Nell’area del Parco del Cilento sono tornati i lupi. Uno studio della Federico II ne ha monitorati circa 20, ma aumenteranno
Ci sono i lupi sulle montagne della Campania e sono in discreto aumento. Lo dice una ricerca condotta dal Dipartimento di Biologia della Federico II, in collaborazione con il Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni. Ce ne parla il responsabile scientifico del progetto denominato «Lupo, conoscere per conservare», lo zoologo Domenico Fulgione. […]
Ci sono i lupi sulle montagne della Campania e sono in discreto aumento. Lo dice una ricerca condotta dal Dipartimento di Biologia della Federico II, in collaborazione con il Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni. Ce ne parla il responsabile scientifico del progetto denominato «Lupo, conoscere per conservare», lo zoologo Domenico Fulgione. I lupi sono crescita? «Sì. Si tratta di popolazioni molto interessanti, di circa 20 individui che vivono nei territori del Parco del Cilento, in collegamento con gli altri lupi dell’Appennino lucano e dei Picentini. Si muovono in branchi di 7-9 individui. Ben strutturati e riproduttivi. Ci sono anche soggetti in dispersione o solitari che vagano per creare un nucleo familiare. Si spostano molto e cacciano principalmente cinghiali. Sono un elemento prezioso dei nostri ecosistemi e sono meritevoli di un’assoluta tutela. Li studiamo da circa 5 anni e sono aumentati almeno un paio l’anno. Il presidente del Parco del Cilento, Tommaso Pellegrino, è molto sensibile a queste tematiche». Fulgione poi illustra le ragioni di questo incremento: «Aumentano i censimenti e ci accorgiamo di una specie che probabilmente non avevamo censito adeguatamente prima. Ma è anche vero che i lupi, come molte altre specie del piano montano e collinare, risentono dell’abbandono da parte dell’uomo di questi ambienti. Un aumento così consistente da poter essere preoccupante? Non da meritare un controllo demografico. Il lupo è un predatore che occupa i vertici della piramide alimentare, difficilmente evidenzia incrementi incontrollati». E con gli allevatori e con chi teme di essere sbranato come la mettiamo? «Dai nostri dati l’attenzione del lupo verso la fauna domestica è piuttosto limitata. Loro si nutrono di cinghiali, caprioli. Se poi un lupo mangia una capra, io penso sia un costo che debba essere tenuto in conto. Certo non a carico del povero allevatore. È necessario prevedere risorse, basti pensare che il Parco Nazionale del Cilento indennizza i danni da parte di canidi, riferibili al lupo, con delle somme che risarciscono gli allevatori che hanno perso capi di bestiame. Riguardo il pericolo di essere sbranati, mi sembra una possibilità molto remota. Il lupo, come gli altri animali selvatici, ci percepisce a distanze elevate, ha un senso dell’olfatto e un udito molto sviluppati e ciò fa sì che si allontani non appena avverte la nostra presenza. Bisogna comunque fare attenzione quando ci si muove in ambienti selvatici, come in tutte le cose». Che futuro ha la popolazione che state monitorando? «Almeno nel territorio del Cilento è destinata ad una lenta e graduale crescita fino al raggiungimento della sua massima dimensione, poco oltre i 30 soggetti. Purché non sia contrastata da azioni di bracconaggio e sia garantita la comunicazione con le popolazioni limitrofe per uno scambio di geni che assicurino buoni livelli di diversità. In caso contrario ci potrebbe essere il rischio di un’estinzione locale». Ma tutte queste informazioni e dati dove sono raccolti? «Il Parco Nazionale del Cilento, in collaborazione con il Dipartimento di Biologia della Federico II, sta varando il primo Rapporto lupo 2017, che a breve sarà dato alle stampe e divulgato». (Corriere del Mezzogiorno)