Blue whale, un rischio per i giovani. Attenzione ai segni di malessere e autolesionismo, intervenire subito

25 maggio 2017 | 16:33
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Blue whale, un rischio per i giovani. Attenzione ai segni di malessere e autolesionismo, intervenire subito

Le notizie che arrivano dalla Russia parlano di 150 suicidi tra i ragazzi. Giovani che avevano cominciato a giocare al «blue whale»: adescati via web da un «tutor» che per cinquanta giorni ha imposto loro regole di comportamento autolesionista portandoli fino alla decisione di uccidersi. Nunzia Ciardi è il direttore della Polizia Postale, guida un […]

Le notizie che arrivano dalla Russia parlano di 150 suicidi tra i ragazzi. Giovani che avevano cominciato a giocare al «blue whale»: adescati via web da un «tutor» che per cinquanta giorni ha imposto loro regole di comportamento autolesionista portandoli fino alla decisione di uccidersi. Nunzia Ciardi è il direttore della Polizia Postale, guida un esercito di oltre 2.000 agenti, ormai da settimane ha una squadra specializzata esclusivamente nel monitoraggio della «rete» su questa emergenza. Molti sono convinti che il «blue whale» sia soltanto un’invenzione. Dottoressa Ciardi ci può spiegare qual è la realtà? «Noi stiamo indagando ormai da tempo e posso dire che si tratta di un fenomeno cresciuto a dismisura. Esiste certamente, però stiamo cercando di scoprire in quali dimensioni e soprattutto con quali sistemi. Anche perché si tratta di un fenomeno emulativo e quindi ad altissimo rischio». Che cosa avete scoperto? «Su circa 40 denunce ricevute, abbiamo diversi casi da approfondire. Oltre al tentato suicidio di una ragazza a Pescara, abbiamo scoperto diverse conversazioni tra ragazze che lasciano presumere una dinamica identica a quella scoperta in Russia, anche se non abbiamo ancora riscontro che siano guidate da un “tutor”». Che cosa dicevano? «Facevano esplicito riferimento al “blue whale” e per questo abbiamo contattato subito i genitori». Ci può spiegare bene come funziona? «Le prime notizie che abbiamo ricevuto dalla Russia evidenziavano modalità precise stabilite da questo “tutor” che impartiva veri e propri ordini ai seguaci». Come venivano agganciati i ragazzi? «Con un hashtag su Facebook, una “chiave” che evidenziava l’argomento. Poi partivano le disposizioni: tagliati le braccia, svegliati alle 4 di mattina e gira per casa, guarda un film dell’orrore, infliggiti un grande dolore, fatti una balena blu sul braccio. Era un crescendo per 50 giorni fino all’ordine finale: ucciditi». In Italia da dove arrivano le denunce? «Ne abbiamo avute due da Milano e poi Cagliari, Firenze, Trento. Ci hanno scritto molti genitori, ma anche insegnanti. Molti ragazzi ci hanno segnalato post che avevano trovato su Facebook o su Instagram. Abbiamo scoperto che anche su WhatsApp ci sono gruppi che parlano del gioco e non possiamo escludere che lo stiano organizzando. Ascoltiamo tutti e verifichiamo ogni dettaglio, naturalmente senza sottovalutare la psicosi che si è creata. Due giorni fa abbiamo denunciato un diciottenne per procurato allarme: aveva scritto su Facebook di essere arrivato al cinquantesimo giorno ma quando siamo andati a casa sua ha confessato di aver fatto uno scherzo». Quanto alto è il pericolo? «Il rischio esiste perché è un fenomeno che fa leva sulla vulnerabilità dei ragazzi. Spesso il disagio giovanile si salda con l’emulazione ed è su questo che bisogna porre la massima attenzione. È l’appello che rivolgiamo ai genitori, ai professori ma soprattutto ai ragazzi: attenzione a cogliere segni anche minimi di malessere, attenzione a manifestazioni di autolesionismo. Bisogna intervenire con la massima sollecitudine e se i segnali si fanno più seri è bene rivolgersi a noi per escludere eventuali fattori criminali». Voi che tipo di attività state facendo? «Abbiamo un team di 15 specialisti che nella sede centrale di Roma “spazzano” il web e monitorano costantemente la Rete. Grazie all’inserimento di alcune parole “chiave” siamo in grado di controllare i social e cogliere segnali di allarme. In tutta Italia ci sono altri gruppi che effettuano lo stesso lavoro. Non si deve sottovalutare come il mondo virtuale sia strettamente intrecciato con la realtà e per questo è indispensabile accertarsi quali siti frequentano i ragazzi. La vita che fanno online la trasferiscono spesso in quella di tutti i giorni». È un fenomeno limitato ai giovani o coinvolge anche adulti disagiati? «Al momento non abbiamo segnali di questo tipo. Il problema degli adulti riguarda soprattutto i ricatti online, le estorsioni di tipo sessuale. In Europa ci sono stati molti suicidi, in Italia il numero dei casi è in pericoloso aumento». La scorsa settimana il virus Wannacry ha messo in ginocchio numerosi Stati. Dobbiamo aspettarci nuovi attacchi? «Il pericolo è più che concreto. Per questo abbiamo ulteriormente potenziato il nostro impegno nella protezione delle reti strategiche, lanciato “alert” e abbiamo dato indicazioni per impedire il blocco. Un azione del genere può mettere in ginocchio uno Stato, bloccando settori fondamentali per l’economia». (Corriere della Sera)