Martedì 6 giugno, nella Chiesa di Santa Apollonia, alle ore 20, settimo appuntamento del Festival di Musica da Camera del Conservatorio Giuseppe Martucci con il quattro mani di Armando Sabbarese e Giuseppe Carmine Atorino Di OLGA CHIEFFI Martedì 6 giugno, nella Chiesa di Santa Apollonia alle ore 20, settimo appuntamento in cartellone della IV edizione […]
Martedì 6 giugno, nella Chiesa di Santa Apollonia, alle ore 20, settimo appuntamento del Festival di Musica da Camera del Conservatorio Giuseppe Martucci con il quattro mani di Armando Sabbarese e Giuseppe Carmine Atorino
Di OLGA CHIEFFI
Martedì 6 giugno, nella Chiesa di Santa Apollonia alle ore 20, settimo appuntamento in cartellone della IV edizione del Festival di Musica da Camera, promosso dal Conservatorio Statale di Musica “G.Martucci” di Salerno e ideato dalle docenti del dipartimento di musica da camera Anna Bellagamba e Francesca Taviani. Unico strumento sulla scena il pianoforte che ospiterà il duo composto da Armando Sabbarese e Giuseppe Carmine Atorino. I due pianisti daranno vita a Le Carnaval des animaux di Camille Saint Saens. Nella sua lunga vita e carriera professionale Saint-Saëns ha scritto centinaia di composizioni e molta musica a soggetto teatrale. “Il carnevale degli animali” fu composto nel 1886 durante un periodo di riposo a Vienna e fu eseguito privatamente nel 1887, per la festa del martedì grasso. Saint-Saëns ne aveva vietato l’esecuzione in pubblico lui vivente, ad eccezione del brano “Il cigno”, rivelatosi presto un grande successo e destinato a diventare il simbolo del nuovo balletto russo nella coreografia di Michel Fokine (1905). La première fu quindi il 26 febbraio 1922, trentasei anni dopo la creazione dell’opera e a un anno dalla morte del compositore. Scritto come scherzo musicale, Il carnevale degli animali divenne noto per i suoi toni umoristici e canzonatori. I 14 brani, tutti molto brevi, ritraggono ciascun animale attraverso una raffinata scelta timbrica e una sapiente orchestrazione. Non mancano riferimenti dichiaratamente satirici e ironici al mondo musicale come nella grottesca raffigurazione dei pianisti o dei critici musicali (personaggi dalle lunghe orecchie). La comicità del brano è data da citazioni esplicite di brani o motivi di celebri musicisti (Offenbach, Berlioz, Rossini). La “Introduction et Marche Royale du Lion”, apre la fantasia, con seriosità marziale interrotti dai gravi ruggiti cromatici. “Poules et Coqs” seleziona i pianoforti per una raffigurazione onomatopeica. La didattica si affaccia in “Hémiones (animaux véloces)”, dove scale e arpeggi hanno il sapore dello studio. In “Tortues” troviamo la citazione del celebre can-can dall’Orfée aux enfers di Offenbach, sul sostegno del primo pianoforte, con un tempo “da tartaruga”, come si suol dire. La “Danza delle silfidi” dalla Damnation de Faust di Berlioz e l’aereo scherzo dal Sogno di una notte di mezza estate di Mendelssohn vengono appesantiti dal contrabbasso che, accompagnato dal secondo pianoforte, suona “L’Eléphant”. I salti delle due tastiere si alternano in “Kangourous”. L’armonia cromatica e una timbrica perfetta, gli arpeggi dei pianoforti con “una corda”, creano l’ambientazione spaziale di “Aquarium”. Il pianoforte riprodurrà, quindi, i due violini si alternano nei grandi salti dei “Personnages à longues oreilles”. Ed ecco un altro stereotipo romantico, con “Le Coucou au fond des bois”, dove in primo piano sono gli accordi misteriosi dei due pianoforti (una corda) e, fra le quinte, un martellante intervallo caratteristico. E non meno stereotipate sono le volatine e i rincalzi dei pianoforti, in “Volière”. Fra i tanti animali non mancano i “Pianistes”, che mettono in berlina gli esercizi meccanici, goffamente eseguiti, dei principianti, ogni volta ascendendo di un semitono, con i secchi accordi degli archi. Quanto ai “Fossiles”, è in questo “Allegro ridicolo” che vengono inserite le citazioni più cospicue, ironiche e autoironiche, con la Danse macabre dello stesso Saint-Saëns, le canzoni popolari J’ai du bon tabac, Ah! Vous dirai-je, maman, Partant pour la Syrie, nonché la cavatina della “vipera” dal Barbiere di Rossini. Il brano più celebre è però “Le cygne”; il delicatissimo accompagnamento dei due pianoforti fa nell’originale da sfondo a una melodia lunga e levigatissima, suadente, del violoncello, tutta giocata sulla linearità e sulla capacità di rinviare da semifrase a semifrase l’atteso riposo. Dopodiché, il “Final” è un galop in cui riaffiorano lacerti provenienti da tutta la fantasia, in un carosello sintetico e brillantissimo. A chiudere la serata Trois mouvementes de Pètrouchka di Igor Stravinskij, in una trascrizione di Michela Trovajoli. Tre i pezzi virtuosistici del celebre balletto, La Danza Russa e Presso Petroucka, il cui trasferimento al pianoforte non presentava gravi difficoltà. Molto difficile, infine risulta la trascrizione del terzo e più ampio quadro del balletto, La settimana grassa, pezzo di complessa polifonia e di colori sgargianti.
Ospite di questa IV edizione del festival sarà il 7 giugno, il Quartetto Felix. Per il pubblico di Studio Apollonia gli strumentisti hanno scelto il Brahms del Quartetto in Do Minore op.60, in cui si può vedere una summa della sua arte nella sua piena maturità, che non abbandona mai completamente gli schemi classici ma se ne allontana in continuazione, per seguire la libera fantasia o l’emozione del momento, e unisce senza sforzo apparente la foga giovanile e la completa maestria della scrittura, posseduta in sommo grado a poco più di quarantanni d’età, e il William Walton del Quartetto in Re Minore, un’opera vivace e comunicativa, riferibile a modelli autoctoni quali Elgar, Delius e Vaughan Williams.