Ma il tom tom a cosa gli serve? Casa e campo, perché la vita è questa, è una diagonale dietro l’altra che spinga al di là di qualsiasi ingorgo, è una sovrapposizione per evitare il caos, è un modo per ridurre le distanze ed ignorare qualsiasi ipotetico inconveniente. La Napoli di Sarri è a Lago Patria, una decina di minuti (ma esagerando) dal suo habitat naturale ch’è rettangolare, perché nel villino che adesso ospita anche Ciro, il maremmano-vagabondo che un mattino (alla vigilia di Champions con la Dinamo Kiev, dopo un allenamento), si lasciò andare alle ciance e lo conquistò, c’è quello ch’è utile: la parabola per vedere le partite (quelle che hanno un senso professionale), il giardino per starsene un po’ fuori a fumare tranquillamente, quando arrivano sua moglie e suo figlio, soprattutto la brezza marina e, all’orizzonte, il Centro Sportivo, nel quale si entra presto e si esce soltanto quando ormai c’è soltanto da riordinare le idee sviluppate nel proprio ufficio, la residenza ufficiale sua e dello staff.
SOBRIETA’. La privacy è sacra (avete mai visto foto social?) e la riservatezza, dunque, prioritaria: Sarri mangia spesso in casa, raramente al ristorante (il preferito, praticamente l’unico che frequenti, è il Maroder, che si trova nel territorio di Giugliano, ma sempre a portata di macchina), lascia che sia Alessandro Pellegrini (l’amico-manager) a twittare, è un romantico che alla domenica sera va su Televideo e s’informa di tutte le sue ex squadre, dice di non leggere i giornali (però ovviamente sa tutto ciò che si dice), si concede distrattamente la tv, ha smesso di leggere con l’avidità del passato – perché il tempo si va restringendo – non ama gli aerei, neanche adesso che è costretto a servirsene frequentemente, dovendo girare l’Europa, e con la cravatta non ha un rapporto diretto, né eccessivamente confidenziale. Gli basta una tuta ma soprattutto un pallone: là dentro c’è un mondo.