Salerno. All’orizzonte non si vedono iniziative estive capaci di attirare visitatori né strutture adeguate
In tempi non sospetti l’aveva intuito Alfonso Gatto quando, con la dolce malinconia che gli derivava dalla condizione di «poeta con la valigia», sintetizzava in una manciata di versi la sua città natale: “Salerno, rima d’inverno / o dolcissimo inverno / Salerno, rima d’eterno”. Ebbene oggi l’inverno salernitano è diventato ancora più dolce e fa […]
In tempi non sospetti l’aveva intuito Alfonso Gatto quando, con la dolce malinconia che gli derivava dalla condizione di «poeta con la valigia», sintetizzava in una manciata di versi la sua città natale: “Salerno, rima d’inverno / o dolcissimo inverno / Salerno, rima d’eterno”. Ebbene oggi l’inverno salernitano è diventato ancora più dolce e fa rima con le Luci d’artista, la felice e dispendiosa intuizione dell’ex sindaco De Luca che ogni anno, nel periodo a ridosso delle festività natalizie, richiama decine di migliaia di visitatori che, per restare in tema di ermetismo, s’illuminano d’immenso. Tanto è il clamore di quei giorni abbacinanti, spesso forieri di ingorghi persino pedonali, quanto la depressione di tutto il resto dell’anno di una comunità che ha perso il senso dell’appartenenza sociale e culturale. Nonostante l’attivismo del Comune, che pure dispensa patrocini e, quando può, piccole sovvenzioni ad operatori privati, non si è riusciti in oltre 10 anni ad individuare l’equivalente estivo di Luci d’artista. Un vulnus che meriterebbe approfondimenti di studio tanto più se si considera che in quanto città di mare Salerno è vocata specialmente al turismo estivo. E invece il massimo delle frequentazioni si limita al «mordi e fuggi» dei vacanzieri diretti a nord, verso la Costiera amalfitana, o a sud, nell’incontaminato e selvaggio Cilento. Una volta, fino a metà anni ‘90, c’era un cartellone qualificato di eventi, Viva l’Estate, che richiamava in città l’appassionato di blues o il patito di jazz sicuro di non prendere fregature. Di quella stagione d’oro sono sopravvissuti solo il Premio Charlot e il Teatro dei Barbuti. Troppo poco. Una volta, e siamo in tempi più recenti, a Salerno attraccavano i colossi della crocieristica Msc e Costa. Alcune navi addirittura partivano dal molo Manfredi, innalzando così l’asticella di quella «vocazione» turistica che purtroppo ad oggi è rimasta tale. I problemi strutturali del porto, legati a quelli dell’accoglienza non sempre da manuale, hanno convinto i grandi armatori ad investire altrove. Sull’aeroporto Costa d’Amalfi, poi, meglio stendere un velo pietoso. Cosa rimane allora? Alcune buone idee qua e là che meriterebbero di essere sistemate in rete. Nei giorni scorsi sono stati diffusi i dati di quello che il Comune ha definito «un week end da record» a cavallo tra i ponti del 25 aprile e del 1 maggio, complice anche la concomitanza di eventi come la Fiera del Crocifisso Ritrovato e Vinarte e l’avvio della stagione lirica del teatro Verdi con la Carmen di Bizet. Numeri importanti sono stati rilevati al Giardino della Minerva, al complesso di San Pietro a Corte, al Museo Archeologico Provinciale e alla Cattedrale. Rendere stabile questa capacità di attrazione è la sfida da affrontare con determinazione per stare al passo con chi il turismo lo fa sul serio. (Corriere del Mezzogiorno)