Salerno. Falsi abusi sessuali su un bimbo. All’udienza preliminare prescrizione per la dirigente Not
Salerno. Non sarà processata Maria Rita Russo, la neuropsichiatra infantile, dirigente all’Asl del servizio Not contro il maltrattamento dei minori, che era finita sotto inchiesta con le accuse di falso, calunnia e false dichiarazioni al pubblico ministero. Il giudice dell’udienza preliminare ha dichiarato nei suoi confronti il decorso della prescrizione per una vicenda che inizia […]
Salerno. Non sarà processata Maria Rita Russo, la neuropsichiatra infantile, dirigente all’Asl del servizio Not contro il maltrattamento dei minori, che era finita sotto inchiesta con le accuse di falso, calunnia e false dichiarazioni al pubblico ministero. Il giudice dell’udienza preliminare ha dichiarato nei suoi confronti il decorso della prescrizione per una vicenda che inizia nel 2009 e vedeva accusato di pedofilia, nei confronti del figlioletto di 3 anni, un colonnello dei carabinieri poi assolto con formula piena. A denunciarlo era stata la moglie, che secondo gli inquirenti avrebbe usufruito della complicità della neuropsichiatra. Anche per lei è stata dichiarata la prescrizione dell’ipotesi di calunnia, ma è stato disposto il rinvio a giudizio per tentata concussione, perché avrebbe cercato di convincere due assistenti sociali ad “aggiustare” la loro relazione sugli incontri protetti tra il bimbo e il padre. Non sarebbe stata da sola: ad aiutarla, secondo il sostituto procuratore Elena Guarino che ha istruito le indagini, c’erano le operatrici sociali Maria Nicoletti di Fisciano e Daniela Gallo di Mercato San Severino. La prima avrebbe agito in qualità di responsabile del Piano di zona Salerno 2, la seconda nelle vesti di coordinatrice del Centro affidi e adozioni per lo stesso Piano di zona, ed entrambe sono state rinviate a giudizio insieme alla presunta istigatrice della condotta. Nel processo, che inizierà a giugno al Tribunale di Napoli, sono inoltre imputati gli psichiatri romani Patrizia Pes e Salvatore Maurizio Salice, che furono consulenti del sostituito procuratore Cristina Giusti nel procedimento per pedofilia e per i quali le ipotesi di calunnia e falso in atti destinati all’autorità giudiziaria sono datate 2010 e non ancora prescritte. Si sarebbero appiattiti sulle dichiarazioni della mamma e della coordinatrice del Not, senza esaminare con cura i filmati degli incontri tra la professionista e il bambino. Proprio quei filmati hanno invece convinto il giudice Sergio De Luca ad assolvere in abbreviato il padre del bimbo e ad inviare gli atti in Procura perché si procedesse per calunnia e falso. Secondo il gup nelle relazioni di Russo vi erano «arbitrarie associazioni di idee» e frasi che non trovavano corrispondenza nei video. I dialoghi, è stato poi precisato nella richiesta di rinvio a giudizio, «sono stati riportati in maniera difforme da quanto realmente avvenuto e conservato nella videoregistrazione». Dopo la prima udienza preliminare a Salerno gli atti sono stati trasferiti a Napoli per incompatibilità funzionale, perché all’epoca dei fatti Russo era magistrato onorario del Tribunale per i minorenni a Salerno. Nel frattempo il presunto reato si è estinto e il gup napoletano ha dichiarato la prescrizione. «Colpa dei ritardi e degli errori nelle indagini a carico del mio assistito – commenta l’avvocato di parte civile Cataldo Intrieri – che avrebbero dovuto concludersi ben prima dei 5 anni che sono passati per ottenere una sentenza di piena assoluzione. Vedremo di ottenere soddisfazione in sede civile, intanto il rinvio a giudizio di due consulenti del pm è un primo passo per accertare la catena di responsabilità. Siamo inoltre convinti – sottolinea – che il processo potrà servire a fare luce sui criteri per le scelte dei consulenti degli uffici giudiziari nei casi di abuso di minori. Basti ricordare che la madre del bambino aveva aperto un centro anti abusi finanziato dal Ministero delle Pari opportunità». La declaratoria di prescrizione non convince neanche Maria Rita Russo che non entra nel merito delle accuse («non vale nemmeno la pena di discuterne») ma parla di processo radicalmente nullo. «Una montagna di carte processuali inutilizzabili – spiega – perché gli inquirenti non hanno tenuto conto del mio ruolo di giudice onorario. La legge vuole che il giudizio sia assolutamente imparziale, e un’inchiesta condotta da giudici dello stesso distretto è considerata come sospetta. Di conseguenza, anche gli atti investigativi fatti non tenendo conto di questo divieto sono sospetti e, quindi, inutilizzabili processualmente». Secondo Russo il procedimento a Napoli doveva ripartire da zero, «perché tutta l’inchiesta fatta a Salerno è ormai carta straccia» e andava quindi dichiarata non la prescrizione ma la nullità. «Dinanzi a vizi di procedura così totali – conclude – risulta anche inutile rinunziare alla prescrizione, poiché la sentenza di assoluzione sarebbe anch’essa nulla». (La Città di Salerno)