Salerno. Donna paralizzata. Inchiesta chiusa su due équipe di neurochirurghi del Ruggi: per il pm sbagliarono gli interventi

26 giugno 2017 | 17:42
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Salerno. Donna paralizzata. Inchiesta chiusa su due équipe di neurochirurghi del Ruggi: per il pm sbagliarono gli interventi

Salerno. Le due équipe del Ruggi che nel giugno del 2015 operarono in due interventi chirurgici la 51enne salernitana L.P., costretta da allora su una sedia a rotelle, avrebbero sbagliato entrambe. È la conclusione a cui sono giunti i consulenti della Procura, che dopo una precedente richiesta di archiviazione ha formulato adesso per i chirurghi […]

Salerno. Le due équipe del Ruggi che nel giugno del 2015 operarono in due interventi chirurgici la 51enne salernitana L.P., costretta da allora su una sedia a rotelle, avrebbero sbagliato entrambe. È la conclusione a cui sono giunti i consulenti della Procura, che dopo una precedente richiesta di archiviazione ha formulato adesso per i chirurghi un avviso di conclusione delle indagini che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio. Tra gli indagati c’è l’ex primario di Neurochirurgia Luciano Brigante, già sotto inchiesta per un presunto giro di mazzette con cui si sospetta che siano state aggirate le liste di attesa. Fu lui, nell’udienza camerale di marzo scorso in cui la donna si oppose all’archiviazione per tutti i 24 indagati, a sottolineare di avere eseguito il secondo intervento per salvare la vita della paziente, correggendo l’errore dei colleghi che avrebbero collocato su un’arteria sbagliata il clipper che doveva bloccare l’aneurisma. Il gip Stefano Berni Canani respinse la richiesta di archiviazione e assegnò al sostituto procuratore Roberto Penna quattro mesi per approfondire le indagini, ordinando di raccogliere la deposizione di Brigante e di integrare la consulenza medica con il parere di un neurochirurgo. Da questo approfondimento deriva ora l’avviso di conclusione delle indagini, che conferma l’assenza di responsabilità per gli anestesisti e i medici che seguirono ricovero e degenza di L.P. ma accusa i chirurghi di entrambe le operazioni. Secondo i consulenti proprio il secondo intervento, eseguito per salvare la vita della 51enne, potrebbe essere stato però determinante nel provocare l’ischemia che le ha tolto l’uso delle gambe. Tutto è iniziato nel giugno di due anni fa, quando la signora arrivò al Pronto soccorso di via San Leonardo con un aneurisma cerebrale e fu disposto l’intervento di neurochirurgia. In sala operatoria il clipper che doveva bloccarlo sarebbe stato collocato in un punto sbagliato, leggermente più in basso, con il risultato di arrecare più danni che benefici. Nelle successive 48 ore le condizioni della paziente andarono peggiorando, finché i medici (in particolare Brigante) non si resero conto che nel primo intervento qualcosa era andato storto e decisero di operarla di nuovo. Che quel secondo ingresso in sala operatoria potesse essere il rimedio a un errore, L.P. lo ha capito soltanto dopo essere stata dimessa, dopo tredici giorni di terapia intensiva e un mese di ricovero. Al ritiro della cartella clinica ha notato l’anomalia e ha presentato denuncia. Agli inquirenti l’avvocato Angela Cisale ha consegnato la consulenza di un neurochirurgo in cui si spiega che l’angiotac avrebbe rivelato l’erronea collocazione del meccanismo che doveva impedire l’afflusso di sangue nella zona dell’aneurisma e che a quello sbaglio sarebbe collegata l’ischemia invalidante. Il medico legale interpellato dalla Procura era stato di parere opposto, ma adesso la nuova consulenza ha aperto altri scenari e messo sotto accusa sia i medici del primo intervento che i colleghi che eseguirono il secondo. Spetterà a loro, nei prossimi venti giorni, presentare memorie difensive o chiedere di essere interrogati per fornire chiarimenti. Poi la Procura potrà formulare la proposta di rinvio a giudizio, chiedendo che sia un processo a spiegare perché, e per colpa di chi, una donna di 51 anni non possa più camminare. (La Città)