Salerno. Violentò una bimba, 9 anni di carcere. La Corte d’Appello ha confermato la condanna per un 67enne

12 aprile 2017 | 19:07
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Salerno. Violentò una bimba, 9 anni di carcere. La Corte d’Appello ha confermato la condanna per un 67enne

Regge in pieno al vaglio della Corte d’Appello la sentenza di primo grado che un anno fa ha condannato a nove anni di carcere un 67enne accusato di aver violentato una bimba di soli cinque anni. Ieri pomeriggi i giudici hanno confermato nei suoi confronti sia il giudizio di colpevolezza che l’entità della pena, respingendo […]

Regge in pieno al vaglio della Corte d’Appello la sentenza di primo grado che un anno fa ha condannato a nove anni di carcere un 67enne accusato di aver violentato una bimba di soli cinque anni. Ieri pomeriggi i giudici hanno confermato nei suoi confronti sia il giudizio di colpevolezza che l’entità della pena, respingendo il ricorso del difensore Gino Bove. Nei confronti dell’uomo le indagini del pubblico ministero Elena Guarino hanno ricostruito un quadro pesantissimo. L’uomo, parcheggiatore abusivo, avrebbe approfittato dell’ospitalità di una coppia di Fratte per violentare la loro figlioletta, minacciando di morte il fratello di sette anni che aveva cercato di difenderla. Secondo gli inquirenti le violenze sono durate per circa un anno, un periodo tra il 2009 e il 2010 quando l’uomo, che si trovava in difficoltà economiche, ha vissuto in quell’appartamento di Fratte in cambio di un piccolo esborso mensile per il posto letto. Gli abusi sono stati scoperti quasi tre anni dopo, quando i bambini erano già stati trasferiti in una casa famiglia per sottrarli a una situazione di degrado e le operatrici si sono accorte dei segnali di disagio. La bambina era taciturna e spaventata, mimava atti sessuali e aveva atteggiamenti incompatibili con la sua età. Quando operatori e psicologi hanno iniziato a farle domande, lei dapprima si è rifiutata di parlare, poi ha ceduto, consentendo alla Procura di riaprire un’inchiesta che in prima battuta era stata archiviata. «È stato zio P…» ha confidato, ricordando il termine familiare con cui per mesi lei e il fratellino avevano chiamato quell’uomo che dormiva in casa loro. Ha parlato di un gioco dell’aeroplano che si concludeva con lo stupro e ha ricostruito violenze che sarebbero state quotidiane, nei momenti di assenza dei genitori e anche nel cuore della notte. Abusi sessuali di ogni tipo a cui seguivano minacce anche di morte se uno di loro avesse osato ribellarsi. Il fratello, che provava a difenderla e che a sua volta avrebbe subìto molestie e palpeggiamenti, sarebbe stato picchiato, minacciato con un coltello alla gola, afferrato per le gambe e sporto a testa in giù oltre la ringhiera di un balcone. L’arresto di P.M. è arrivato nel giugno del 2014, quando l’inchiesta su di lui era già in corso ed è stato notato dai bambini nei paraggi della casa di accoglienza dove erano ospitati. A quel punto la magistratura ha accelerato i tempi per evitare che i fratellini subissero altri traumi, ed è stata emessa la misura della custodia cautelare. Poi il processo con rito immediato, la costituzione delle parti civili (assistite dall’avvocato Antonietta Cennamo) e la sentenza di primo grado confermata ieri in appello. Lui continua a negare ogni responsabilità, sostenendo che in quell’appartamento andava e veniva anche altra gente e che i bimbi potrebbero aver confuso le persone. Alla difesa, però, resta adesso solo la strada del ricorso in Cassazione. (La Città di Salerno)