Schiavi nei campi della Piana del Sele. Buste paga tagliate del 50%, lavoratori irregolari e le aziende fingono di non sapere

25 aprile 2017 | 17:17
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Schiavi nei campi della Piana del Sele. Buste paga tagliate del 50%, lavoratori irregolari e le aziende fingono di non sapere

Il sole deve ancora sorgere ma per le strade che si ramificano nel territorio della Piana del Sele c’è già un frenetico via vai di biciclette, auto e furgoncini. Sono i mezzi di trasporto utilizzati dai braccianti agricoli, in maggioranza stranieri, per raggiungere la propria postazione di lavoro. La giornata tipo di chi è impiegato […]

Il sole deve ancora sorgere ma per le strade che si ramificano nel territorio della Piana del Sele c’è già un frenetico via vai di biciclette, auto e furgoncini. Sono i mezzi di trasporto utilizzati dai braccianti agricoli, in maggioranza stranieri, per raggiungere la propria postazione di lavoro. La giornata tipo di chi è impiegato nei campi o sotto le serre inizia infatti alle prime luci dell’alba. Le rotonde che si susseguono lungo la litoranea Salerno-Paestum, soprattutto tra Battipaglia ed Eboli, fungono da punto di ritrovo per coloro che aspettano “il passaggio”. Una prassi che la Flai-Cgil di Salerno, da anni presente sul territorio, prova ad ostacolare attraverso le attività del sindacato di strada. «Ci muoviamo su camper muniti di materiale informativo multilingue per incontrare i lavoratori, offrendo loro servizi che vanno dall’assistenza nel rinnovo dei permessi di soggiorno alla lettura di buste paga e contratti. Forniamo loro anche aiuti materiali, come i giubbini catarifrangenti, utili per chi viaggia in bicicletta anche di notte – spiega la ventiduenne Sara Moutmir, sindacalista marocchina della Flai – L’obiettivo è di renderli ogni giorno più consapevoli dei propri diritti». Un impegno nato quando, poco più che bambina, la Moutmir accompagnava la madre, bracciante agricola, presso gli uffici della Cgil. «La collaborazione con il sindacato rappresenta quasi la naturale prosecuzione di un percorso», sorride. Tra le principali criticità riscontrate quotidianamente vi è il cosiddetto lavoro grigio. «Molto spesso in busta paga viene calcolato un numero di giornate inferiore a quelle effettivamente lavorate – prosegue la Moutmir – Ad esempio, per 30 giorni di lavoro ne vengono conteggiati soltanto 10». Un artifizio che, nella pratica, consente alle aziende di spalmare la paga giornaliera, stabilita dal contratto nazionale in 50,22 euro, su più ore; una cifra che può scendere fino a 28 euro. Secondo le stime della Flai il 30% dei lavoratori impiegato nella Piana è irregolare. Una situazione in leggero miglioramento dopo le ultime sanatorie; tuttavia, sono in molti quelli che, come il marocchino Samir, 37 anni, hanno trascorso lunghi anni in clandestinità. «Sono arrivato nella Piana del Sele nel 2003, illuso dalle immagini e dai racconti sull’Italia che venivano diffusi, quasi creati ad arte, in Marocco – racconta Samir – Qui i miei sogni si sono scontrati, sin da subito, con una realtà difficile». Una realtà fatta di precarietà estrema e di disagio abitativo: Samir ha vissuto per un periodo presso il ghetto di San Nicola Varco, smantellato nel 2009. «Uno Stato dentro lo Stato». I primi tempi sono stati particolarmente duri. «Lavoravo a nero e vivevo con l’ansia di essere scoperto. Molto spesso i controlli avvenivano nelle abitazioni, durante le ore notturne. Quasi mai in azienda, stranamente ». Con la sanatoria del 2009 Samir ottenne l’agognato documento. «Fu la fine di un incubo». Con la tranquillità, arrivò anche il primo contratto di lavoro regolare. «Lavorai per cinque mesi, ma in busta paga l’azienda conteggiò soltanto dodici giorni». Al momento Samir è impiegato nella raccolta dei meloni. «Quando è periodo di raccolta il datore di lavoro ha sufficiente liquidità per pagare». Seppur in maniera più tenue rispetto ad altre zone il fenomeno del caporalato è presente anche nella Piana. «Il datore di lavoro si affida ai capisquadra, della stessa nazionalità dei braccianti – spiega Samir – Spesso ne approfittano per trattenere una sorta di commissione sull’intermediazione o sul trasporto. A fronte di questi comportamenti le aziende sono piuttosto indifferenti: a volte non ne sono effettivamente a conoscenza; nella maggior parte dei casi, tuttavia, fanno finta di non sapere… ». (La Città di Salerno)