alla comprensione del problema.
Ne esiste anche una versione per bambini, la WPPSI (dai 4 ai 6 anni) e la WISC-IV (dai 6 ai 16 anni).
Questi test risentono però dell’istruzione, della cultura e della conoscenza della lingua per questo sono stati formulati test “culture free” che contengono prove logiche dove l’influenza dei fattori culturali sono ridotti al minimo. Un test culture free sono le matrici di Raven definite anche come matrici progressive, in ogni scheda viene richiesto di completare una serie di figure con quella mancante. Ogni gruppo di item diventa sempre più difficile, richiedendo una sempre più elevata capacità di analisi, codifica, interpretazione e comprensione degli item. Rifacendosi alla definizione di Cattel, le matrici di Raven sono considerate il test elettivo per misurare l’intelligenza fluida. Ne esiste una versione per bambini, le Matrici Progressive Colorate.
Infine un altro esempio di test in ambito evolutivo può essere il CAS che valuta i processi cognitivi in bambini e adolescenti dai 5 ai 17 anni di età. Si fonda sulla teoria PASS di A.R. Lurija, che considera il funzionamento cognitivo basato su quattro processi essenziali:
Pianificazione: ossia la capacità di creare un piano di azione applicarlo, verificare che l’azione intrapresa sia conforme allo scopo originale e modificare il piano qualora necessario.
Attenzione: richiede di focalizzare l’attività cognitiva su un compito, individuando uno stimolo particolare e inibendo le risposte a stimoli concorrenti e irrilevanti allo scopo.
Simultaneità richiede la sintesi di elementi separati in un gruppo interrelato, utilizzando sia contenuti verbali che non verbali. Successione che presenta compiti di conservazione o comprensione di un’organizzazione seriale di eventi.
Il Test dell’intelligenza non verbale (TIN) valuta le abilità cognitive di persone per le quali i normali test di intelligenza risultano non adatti o di impossibile somministrazione. Concepito per le persone con problemi linguistici, non udenti o affette da afasia o da deficit motori e/o neurologici.
Per quanto riguarda gli ambiti applicativi problemi clinici si possono riscontrare sia nel ritardo mentale che nei soggetti superdotati.
Nel ritardo mentale si possono distinguere stati di insufficienza mentale (oligofrenia e frenastenia) e demenze. Gli stati di insufficienza mentale seguono ad una lesione organica a livello cerebrale che ha impedito o compromesso il normale processo di sviluppo dell’intelligenza. Nelle demenze si osserva un deterioramento dell’intelligenza per un’alterazione irreversibile delle strutture cerebrali. Stati demenziali sono più frequenti in età avanzata ma possono presentarsi anche precedentemente.
Il problema dei superdotati riguarda soprattutto l’adattamento e la difficile scelta riguardante il creare delle classi differenziali per sfruttare al massimo le loro potenzialità o l’inserirli nelle classi con “bambini normalmente dotati”.
Un ambito molto importante si applicazione dello studio dell’intelligenza e l’ambito clinico dello sviluppo, soprattutto riguardo allo studio dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento. Per diagnosticare i DSA è necessario tenere presente, tra i fattori di esclusione, il ritardo mentale, sensoriale e motorio. Grazie ai test di intelligenza ci si accerta che il funzionamento intellettivo sia preservato e, nel caso si riscontri una difficoltà in una determinata area, si procederà alla somministrazione di test specifici.
Un’ulteriore ambito è la psicologia nell’arco di vita che segue cambiamenti psicologici del tempo di alcune, ad esempio negli anziani, per quanto riguarda l’intelligenza non si ha lo schema sviluppo-culmine-decadimento, ma ciascuna componente dell’intelligenza può avere destino destini diversi.
Ciascuna componente dell’intelligenza subisce uno specifico destino: sono soggette ad un rapido decadimento le capacità di memoria e le capacità che richiedono prontezza e agilità, poiché le operazioni vengono svolte con più lentezza. Tuttavia, si mantengono stabili le capacità verbali e linguistiche, che risultano meno soggette a deterioramento.
Infine Goleman, tra gli aspetti applicativi dell’intelligenza emotiva in ambito educativo, cita diversi programmi di prevenzione per lo sviluppo dell’apprendimento emozionale che hanno portato in numerose scuole americane ad una sensibile diminuzione dei comportamenti delinquenziali e ad una maggiore abilità nella risoluzione dei conflitti; il programma prevede lo sviluppo di abilità in tre aree: emotiva, cognitiva e comportamentale.

DOTT.SSA ROSA DE MARTINO