Napoli. L’artista argentino San Spiga per il trentennale del primo scudetto azzurro dedica un murales a Maradona in vico Lungo Gelso

4 maggio 2017 | 16:41
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Napoli. L’artista argentino San Spiga per il trentennale del primo scudetto azzurro dedica un murales a Maradona in vico Lungo Gelso

Napoli. Che ci fa uno come San Spiga, artista argentino, ai Quartieri spagnoli alla vigilia del trentennale del primo scudetto azzurro? E che altro può fare, se non rinverdire il mito del Pibe dedicandogli un nuovo murale affisso alle 16 di oggi su quello che è stato già ribattezzato il «muro de Dios», in vico […]

Napoli. Che ci fa uno come San Spiga, artista argentino, ai Quartieri spagnoli alla vigilia del trentennale del primo scudetto azzurro? E che altro può fare, se non rinverdire il mito del Pibe dedicandogli un nuovo murale affisso alle 16 di oggi su quello che è stato già ribattezzato il «muro de Dios», in vico Lungo Gelso 40. Un Maradona sorridente con la fascia di capitano e la maglia sponsorizzata Buitoni, come nel mitico pomeriggio del 10 maggio 1987 quando Napoli esplose e profanò il cimitero di Poggioreale sfottendo persino i morti con la scritta «E che ve site perso!». Santiago Spigaroli, trabajador de la imagen, a quell’epoca aveva poco più di dieci anni. Ma il mito del Pibe, laggiù nella sua ventosa Patagonia, cominciava già a perseguitarlo. «Devo andare a Napoli» ripeteva davanti alla tv. Da grande, divenuto grafico nonché muralista senza frontiere, San ha effigiato gigantografie di El Diego in tutte le pose sulle pareti urbane di mezzo mondo. Ai Quartieri era già venuto qualche anno fa: «Non conoscevo nessuno – racconta – collocai in un angolo di un vicolo un murale della serie la Mano de Dios, il celeberrimo goal irregolare contro l’Inghilterra ai mondiali del 1986». A un tratto gli si avvicina un tipo sorridente: occhiali, barba e orecchino. «Capì subito che sono un artista e mi accompagnò più su in via De Deo, al cospetto del maxi-Diego alto 12 metri. L’emozione fu grandissima, mi tremavano le gambe». Quel giovane con l’orecchino, Fabio Zizolfi, quartierano doc e animatore del «Vascio», centro culturale ricavato in un’ex casa di tolleranza, diverrà in breve uno dei suoi migliori amici. Proprio come un altro quartierano, Salvatore Iodice, consigliere di municipalità ma soprattutto falegname-artista-animatore di «Riciclarte- Miniera», un laboratorio in cui dà forma a splendide opere con materiali poverissimi, spesso recuperando ciò che la gente getta nei vicoli. È stato proprio lui l’anno scorso a restaurare il Maradona gigante dipinto nel ‘90 sul palazzo di via De Deo. Ormai era completamente scolorito e poi c’era stato l’estremo oltraggio: una finestra aperta abusivamente gli aveva distrutto la faccia. «Maradona aveva perso la testa – scherza Salvatore – e io l’ho rimessa a posto». In origine l’aveva dipinto Mario Filardi, un altro quartierano trovato misteriosamente morto in Olanda alcuni anni fa. Il Diego sbiadito pesava come un macigno sulla coscienza collettiva dei Quartieri spagnoli. «Realizzai una finestra in legno compatibile con il volto di Maradona – racconta Salvatore – e il nuovo inquilino promise che non l’avrebbe mai più aperta per rispetto. Infine Diego mi ringraziò in diretta durante una trasmissione televisiva». Che poi rimettere a posto la testa di Diego è anche la mission di San Spiga che ha approfittato del breve soggiorno napoletano per restaurare qualche altro Pibe di carta che aveva affisso e che il tempo e l’incuria aveva decapitato. Iodice e Zizolfi incalzano: «Se solo ci fosse più partecipazione e più amore qui sopra veramente potremmo vivere di turismo tutto l’anno». Ma anche di maradonismo, visto che frotte di stranieri si soffermano a lungo a fotografare le celebrazioni del Mito in contesa sulle superfici murarie con i personaggi alieni di Cyop & Kaf. Eppure curiosamente ai Quartieri non c’è rimasto nemmeno un Napoli club. Sparite da tempo (e per fortuna) le temibili «Teste matte», ora nel complicato intreccio di vicoli c’è un vuoto di tifo organizzato che sembra stonare con la proliferazione di bancarelle, bandiere azzurre, sciarpe, magliette. Puro merchandising. Come se solo il business tenesse viva la memoria del Dio del calcio. Fabio Zizolfi però promette un pronto riscatto: «Daremo vita a un club azzurro». Ha già vinto un’ardua sfida riportando in campo la gloriosa squadra del Montecalvario che va come il vento e guida la classifica del girone A in terza categoria. Del resto non è un caso se Fabio e sua madre possano vantare un ruolo in Maradonapoli, il docufilm di Alessio Maria Federici. Oggi gli autori Antonio Di Bonito, Roberto Volpe e Jvan Sica parteciperanno anche loro alla consacrazione del Muro de Dios. Intanto San Spiga che è un perfezionista dà gli ultimi ritocchi al suo lavoro nella Miniera di Iodice: «Devo mettere a posto la testa di Maradona». Come se fosse possibile. (Corriere del Mezzogiorno)