Sentenza d’appello sull’omicidio di Ciro Esposito, pena ridotta a 16 anni, la mamma: ”Mio figlio ucciso un’altra volta”
28/06/2017 – Ha il tono composto di chi tiene il dolore stretto in petto, come una pena da scontare in solitudine. Il tono della sconfitta, ma una sconfitta incassata con un onore pari soltanto all’amarezza. Anche se tre anni dopo lo strazio si rinnova, ti aggredisce alle spalle e ti pugnala una volta ancora. «Sono molto […]
28/06/2017 – Ha il tono composto di chi tiene il dolore stretto in petto, come una pena da scontare in solitudine. Il tono della sconfitta, ma una sconfitta incassata con un onore pari soltanto all’amarezza. Anche se tre anni dopo lo strazio si rinnova, ti aggredisce alle spalle e ti pugnala una volta ancora. «Sono molto delusa», risponde con un soffio di voce Antonella Leardi, che il 24 giugno del 2014 ha perso il suo Ciro dopo una serata in cui la follia ha fatto da macabro antipasto allo sport. «Mio figlio è stato ucciso per l’inerzia dello Stato. Quel fallimento oggi si è rinnovato», sospira la madre di Ciro Esposito, il ragazzo ferito a morte nei pressi dello stadio Olimpico di Roma a poche ore dall’inizio della finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina.Signora Leardi, la riduzione di pena per Daniele De Santis è una manata di sale su una ferita ancora aperta. «Io ho sempre chiesto giustizia, ma oggi sono inorridita. Invece di lenire il dolore, hanno dato un’altra coltellata a me e a mio figlio. Anche se in un certo senso ce l’aspettavamo».Che vuol dire?
«Abbiamo sempre percepito questo velo di protezione intorno a De Santis, che è un brutto personaggio come è brutta la politica estremista che lo protegge».
Crede davvero che quell’estremismo sia in grado di condizionare i giudici?
«Io so solo che già l’anno scorso avevamo immaginato che al processo di appello quella pena sarebbe stata ridimensionata. Stranamente, è andata così. Ma non ci dimentichiamo della giustizia divina, che è molto più potente di quella che oggi ci ha delusi. Una giustizia inappellabile e incorruttibile».
Intanto, si sente tradita da quella umana?
«Sì. De Santis è colpevole di omicidio volontario. 26 anni sarebbero stati pochi comunque: come diceva il pm Albamonte, dovevano dargli l’ergastolo. Ma almeno sarebbero stati sufficienti per far riflettere l’assassino sul crimine che ha compiuto».
De Santis è stato assolto dal reato di rissa, di conseguenza è venuto meno l’aumento per la recidiva.
«Certo che non c’è stata rissa: ha sparato subito. Ma resta il fatto che quella sera si è scagliato contro un autobus, sparando anche contro altre persone. Dovrebbe rappresentare un’aggravante, invece non è stato accusato di tentata strage e neanche di tentato omicidio. Questo è molto grave».
A volte la giustizia può essere diseducativa?
«Per questo caso ci voleva una pena esemplare. Non c’è stata, dunque non c’è stato il monito nel quale speravo. In qualche modo l’omicidio è stato giustificato. Non dico che questa sentenza incoraggia i tifosi violenti, ma certamente non li scoraggia».
I legali di De Santis dicono che è stato affermato «un principio di chiarezza» attorno ad una vicenda «molto condizionata dal clamore mediatico». Lei che cosa pensa di queste parole?
«Al posto loro mi vergognerei a pronunciarle. Ma i legali di De Santis sono peggio di lui: avevano invocato la legittima difesa, questo dice tutto. Quanto al clamore mediatico, è nato intorno ai video e agli audio che a loro discapito ci sono e provano come sono andati i fatti. D’altra parte, l’avvocato del diavolo non può avere rispetto di nessuno».
La vicenda di suo figlio ha almeno insegnato qualcosa al mondo del tifo, allo Stato, alla collettività?
«Forse è servito il mio esempio di mamma e soprattutto di cristiana, per dimostrare che si può andare avanti anche dopo una tragedia così grande. In questi anni ho avuto tante manifestazioni di affetto e tante persone che mi vogliono bene tuttora mi sono vicine. Questo è importante. Ma lo Stato è molto lontano dal prendere provvedimenti seri contro certi comportamenti violenti».
Si parla già di manifestazioni contro questa riduzione di pena: lei, nel caso, parteciperà?
«Credo proprio di no. Io volevo giustizia, le polemiche e le proteste non mi interessano. Anche alla lettura della sentenza, come sempre, ho reagito con contegno. La mia dignità vale molto più di qualsiasi cosa. E poi sono per le cose costruttive, non per quelle distruttive. Nella mia vita hanno distrutto già troppo, non ho voglia di inasprire ulteriormente gli animi. Le asprezze ce le portiamo dentro».
Ha ancora fiducia nella giustizia?
«Sinceramente, no».
(FONTE: IL MATTINO)