Il giallo di Pietro, il 23enne sardo ucciso a casa sua a Londra dove lavorava. Forse aveva sorpreso un ladro
Il tam tam sul gruppo WhatsApp degli amici storici, una decina in tutto, è cominciato ieri pomeriggio alle quattro. «Avete sentito Pietro?». Hanno provato a scrivergli dei messaggi, sperando che rispondesse come le altre volte, sempre felice ed entusiasta della vita londinese. Come quando era salito di livello nel posto in cui lavorava: «Non devo […]
Il tam tam sul gruppo WhatsApp degli amici storici, una decina in tutto, è cominciato ieri pomeriggio alle quattro. «Avete sentito Pietro?». Hanno provato a scrivergli dei messaggi, sperando che rispondesse come le altre volte, sempre felice ed entusiasta della vita londinese. Come quando era salito di livello nel posto in cui lavorava: «Non devo più portare i pacchi!». O come quando mandava i «pezzi» che aveva creato, brani mixati per la discoteca, per avere il parere del gruppo: «Sentite questo!». Amici storici. Quelli del liceo scientifico Enrico Fermi di Nuoro, uno zoccolo duro che non si era mai perso di vista. Classe 1994. Era nato il 19 marzo, aveva tutta la vita davanti. Fino a ieri. Pietro Sanna si era trasferito da un paio d’anni a Londra per raggiungere il fratello Giomaria, «Giommi», anche lui tra i tanti sardi che lasciano l’isola per trovare lavoro e imparare una lingua all’estero. Una destinazione quasi obbligata, grazie alla presenza delle compagnie low cost. Con l’idea di tornare, quella c’è sempre, perché nessun sardo lascia mai l’Isola per sempre. La famiglia di Pietro e Giommi era formata da imprenditori nel ramo del turismo: il padre, Piergraziano, è titolare dell’Hotel Scintilla a San Teodoro, località di mare a una trentina di chilometri da Olbia. È stato lui a ricevere ieri la telefonata peggiore per un genitore: «Pietro e morto». È partito subito, anche senza aspettare la conferma ufficiale, anche se a un certo punto non riusciva più a parlare con Giommi e il suo cellulare squillava a vuoto. Fino a ieri sera Scotland Yard è stata molto prudente nel fornire dettagli sulla dinamica del delitto. Pietro è stato accoltellato a morte, una delle ipotesi è che abbia sorpreso un ladro nella sua casa: da lì la colluttazione e i colpi mortali. Gli amici adesso rispondono al telefono in lacrime. «Non può essere successo, non a lui che era il più buono di tutti, non aveva mai fatto male a una mosca, scherzava sempre», dice Paolo, ex compagno del liceo. «Ci siamo sentiti da poco, sarebbe ritornato d’estate per le vacanze, ci saremmo rivisti presto». E aggiunge: «Era contento, lavorava, stava bene, non era preoccupato di nulla. Neppure gli attentati lo avevano spaventato, era tranquillo». Giulio, un altro amico, lo ricorda come «una persona unica», soprattutto «buona». Pietro non era fidanzato, ma lo aspettavano tutti gli amici. Giomaria ieri è stato sentito a lungo dalla polizia inglese, chi è riuscito a parlarci ha detto che era sconvolto. Poco più grande di Pietro, nato ad agosto del ‘90, Giomaria aveva fatto da apripista a Londra, cominciando a lavorare come cameriere da Princi e poi cambiando datore di lavoro, in un’altra catena di «coffee & winebar». La morte di suo fratello, ancora senza spiegazioni, si aggiunge alle altre degli ultimi mesi in cui le vittime erano italiane: a maggio l’italo-egiziano Hosam Ali Eisa, 20 anni, immigrato con la famiglia dopo essere cresciuto a Mantova, accoltellato in un parcheggio di Romford; e poco prima Sinuhe Pianella, 31 anni, di Breda Piave (Treviso), ferito con un cacciavite. Anche allora si parlò di una rapina. (Corriere della Sera)