Salerno. Allarme della Coldiretti: sempre meno piante di mele, pere, pesche e arance. I prodotti arrivano dall’estero

27 marzo 2017 | 18:02
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Salerno. Allarme della Coldiretti: sempre meno piante di mele, pere, pesche e arance. I prodotti arrivano dall’estero

Salerno. Le scuole celebrano, con l’arrivo della primavera, la “Festa dell’albero”. E Coldiretti lancia una richiesta d’aiuto per la progressiva scomparsa, negli ultimi 15 anni, di oltre 140.000 ettari di piante di mele, pere, pesche, arance e albicocche dalle campagne. Una vera e propria ecatombe che rischia di far perdere all’Italia il primato europeo nella […]

Salerno. Le scuole celebrano, con l’arrivo della primavera, la “Festa dell’albero”. E Coldiretti lancia una richiesta d’aiuto per la progressiva scomparsa, negli ultimi 15 anni, di oltre 140.000 ettari di piante di mele, pere, pesche, arance e albicocche dalle campagne. Una vera e propria ecatombe che rischia di far perdere all’Italia il primato europeo nella produzione di una delle componenti base della dieta mediterranea. E che l’allarme non sia infondato lo si capisce dai dati forniti che mettono in risalto come negli ultimi anni sia letteralmente scomparsa una pianta su tre. Un fenomeno quest’ultimo che interessa, seppur in maniera un po’ più marginale, anche il territorio provinciale, che ospita il 50 per cento delle superfici di frutta sotto serra, per la stragrande maggioranza concentrate nella Piana del Sele, della produzione della Campania, regione che è al secondo posto in Italia, dietro solo all’Emilia Romagna. Nonostante la crisi, determinata soprattutto dalla concorrenza straniera e dall’antieconomicità dell’impresa, la frutta salernitana mantiene ancora il suo appeal. Perché, se da un lato è crollata la produzione della frutta convenzionale, dall’altro vi è un aumento dei prodotti tipici e dell’agricoltura biologica. Dunque l’asso nella manica degli agricoltori salernitani è la qualità e, soprattutto, la riscoperta delle tipicità. «Un classico esempio di come la qualità possa e debba essere la carta vincente – evidenzia il presidente provinciale di Coldiretti, Vittorio Sangiorgio – è lo sfusato amalfitano, il tipico limone della Costiera amalfitana, il cosiddetto oro giallo della Divina. Negli ultimi anni, infatti, si è addirittura verificata un’inversione di tendenza, con l’aumento delle superfici certificate coltivate. E, grazie a questo processo, ha risposto anche il mercato, con un’impennata dei prezzi che s’attestano tra i 3 e i 5 euro al chilo». Il rovescio della medaglia è rappresentato dai frutteti convenzionali che sono stati sopraffatti dalla concorrenza straniera. In questo caso chi non ha abbracciato l’agricoltura biologica ha preferito convertire le piantagioni in impianti di quarta gamma. L’abbandono dei frutteti, tuttavia, implica anche altri problemi di natura ambientale, in particolar modo nelle coltivazioni collinari. «In questo caso – spiega Sangiorgio – si preferisce non coltivare più per motivi di convenienza economica. E questo fa venire meno anche il presidio sul territorio garantito dagli agricoltori e aumenta il rischio di dissesto idrogeologico». Una delle note negative che Coldiretti cerca di combattere in tutti i modi, anche se non sempre riesce nell’impresa, è quella dei prodotti che provengono dall’estero. «Subiamo l’import – sottolinea il presidente provinciale – e anche se la guardia è sempre altra in determinati ambiti non riusciamo ancora a bloccare il fenomeno». Per comprendere come, a livello nazionale, ci sia molta preoccupazione per il progressivo abbandono dei frutteti basta fornire qualche dato. La superficie coltivata a frutta in Italia è passata da 426.000 ettari a 286.000, con un crollo netto del 33 per cento in 15 anni, secondo le elaborazioni effettuate da Coldiretti sugli ultimi dati Istat sulle coltivazioni legnose agrarie. Nel secolo scorso esistevano ben 8.000 varietà di frutta, mentre oggi sono meno di 2.000, di cui 1.500 a rischio di estinzione. A determinare la scomparsa delle piante da frutto sono state una serie di concause ma, maggiormente, il crollo dei prezzi pagati agli agricoltori che non riescono più a coprire neanche i costi di produzione. Il taglio maggiore ha interessato i limoni con la superficie dimezzata (-50 per cento), seguiti dalle pere (-41 per cento), pesche e nettarine (-39 per cento), arance (-31 per cento), mele (-27 per cento), clementine e mandarini (-18 per cento). La produzione ortofrutticola italiana oscilla mediamente attorno ai 23 milioni di tonnellate, di cui il 46 per cento in volume di ortaggi in piena aria il 29 per cento di frutta, il 12 per cento di agrumi, il 7 per cento di ortaggi in serra, il 6 per cento di patate, lo 0,5 per cento di leguminose. Il disboscamento delle campagne italiane – afferma Coldiretti – è il risultato di una vera invasione di frutta straniera con le importazioni che negli ultimi 15 anni sono aumentate del 42 per cento ed hanno quasi raggiunto i 2,15 miliardi di chili. (La Città di Salerno)