Al Mondiale di Lipsia Italia medaglia d’oro nel fioretto femminile. Sciabola maschile di bronzo

25 luglio 2017 | 18:37
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Al Mondiale di Lipsia Italia medaglia d’oro nel fioretto femminile. Sciabola maschile di bronzo

Imbattute e imbattibili. Con la squadra «next generation» del cosiddetto Dream Team delle pedane. Fioretto femminile, forse? Certo. Arriva la medaglia d’oro nel Mondiale di Lipsia, che nella giornata d’avvio delle prove a squadre consegna all’Italia anche il bronzo degli sciabolatori, ma è un trionfo che va addirittura oltre la tradizione. Arianna Errigo, AliceVolpi – […]

Imbattute e imbattibili. Con la squadra «next generation» del cosiddetto Dream Team delle pedane. Fioretto femminile, forse? Certo. Arriva la medaglia d’oro nel Mondiale di Lipsia, che nella giornata d’avvio delle prove a squadre consegna all’Italia anche il bronzo degli sciabolatori, ma è un trionfo che va addirittura oltre la tradizione. Arianna Errigo, AliceVolpi – le due semideluse del torneo individuale («solo» bronzo e argento, rispettivamente) – Camilla Mancini, 23 anni e il piglio dell’esordiente che si sente già un po’ veterana, e Martina Batini, la meno in palla ieri ma anche una da perdonare perché resta una colonna del quartetto, con il titolo iridato hanno concluso una stagione senza macchia e senza sconfitte. Prime sempre, sia che di mezzo ci fossero russe, francesi o, come nella finale di Lipsia, le statunitensi. Prime nella Coppa del Mondo, poi a giugno nell’Europeo e ora sulle pedane iridate, dove si è consumato il massacro delle avversarie: 20 punti di scarto alle giapponesi nei quarti, 21 alle tedesche in finale, 20 alle yankee. Una legge spietata, che non fa differenze. «Siamo e sono felicissima – dice Arianna Errigo – Sono in squadra dal Mondiale 2009 e non mi era mai capitato di fare il percorso netto. Chiudiamo in bellezza una grande stagione: ci siamo riprese il titolo europeo e, adesso, quello del mondo». È il quarto in cinque anni. Ed è già cancellata la cesura del 2016, quando a Rio de Janeiro, in primavera e nell’impianto dei Giochi, le russe detronizzarono le azzurre nel campionato iridato che surrogava la mancanza della prova a squadre del fioretto femminile nel programma olimpico. Certo, alcune nazioni di punta, Russia in primis, hanno ringiovanito i ranghi. Ma anche l’Italia ha cambiato: dopo l’addio definitivo di Valentina Vezzali si è fermata pure Elisa Di Francisca, che in questi giorni darà alla luce Ettore, il suo primogenito. I posti lasciati dalle due super veterane sono stati occupati da chi, alle spalle, spingeva avendo già la qualità per emergere. Ma l’aspetto interessante è che nemmeno i vari Dream Team che avevano preceduto questa edizione rivista e aggiornata erano approdati al Grande Slam: salvo verifiche, l’imbattibilità in una stagione non era appartenuta nemmeno alle formazioni guidate dalla Vezzali. «La stanchezza – dice Alice Volpi – si è fatta sentire; ma non abbiamo mai mollato, ci siamo meritate questo titolo». Il medagliere si rimpolpa: sette medaglie, con due ori. E non è finita: la caccia alla Russia, per scalzarla dalla vetta, prosegue. Il sorpasso avrebbe potuto avvenire già ieri se gli sciabolatori avessero coronato contro l’Ungheria la fuga verso la finale. Ma Luca Curatoli s’è fatto incastrare dalla magia del campione olimpico Aaron Szilagyi, detto che i magiari – poi però bastonati dai sudcoreani – schieravano pure quello neoiridato, Andras Szatmari: 4-11 nel match di chiusura, sei stoccate bruciate e sconfitta per 45-44. Da rimanere scioccati. Però l’Italia s’è ricordata che nell’annata non aveva mai fatto peggio del secondo posto. Quel bronzo da conquistare aveva un senso e non era una ruota di scorta. Gli Usa – 2-0 per noi, nella giornata – hanno provato a scipparlo, soprattutto grazie al vicecampione olimpico Daryl Homer. Ma Curatoli, dopo aver rischiato la rimonta-bis, l’ha battuto e ha completato l’opera dei compagni: «Aldo Montano mi ha detto che nel mio ruolo di “chiusore” degli assalti, certe defaillance possono capitare. L’importante è rialzarsi subito: ce l’ho fatta». Dedicato ai gufi, direbbe l’ex premier Renzi. Enrico Berré esprime suppergiù lo stesso concetto: «Questa medaglia è per gli invidiosi e per chi non credeva in noi». (Corriere della Sera)