Le testimonianze dei salernitani che vivono a Londra: «Paura sì, ma anche voglia di continuare, senza odio»

5 giugno 2017 | 12:28
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Le testimonianze dei salernitani che vivono a Londra: «Paura sì, ma anche voglia di continuare, senza odio»

Nessun salernitano è rimasto coinvolto nell’attentato di Londra. A comunicarlo, attraverso un’applicazione apparsa su Facebook, sono tantissimi giovani e meno giovani che da anni vivono e lavorano nella capitale del Regno Unito. L’episodio di sabato ha molto scosso i nostri connazionali, ma in tanti si aggrappano a quella mentalità, tutta inglese, di superare la paura […]

Nessun salernitano è rimasto coinvolto nell’attentato di Londra. A comunicarlo, attraverso un’applicazione apparsa su Facebook, sono tantissimi giovani e meno giovani che da anni vivono e lavorano nella capitale del Regno Unito. L’episodio di sabato ha molto scosso i nostri connazionali, ma in tanti si aggrappano a quella mentalità, tutta inglese, di superare la paura e le avversità guardando avanti con pragmatismo. Certo vivere in una grande capitale comporta anche grossi rischi, ma la città, dicono i nostri connazionali, riprende la quotidianità con grande forza. Tra chi invece sembra essere rimasta molto scossa è Claudia Rigatuso, 39 enne sociologa di Battipaglia da anni nella capitale britannica e vive a pochi passi dal luogo dell’attentato e ogni giorno, per motivi di lavoro, attraversa il trafficatissimo London Bridge: «Vivere a Londra è diventato un incubo. Io vivo abbastanza vicino a quella zona. Ma sabato per fortuna ero già a casa perché ho avuto una giornata di lavoro davvero pesante. Questa situazione a Londra è diventata veramente insopportabile, invivibile. Ogni qualvolta entro in un pullman piuttosto che in metropolitana oppure attraverso una piazza affollata, sono costretta a vivere nel timore che possa succedere un attentato, nonostante ad ogni angolo di strada ci sono tantissimi poliziotti. Sabato notte ho sentito dal mio appartamento solo le sirene della polizia e delle ambulanze, poi ho visto tutto in tv e sui social network».. E poi il racconto di Mariavittoria Milanese, che vive tra Kingston e Chealsea: «Ero con degli ospiti a un festival molto famoso di musica elettronica. Siamo usciti di lì verso le 23, ho dato uno sguardo al cellulare e ho saputo quello che stava accedendo. Inizialmente, per strada, si parlava di un incidente, ma quando siamo arrivati alla stazione della metro i militari ci hanno informato che tutto era fermo per un attacco terroristico. Non c’era panico tra le persone, piuttosto ha prevalso il senso pratico degli inglesi che soprattutto si preoccupavano di trovare un modo per tornare a casa: io ho dovuto prendere due pullman e un taxi. Tra elezioni e inizio del Ramadan si aveva la percezione che fossimo in un periodo particolarmente caldo, ma i londinesi è almeno dal 2005 che cercano di gestire la loro quotidianità sapendo che sulle loro teste c’è una minaccia incombente. La zona colpita è particolarmente frequentata dai turisti ma tutti noi, per andare a lavorare oppure quando abbiamo ospiti, attraversiamo quartieri pieni di turisti che a Londra sono tanti, soprattutto nel fine settimana. Ma non ci si può fermare anche se non sai mai chi sarà colpito e quando. Forse è per questo che il giorno dopo nessuno, né al bar né al supermercato, parlava di quanto accaduto. È ovvio che si cerca di andare avanti, anche se non si vive nella tranquillità». «La vita è tornata alla normalità, anche se ci sono elicotteri e forze dell’ordine che continuano a presidiare cieli e strade» racconta Giuseppe Grotti, 32 anni da 10 a Londra. Nella zona dell’attentato «si avverte che la gente è impaurita – prosegue – le strade sono vuote, per me che lavoro in un grande albergo, sempre in movimento, fa effetto. La vedo dura, è tutto blindato». «Domenica l’aria già sembrava rilassata» racconta invece Simone Spagnolo, 32 anni da 13 a Londra dove lavora come docente di teatro musicale all’Università. «Sono andato al bar e come sempre, c’era tanta gente. Non ho sentito nessuno parlare dell’argomento. Insomma, apparentemente un giorno come un altro. La tendenza, qui a Londra, ormai l’ho capito – conclude – è quella di non inquinare il clima giornaliero da queste vicende». «Qui le persone hanno un modo diverso di pensare e di vivere anche queste brutalità – spiega Fabio Trotta, 38 anni dal 2011 a Londra – Non ci si lamenta, non ci si dispera, non si è mai disfattisti, si vive la quotidianità con estrema serenità, coscienti che potrebbe accadere qualsiasi cosa in un momento qualsiasi, ma con grande senso pratico». Quello di sabato è il secondo attacco a distanza di due mesi da quello a Westminster, «ma se oggi camminassi per Londra – aggiunge Trotta – non ti renderesti conto di nulla, la gente continua a svolgere la vita di sempre. È certamente vero, di quello che è accaduto ne parleranno i giornali e le televisioni, ma il lunedì si riprende il lavoro, tutto si butta alle spalle e si reagisce, evitando di cadere nello sconforto e nel dramma». «Quando vivi in metropoli come Londra impari anche a convivere con situazioni del genere, gli inglesi in questo sono maestri» è la testimonianza di Gianluca Farina, 33 anni, da quasi 3 anni a Londra. «Certamente – continua – il clima di tensione è più evidente nei giorni a seguire e, in effetti, la tensione si avverte. C’è da dire però, che c’è anche voglia di non fermarsi e farsi condizionare da fatti del genere. Gli inglesi, ma soprattutto i Londoners, riescono a reagire in modo razionale». «Londra è sempre stata una città fiorente e multiculturale e continuerà ad esserlo – commenta Sofia Lanzetta – Gli attacchi terroristici devastanti condotti non fanno breccia nel modello culturale e per quanto brutali, gli attacchi, non cambieranno i valori degli inglesi. Certo sono spaventata e preoccupata ma più per il futuro dei nostri figli e questo non per gli attentati ma per il governo, che al momento è molto discutibile». (La Città)