Apertura della IV edizione del Festival di Musica da Camera martedì 30 maggio nella Chiesa di Santa Apollonia con le formazioni dirette da Antonio Fraioli La prestigiosa scuola di fiati del Conservatorio Statale di Musica “G.Martucci” inaugurerà martedì 30 maggio, nella Chiesa di Santa Apollonia alle ore 20, la IV edizione del Festival di Musica […]
Apertura della IV edizione del Festival di Musica da Camera martedì 30 maggio nella Chiesa di Santa Apollonia con le formazioni dirette da Antonio Fraioli
La prestigiosa scuola di fiati del Conservatorio Statale di Musica “G.Martucci” inaugurerà martedì 30 maggio, nella Chiesa di Santa Apollonia alle ore 20, la IV edizione del Festival di Musica da Camera, promosso dalla massima istituzione musicale cittadina e ideato dalle docenti del dipartimento di musica da camera Anna Bellagamba e Francesca Taviani. La serata sarà inaugurata da una composizione di Antonio Fraioli, Ballad, composta lo scorso anno per sei clarinetti, seguita da Five Sketches per la stessa formazione, composti da Stefano Melloni, nuove conversazioni sull’idea di ritmo e melodia, che verranno eseguiti da Fabrizio Fornataro, Amelia Ónega, Martiño Malleiro, Miguel Costa, Noemi Fiorenza, Olma Landri. A seguire, un ragtime per piano solo, Encore Rag, datato 1912, trascritto da Tad Fischer e arrangiato per clarinetto due sax alti, due tenor sax e due sax baritoni da Jacques Larocquel, per passare, quindi, al Kurt Weill del Die Dreigroschenoper, una delle produzioni più complesse e di successo di questo festival, con la Zuhalterballade, la ballata del Magnaccia, che farà da introduzione ad un florilegio di melodie tratto dal songbook di George Gershwin, omaggio ad un genere che ha indovinato e scoperto i mille volti delle ance. A confrontarsi con questi autori, ascolteremo Olma Landri al clarinetto, Agostino Giordano e Francesca Verace al sax contralto, Arianna Riviello e Lucio Fauceglia al sax tenore e Simone Loffredo e Gabriele Santosuosso al sax baritono, diretti da Antonio Fraioli.
Ritorno al classico con l’evocazione della Deuxieme Suite di Theodore Dubois, baciata dalla varietà dei timbri, dai contrasti e dalle combinazioni di densità sonore, prima di lasciare spazio al nonetto per l’esecuzione di una marcia di Daniel Léo Simpson e di un undicimino di fiati, composto da Giusi Costa e Assunta Battista, flauti con Chiara Martucci e Caterina Avallone, all’oboe, Noemi Fiorenza e Dario Ferrigno, clarinetto, Olma Landri al clarinetto basso, Pietro Nastri e Antonio Proto, al corno, Francesco De Pascale e Cosimo Cerrone, al fagotto, diretti da Antonio Fraioli, che chiuderà la serata con l’esecuzione di alcuni estratti dell’Inno delle Nazioni di Giuseppe Verdi, un augurio all’Europa Unita, trascritti da Michele Mangani. L’Esposizione Universale del 1862 si tenne a Londra dal primo maggio al primo novembre. Gli organizzatori richiesero a Verdi per l’Italia, a Auber per la Francia, a Meyerbeer per la Germania e a Bennett per l’Inghilterra, di comporre una musica per il concerto inaugurale del primo maggio. Verdi scrisse per l’occasione una Cantata intitolata “l’Inno delle Nazioni” su testo di Boito, ‘Inno delle Nazioni di Verdi era una Cantata, e non una Marcia, come gli era stato invece richiesto, perciò il direttore d’orchestra Michele Andrea Agniello Costa, che era pure il direttore musicale dell’Esposizione di Londra, si rifiutò di dirigere il pezzo, che quindi non fu eseguito il primo maggio. L’Inno di Verdi fu eseguito al Teatro della Regina, ventiquattro giorni dopo la prima dell’Esposizione. Si trattò di una serata di beneficenza. Verdi nel suo contrappunto riuscì a legare assieme gli inni nazionali inglese, francese ed italiano.
Mercoledì 31 maggio, il Festival continua con Nahandove, serata dedicata alle sonorità francesi a cominciare dalle Chansons madécasses di Maurice Ravel, ispirate all’isola di Madagascar, un trittico unificato, in un certo senso, dall’impiego di materiale musicale comune in Nahandove e in Il est doux; il trattamento lineare dei tre pezzi si accoppia a una specie di primitivismo di cui è un aspetto l’uso estensivo della ripetizione degli accompagnamenti, secondo però una strategia d’attenta misura. A seguire Deux Stèles oriéntées del raffinato Jacques Ibert non alieno da influenze neoclassiche, Cantilène et danse dell’algerino Marc Eychenne, datato 1961, in cui si riconoscono chiari echi raveliani, con il gran finale affidato al Trio n°2 di Russell Peterson, 4 movimenti dedicati a Ravel, Maslanka, Beethoven e Shostakovich.