Attrezzature pagate tre volte di più. Quattro indagati all’Asl Napoli 1. Blitz dei finanzieri negli uffici
Si chiamano reti in polipropilene titanizzato, le usano i chirurghi durante interventi in laparoscopia. Un pezzo costa 891 euro, l’Asl Na1 lo pagava 2.000 euro. L’ennesimo scandalo nel settore della sanità è scoppiato ieri mattina quando i finanzieri del nucleo di polizia tributaria si sono presentati negli uffici del Frullone per acquisire le carte di […]
Si chiamano reti in polipropilene titanizzato, le usano i chirurghi durante interventi in laparoscopia. Un pezzo costa 891 euro, l’Asl Na1 lo pagava 2.000 euro. L’ennesimo scandalo nel settore della sanità è scoppiato ieri mattina quando i finanzieri del nucleo di polizia tributaria si sono presentati negli uffici del Frullone per acquisire le carte di numerosi appalti aggiudicati tra il 2012 e il 2017. È stata la discovery di un’inchiesta del pm Valter Brunetti, con il coordinamento dell’aggiunto Alfonso D’Avino, che vede indagate quattro persone per concorso in turbativa d’asta: Loredana Di Vico, dirigente del settore Acquisizione beni e servizi dell’Asl; il compagno Vincenzo Dell’Accio; i fratelli di lui Rosario e Claudia. Vincenzo Dell’Accio, secondo l’accusa, gestisce diverse società fornitrici di prodotti elettromedicali, alle quali sono legati per rapporti economici i fratelli. Attraverso un meccanismo assai simile a quello attuato al Pascale e scoperto dalle fiamme gialle nel corso di un’altra recente operazione, Di Vico faceva risultare che le società del compagno fornissero in esclusiva i prodotti elettromedicali. Aggirando le norme sugli appalti, quindi, quei prodotti l’Asl li pagava fino al trecento per cento in più. Gli investigatori hanno calcolato che sono stati spesi almeno due milioni di euro nell’ultimo triennio per beni acquistati a prezzi fuori di mercato. Gli indagati, assistiti dagli avvocati Alfonso Furgiuele e Federico Federico, potranno fornire la propria versione dei fatti ed eventualmente chiarire. Numerose le delibere che i militari, coordinati da Giovanni Salerno e Andrea Pecorari, hanno acquisito. Riguardano svariati ospedali che ricadono nell’Asl Na1: San Giovanni Bosco, Ascalesi, San Paolo, San Gennaro, Loreto Mare, Pellegrini. La formula usata per aggirare le norme sugli appalti era sempre la stessa: «Acquisto urgente ex art. 57 comma 3 lettera b – D.Lgs n.163/2006». Invece, come sottolinea il pm nel decreto di acquisizione, era noto che sul mercato risultava operare direttamente almeno la casa madre di quegli apparecchi «per la vendita dei medesimi prodotti a costi di gran lunga inferiore». Tra i prodotti che l’Asl acquistava a caro prezzo figurano fibroscopi, radiobisturi, autoclavi a gas plasma, materiale per l’implementazione del sistema video. Le società che, secondo la ricostruzione del magistrato, hanno beneficiato di queste gare illegali sono LGA srl; Maflamed srl; Vicamed srl; Soteme srl; Euromed sas; Fed Medical, tutte riconducibili a Vincenzo Dell’Accio. Alcune di queste erano già state coinvolte in un’altra inchiesta, quella per il doppio pagamento delle forniture. Attraverso decreti ingiuntivi avrebbero infatti chiesto e ottenuto dall’Asl Na 1 il pagamento di crediti per alcuni milioni di euro, crediti peraltro già ceduti a un’altra azienda: era stata proprio la Guardia di Finanza a notificare ai rappresentanti di Soteme, Euromed e Vicamed obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria per i reati di falsità ideologica in atto pubblico e truffa ai danni di un ente pubblico (l’Asl, appunto). Secondo la ricostruzione dei finanzieri, alcuni anni fa le quattro aziende avevano ceduto il credito a un’altra società, la quale era riuscita a farseli pagare di nuovo sempre attraverso dei decreti ingiuntivi. Un’operazione riuscita sfruttando le lacune presenti nella contabilità dell’ente pubblico: forniture di siringhe, di apparati per la rilevazione della pressione sanguigna e altri strumenti elettromedicali. Nei confronti delle società e dei loro legali rappresentanti Procura aveva anche chiesto e ottenuto dal gip un sequestro di beni «per equivalente » di sei milioni di euro. Oltre che negli uffici dell’Asl Na 1, ieri mattina i militari sono andati anche in quelli dell’Asl di Caserta: il sospetto è, infatti, che irregolarità simili possano essere state commesse anche lì. Dalla lettura dei documenti acquisiti si capirà se è davvero così o no; in caso affermativo, l’inchiesta nei prossimi mesi potrebbe allargarsi. (Corriere del Mezzogiorno)