Nuova attribuzione per la scultura lignea di Sassano rappresentante la Madonna delle Grazie: è di Domenico Napolitano
Nel Vallo di Diano, a Sassano, nella chiesa parrocchiale di S. Giovanni Evangelista vi è conservata un’interessante e studiatissima scultura in legno policromato degli inizi del Cinquecento. Si tratta di un capolavoro assoluto. È una straordinaria “Madonna delle Grazie”, ora attribuita allo scultore Domenico Napolitano. L’opera fu restaurata nel 1990 in occasione della mostra “Il […]
Nel Vallo di Diano, a Sassano, nella chiesa parrocchiale di S. Giovanni Evangelista vi è conservata un’interessante e studiatissima scultura in legno policromato degli inizi del Cinquecento. Si tratta di un capolavoro assoluto. È una straordinaria “Madonna delle Grazie”, ora attribuita allo scultore Domenico Napolitano. L’opera fu restaurata nel 1990 in occasione della mostra “Il Cilento ritrovato. La produzione artistica nell’antica Diocesi di Capaccio”. Nella scheda di catalogo Francesco Abbate l’attribuì dubbiosamente allo scultore spagnolo Bartolomé Ordoñez, che agli inizi del Cinquecento, insieme a Diego de Siloe, aveva introdotto a Napoli la maniera artistica romano-fiorentina. L’opera di Sassano era stata pesantemente ritoccata e ridipinta, ma già nei saggi di pulitura, allora condotti, emerse la presenza di un fondo d’oro a “estofado”, quasi simile a un’analoga “Madonna in gloria” conservata a Maiori e attribuita nel 1950 da Ferdinando Bologna al poco conosciuto artista Domenico Napoletano (o Napolitano). La veste della Madonna, dopo il brillante restauro a cui è stata sottoposta l’opera, come scrisse Abbate, mostra un «raffinatissimo gioco decorativo sull’oro, nei rabeschi vegetali a “sangue di drago”, una lacca rara e assai costosa, e nella minuta decorazione ad “occhio di pavone”, condotta a mano, senza l’ausilio alcuno di punzoni, come dimostra l’assoluta irregolarità dei cerchietti». Una commissione di alto livello e dunque anche con un costo sicuramente esoso e un lungo lavoro, in termini sia di tempo che d’impegno tecnico- esecutivo. Solo un grande Maestro poteva condurre a termine un’opera così impegnativa e con risultati assai brillanti. Ma chi era quest’artista? Nel 1995, la studiosa Letizia Gaeta in un suo saggio sulla formazione di Giovanni da Nola, attribuì l’opera allo scultore Domenico Napoletano, la cui figura era stata delineata da Giovanni Borrelli e poi da Pane e da Abbate, un artista attivo a Napoli entro il primo decennio del XVI secolo nella chiesa di Sant’Eligio. Successivamente, la Gaeta riprese e sostenne l’idea dell’attribuzione a Domenico Napoletano, anche in considerazione del fatto che probabilmente la commissione dovette appartenere all’ambito dei feudatari Sanseverino, che possedevano proprietà sia a Napoli che nel Cilento e che quindi giustificano la presenza di un’opera di così alta qualità artistica anche in questa zona del Mezzogiorno italiano. Invece, lo storico dell’arte Riccardo Naldi, come ci informa la studiosa Rosa Romano, è «più propenso ad attribuirla all’ambito di Giovanni da Nola». Attualmente questa straordinaria opera d’arte è in mostra nel Museo Archeologico di Paestum, nell’ambito della mostra “Anteprima di Ritorno al Cilento” e sarà visitabile fino al prossimo 18 luglio. La scheda in catalogo, redatta da Rosa Romano, riporta la paternità della Madonna lignea di Sassano a Domenico Napolitano e anche il professor Abbate ha cambiato idea, scartando così l’ipotesi attributiva originaria allo spagnolo Ordoñez in favore dell’artista napoletano. La Madonna, in piedi, sorregge con la mano sinistra il Bambino benedicente. Tra il dito indice e il medio della mano destra stringe il capezzolo, appena sporgente dalla veste dorata, per far fuoriuscire del latte, che serve come rinfresco per alleviare le “scottature” delle anime che sono nel fuoco del Purgatorio. Il volto è leggermente inclinato sul lato destro e la veste è riccamente decorata con rabeschi a estofado e un lungo mantello ricade dal capo sulle spalle. Altissima è la qualità del modellato e la generale plasticità dell’intera figura. È un vero capolavoro d’arte. Iconologicamente esprime bene la spiritualità legata al culto mariano, che è forte e viva tra le nostre popolazioni meridionali. (La Città)