Napoli, condannato il gioielliere dei vip: favorì la latitanza del super boss
Tre anni di reclusione per aver aiutato il boss latitante e averlo ospitato in casa sua. È questa la condanna che il giudice Francesco De Falco Giannone ha stabilito nei confronti di Luigi Scognamiglio, gioielliere di via Calabritto a Chiaia. Avrebbe messo a disposizione dell’ex boss Antonio Lo Russo, un tempo esponente del clan di […]
Tre anni di reclusione per aver aiutato il boss latitante e averlo ospitato in casa sua. È questa la condanna che il giudice Francesco De Falco Giannone ha stabilito nei confronti di Luigi Scognamiglio, gioielliere di via Calabritto a Chiaia. Avrebbe messo a disposizione dell’ex boss Antonio Lo Russo, un tempo esponente del clan di Miano, un appartamento di sua proprietà nel quartiere salotto della città occupandosi di ogni sua esigenza e organizzando gli incontri con la moglie e gli affiliati.
Noto come Gigino élite, Scognamiglio fu arrestato a gennaio scorso e dopo dieci giorni fu scarcerato dal Riesame che accolse l’istanza dell’avvocato Sergio Cola. A sua difesa il gioielliere, che è titolare del noto marchio “Calabritto 28”, ha sostenuto di aver aiutato Lo Russo per il timore di ritorsioni da parte del clan.
Antonio Lo Russo è figlio di Salvatore, ex storico capoclan della camorra di Miano nota come i Capitoni: quando il padre decise di collaborare con la giustizia, fu Antonio a prendere le redini dell’organizzazione. Nel 2010, poi, si diede alla latitanza, prima a Napoli grazie all’aiuto del gioielliere e poi in Costa Azzurra, a Nizza, dove venne arrestato per poi decidere anche lui di pentirsi e collaborare con la giustizia.
di Viviana Lanza IL MATTINO