Vallo della Lucania. La Corte d’Appello conferma l’ergastolo per il dirigente postale Cammarosano accusato dell’omicidio del barbiere Novelli

24 maggio 2017 | 18:20
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Vallo della Lucania. La Corte d’Appello conferma l’ergastolo per il dirigente postale Cammarosano accusato dell’omicidio del barbiere Novelli

Vallo della Lucania. Dal dispositivo di condanna scompare l’aggravante dei futili motivi, che era stata rinvenuta dai giudici di primo grado, ma anche per la Corte d’Assise d’appello non vi è alcun dubbio che a uccidere il barbiere Carmine Novelli sia stato Pasquale Cammarosano, ex direttore dell’ufficio postale della frazione Massa per il quale è […]

Vallo della Lucania. Dal dispositivo di condanna scompare l’aggravante dei futili motivi, che era stata rinvenuta dai giudici di primo grado, ma anche per la Corte d’Assise d’appello non vi è alcun dubbio che a uccidere il barbiere Carmine Novelli sia stato Pasquale Cammarosano, ex direttore dell’ufficio postale della frazione Massa per il quale è stata confermata ieri la condanna all’ergastolo. Era il 7 marzo del 2001 quando il cadavere di Carmine Novelli fu ritrovato sul ciglio di una strada di Moio della Civitella, rinchiuso in un sacco di quelli usati per le spedizioni postali. Nel corso delle indagini i carabinieri constatarono che dal conto corrente postale della vittima erano spariti circa 142 milioni di lire, equivalenti a 73.000 euro, ma a Cammarosano si arrivò solo nel 2010, quando le sue impronte digitali furono confrontate con quelle rinvenute dai militari del Ris di Roma sui sacchi di plastica che contenevano il cadavere di Novelli. L’ex dirigente delle Poste era stato arrestato otto mesi prima per gli ammanchi sui conti di alcuni correntisti. Secondo la Corte d’Assise, che lo ha condannato in primo grado, l’omicidio fu commesso perché Novelli si era accorto del raggiro e avrebbe voluto presentare denuncia. Se questo movente ha retto in Appello lo si saprà con certezza tra novanta giorni, quando i giudici depositeranno le motivazioni della sentenza. Intanto ieri hanno confermato la condanna all’ergastolo che lascia Cammarosano in carcere, dove è detenuto dal 16 maggio dello scorso anno, giorno della sentenza di primo grado. Non sono bastate le argomentazioni dei difensori Felice Lentini e Anacleto Dolce, secondo cui la cosiddetta prova regina (quella delle impronte digitali) sarebbe stata fallace. I legali avevano depositato gli esiti di una consulenza tecnica che ha rilevato sul quel bustone impronte palmari non riconducibili all’imputato, lasciate secondo la difesa da un’altra persona che avrebbe sollevato l’involucro con il corpo senza vita di Novelli e ne sarebbe stato il vero assassino. I segni delle dita di Cammarosano, ritrovati sui bordi del sacco, venivano spiegati con la sua attività nell’ufficio postale, perché ogni sera avrebbe messo i sacchi fuori e chiunque avrebbe potuto prenderli. Una ricostruzione che non ha convinti i giudici di primo grado e che ieri è stata smentita anche dalla sentenza della Corte d’Assise d’appello, che ha confermato l’ergastolo. (La Città)