Bloccato il mega concorso per assistenti giudiziari. Ricorso di una donna albanese: «Esclusi i non italiani»

2 giugno 2017 | 18:30
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Bloccato il mega concorso per assistenti giudiziari. Ricorso di una donna albanese: «Esclusi i non italiani»

Era come se tutto il Molise, scriveva il giornalista Luigi Ferrarella, si fosse iscritto al concorso per cancellieri di tribunale. Paragone azzeccatissimo per descrivere la marea di candidati che ha dovuto affrontare la commissione d’esame chiamata ad assegnare gli 800 posti da assistente giudiziario che il ministero della Giustizia aveva bandito dopo vent’anni. Di domande, […]

Era come se tutto il Molise, scriveva il giornalista Luigi Ferrarella, si fosse iscritto al concorso per cancellieri di tribunale. Paragone azzeccatissimo per descrivere la marea di candidati che ha dovuto affrontare la commissione d’esame chiamata ad assegnare gli 800 posti da assistente giudiziario che il ministero della Giustizia aveva bandito dopo vent’anni. Di domande, infatti, ne erano arrivate 308.468: un numero che fino al 23 maggio scorso ha trasformato la nuova Fiera di Roma — dove si sono tenute le prove — in una specie di girone dantesco. Dal quale, però, erano stati esclusi i cittadini non italiani: il che ha provocato un pasticcio, tale da costringere il ministero a sospendere il concorso. È successo che una signora albanese poco più che trentenne, Mehillaj Orkida, ha fatto ricorso contro il requisito della cittadinanza italiana previsto dal bando. Non da sola, ma insieme a una onlus che si chiama L’Altro Diritto, il cui comitato scientifico è composto da una lunga sfilza di giuristi di varie università. La causa è finita al giudice del lavoro di Firenze Stefania Carlucci che sabato 27 maggio ha dato loro in qualche modo ragione, intimando al ministero di Giustizia di riammettere al concorso (sia pure con riserva) Orkida, ma anche i candidati comunitari e quelli non comunitari in regola con i permessi. E ordinando pure la sospensione del concorso, testualmente, «sino alla conclusione del giudizio di merito in modo da permettere ai cittadini comunitari e agli stranieri rientranti in una delle categorie previste dall’articolo 38 del decreto legislativo 165/2001 di essere rimessi in termini per la presentazione della domanda e partecipare con riserva al concorso». Questa vicenda sfiora curiosamente una storia ben più nota alle cronache di questi giorni, culminata nella bocciatura inflitta dal Tar del Lazio alle nomine dei direttori dei musei fatte dal ministero dei Beni culturali di Dario Franceschini. Fra queste c’è anche quella dell’austriaco Peter Assman al Palazzo ducale di Mantova, con la motivazione che quello stesso articolo 38 del decreto 165 citato nella sentenza favorevole all’albanese Orkida stabilisce che i cittadini dell’Ue possono accedere ai posti della pubblica amministrazione a patto che ciò non implichi «esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri» o che non impatti con la «tutela dell’interesse nazionale». Nella causa di lavoro intentata dalla cittadina albanese il ministero della Giustizia si è opposto ricordando che un decreto di palazzo Chigi del 1994 stabilisce che per posti come quelli nel settore giudiziario non si può prescindere dalla cittadinanza italiana. Tanto più perché il famoso decreto 165 stabilisce il principio della «tutela dell’interesse nazionale». Una tesi che però il giudice del lavoro di Firenze ha smontato, argomentando che il vincolo della cittadinanza italiana stabilito nel 1994 e applicato ai cancellieri dei tribunali non pare compatibile con la giurisprudenza comunitaria e con la nozione restrittiva che presuppone l’esercizio di pubblici poteri». Ma c’è di più. Perché il giudice del lavoro considera necessario, a questo punto, valutare «in concreto e non in astratto» se un determinato posto pubblico costituisca o meno esercizio di pubblici poteri: tenendo presente che «le norme della Corte di giustizia» europea «prevalgono sulle norme nazionali contrastanti ». Proprio uno dei cardini, questa considerazione, su cui è articolato il ricorso al Consiglio di stato presentato dal ministero dei Beni culturali contro la sentenza del Tar sulle nomine ai musei. (Corriere della Sera)