Morto il cardinale Ivan Dias, una vita per la Chiesa nel segno di Maria. Aveva 81 anni
E’ morto ieri al termine di una lunga malattia il cardinale Ivan Dias, 81 anni, una vita spesa a servizio della Santa Sede e della Chiesa indiana. Dias era nato a Bombay il 14 aprile 1936, in una famiglia originaria di Goa, con un padre alto funzionario dello Stato del Maharashtra. Dopo aver studiato in […]
E’ morto ieri al termine di una lunga malattia il cardinale Ivan Dias, 81 anni, una vita spesa a servizio della Santa Sede e della Chiesa indiana. Dias era nato a Bombay il 14 aprile 1936, in una famiglia originaria di Goa, con un padre alto funzionario dello Stato del Maharashtra. Dopo aver studiato in una scuola dei gesuiti era entrato in Seminario ed era stato ordinato nel 1958, a soli 22 anni. Dopo un breve apostolato nelle parrocchie era stato mandato a Roma a perfezionare gli studi. Era quindi entrato nella Pontificia Accademia Ecclesiastica, la fucina dei diplomatici vaticani, e nel 1964 aveva conseguito un dottorato in diritto canonico. Da lì l’inizio di un lavoro di respiro “planetario”: nel 1964 è impegnato a preparare il viaggio apostolico di Paolo VI a Bombay; tra il 1965 e il 1973 è segretario presso le nunziature apostoliche in Danimarca, Svezia, Norvegia, Islanda, Finlandia, Indonesia, Madagascar, Isola della Riunione, Isole Comore e Mauritius; tra il 1973 e il 1982 è capo sezione in Segreteria di Stato per l’Unione Sovietica e numerosi Stati del Patto di Varsavia, di Africa e Asia; tra il 1987 e il 1991 è pro-nunzio apostolico in Corea del Sud; dal 1991 al 1997 è nunzio in Albania (nel 1993 accoglie Giovanni Paolo II in uno storico viaggio apostolico in cui viene ricostituita la gerarchia cattolica nel Paese da poco uscito dal regime comunista). Nel 1996 viene nominato arcivescovo di Bombay, dove resta fino a quando Benedetto XVI, nel 2006, lo nomina prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, incarico che mantiene fino al 2011. La lunga esperienza internazionale, la provenienza da uno dei Paesi cruciali per il destino della Chiesa in Asia e soprattutto la fede vibrante, avevano reso Dias una figura di grande autorevolezza. Nel 2001, in un’intervista al mensile 30 Giorni, alla domanda «Che cosa è stato importante nella sua vocazione e tuttora nella sua fede?», il porporato aveva risposto senza esitazioni: «Per me, è stata la Madonna che mi ha attirato e afferrato… c’è la sua immagine anche sul mio anello episcopale. Inoltre, c’è stata la vita cristiana vissuta con impegno nella mia famiglia: i miei genitori mi hanno dato l’esempio da cui io sto ancora traendo benefici per la mia vita e la mia fede. Loro mi hanno fatto conoscere Maria come madre e maestra: essa era al centro della nostra famiglia ed era venerata con la recita in comune del santo Rosario ogni sera. Come accadeva in tante famiglie indiane, ogni giorno andavamo a Messa con la mamma». Amico di Madre Teresa di Calcutta, a cui lo legavano l’India ma anche la conoscenza di prima mano dell’Albania, Dias aveva trovato una consonanza profonda con san Giovanni Paolo II e con l’allora prefetto della Congregazione per la dottrina delle fede, Joseph Ratzinger. Non ultimo per la riaffermazione dell’«unicità e l’universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa» contenuta nella dichiarazione Dominus Iesus, a fronte di derive sincretiste che trovavano in India un terreno fertile. Sempre nel grande Paese asiatico aveva denunciato le crescenti persecuzioni anticristiane, mantenendo però sempre un’apertura al dialogo interreligioso – nel 2001 aveva promosso un incontro di pace a Bombay con i leader di diverse confessioni. Uomo di grande spessore culturale, si sentiva radicato nella fede del suo popolo, umile e semplice. Amava dire: «Dio non ha bisogno di molte parole, ma di molti testimoni». (Avvenire)