Omicidio Ravello, sentenza di primo grado: Enza Dipino condannata a 23 anni di carcere
Questa mattina i giudici presso la Corte d’Assise del Tribunale di Salerno hanno sentenziato, per quanto riguarda il primo grado di giudizio, la condanna a Enza Dipino: 23 anni di carcere. La donna, 55 anni, è stata ritenuta colpevole del delitto di Patrizia Attruia, per quello che è divenuto tristemente noto come Omicidio di Ravello. […]
Questa mattina i giudici presso la Corte d’Assise del Tribunale di Salerno hanno sentenziato, per quanto riguarda il primo grado di giudizio, la condanna a Enza Dipino: 23 anni di carcere. La donna, 55 anni, è stata ritenuta colpevole del delitto di Patrizia Attruia, per quello che è divenuto tristemente noto come Omicidio di Ravello. Il presidente del collegio Massimo Palumbo ha quindi, dopo una camera di consiglio di alcune ore, ufficializzato la condanna a 23 anni di carcere per la donna. Rigettata, quindi, la richiesta del PM Cristina Giusti che aveva chiesto l’ergastolo. Un anno dei ventitre di reclusione è stato aggiunto per il reato di occultamento di cadavere. I difensori hanno fatto sapere di presentare ricorso.
I fatti risalgono al marzo del 2015, quando venne rinvenuto il cadavere di Patrizia Attruia in una cassapanca di un appartamento di Ravello in Costiera amalfitana. La tesi della complicità di Lima è venuta fuori nel settembre scorso, quando il delle indagini preliminari Sergio De Luca illustrò la tesi che a quell’omicidio avesse partecipato anche il compagno della vittima appunto, Giuseppe Lima. Per questo il gip non ha accettò il rito abbreviato chiesto dall’imputato per l’accusa di falsa testimonianza e occultamento di cadavere, e restituì gli atti al PM Cristina Giusti perché formulasse un nuovo capo d’imputazione. «Il fatto è diverso da come contestato» si scrisse nell’ordinanza, sviscerando gli elementi investigativi che concorrono ad accusare Lima di concorso in omicidio. Le immagini dei filmati delle telecamere testimoniarono la sua presenza in casa al momento del delitto, le percosse ricevute dalla Attruia prima di essere stordita con gli ansiolitici e soffocata, mentre poi si discuteva su chi avesse potuto avere la forza necessaria per sollevare il corpo dell’Attruia e metterlo nella cassapanca dove è poi stato ritrovato.