Poca acqua, Napoli chiude le fontane pubbliche. Ma ogni giorno dalla Campania partono navi per rifornire Gaeta e il Sud Pontino
Napoli. È sempre più rara, complici i mutamenti climatici in atto e la scarsità di piogge, eppure se ne spreca quasi una goccia su due in Campania: il 45,8 per cento. È questa, infatti, la quantità di acqua che si perde lungo il percorso delle tubazioni che la portano dalle sorgenti ai rubinetti dei cittadini. […]
Napoli. È sempre più rara, complici i mutamenti climatici in atto e la scarsità di piogge, eppure se ne spreca quasi una goccia su due in Campania: il 45,8 per cento. È questa, infatti, la quantità di acqua che si perde lungo il percorso delle tubazioni che la portano dalle sorgenti ai rubinetti dei cittadini. Il dato è in un documento redatto qualche tempo fa da Palazzo Santa Lucia: la prefazione al Programma di Azione e Coesione 2014-2020. «La dispersione della rete di distribuzione idrica – si legge – è pari al 45,8 per cento». Il documento attribuisce a due fattori lo sperpero dell’acqua in Campania. Il primo: l’inefficienza delle rete di distribuzione. Il secondo: gli allacci abusivi. Entrambi chiamano in causa le responsabilità di chi – istituzioni e gestori delle reti acquedottistiche – non ha investito adeguatamente negli anni per evitare che le tubazioni diventassero colabrodo e per contrastare i ladri dell’acqua. Nonostante questo, però, la Campania «soccorre» altre aree del Paese. Il punto è stato fatto ieri dall’Osservatorio presso il ministero dell’Ambiente. «Già oggi 2.000 metri cubi al giorno di acqua vengono trasferiti con navi cisterna dal porto di Napoli al porto di Gaeta per integrare l’alimentazione dell’acquedotto a servizio del Sud-Pontino» recitava una nota. C’è, dunque, chi sta anche peggio in questo momento di grave siccità. «Il problema vero – sottolinea Walter Ganapini, che è stato assessore regionale all’Ambiente in una giunta Bassolino ed oggi dirige l’agenzia per la protezione ambientale dell’Umbria – è che gli enti gestori, siano multiutility o privati, comprimono le spese della manutenzione per percepire utili, che devono poi essere distribuiti sotto forma di dividendi. Perfino l’Emilia Romagna ha un tasso di dispersione idrica del 36%». C’è poi, prosegue il direttore dell’Arpa Umbria, «la questione della mancata separazione della rete delle acque potabili da quelle destinate ad altri usi. Servirebbero investimenti e risorse per adeguare le infrastrutture, ma è un nodo ineludibile». Lo raccontano le cifre, perché oggi nell’Italia sempre più assetata il 46,8 per cento dell’acqua è impiegata per usi agricoli, il 27,8% per usi civili (alimentazione e igiene), il 17,8 per cento per usi industriali, il 4,7 per cento per produrre energia, il 2,9 per cento per la zootecnia. Permane, intanto, la situazione di criticità in tutto il territorio della Campania, mentre la Protezione Civile regionale annuncia una nuova ondata di caldo, con temperature al di sopra dei valori medi stagionali e nessuna possibilità che arrivi la pioggia tanto attesa ed invocata. In alcuni Comuni, per esempio a Pozzuoli, la turnazione nell’erogazione dell’acqua è già scattata da giorni, almeno limitatamente ad alcuni quartieri. A Napoli ieri si è tenuta un’altra riunione per fare il punto della situazione. «Continua – riferisce il vicesindaco Raffaele Del Giudice – il monitoraggio avviato da una decina di giorni da Abc per verificare i punti di perdita ed eliminarli il più celermente possibile. Il tasso di dispersione idrico è intorno al trenta per cento. Nel frattempo è scattata la chiusura di tutte le fontane pubbliche non a riciclo». (Corriere del Mezzogiorno)