Claudia Cretti, la ciclista bergamasca caduta al Giro d’Italia, si risveglia dal coma. La sua prima parola: «Mamma»
L’ennesimo traguardo, nella corsa alla vita in cui Claudia Cretti sta pedalando dallo scorso 6 luglio, è un tappo che occlude la cannula della tracheotomia. Un piccolo dispositivo di plastica che, deviando il flusso dell’aria espirata verso le corde vocali, le può consentire di parlare. Papà Beppe e il fratellino Giacomo sono con lei da […]
L’ennesimo traguardo, nella corsa alla vita in cui Claudia Cretti sta pedalando dallo scorso 6 luglio, è un tappo che occlude la cannula della tracheotomia. Un piccolo dispositivo di plastica che, deviando il flusso dell’aria espirata verso le corde vocali, le può consentire di parlare. Papà Beppe e il fratellino Giacomo sono con lei da tutto il pomeriggio e la incitano. «Dai Claudia, dì qualcosa, provaci». Niente da fare. Finché alle sette di due sere fa, per un salutino veloce, chiamano al telefono mamma Laura, che è tornata in hotel a riposare. È da quel giovedì 6 luglio in cui la giovane bergamasca, 21 anni promessa del ciclismo rosa, è volata a 90 all’ora contro un guard rail, nella settima tappa del Giro d’Italia femminile, che i giorni della famiglia Cretti di Costa Volpino trascorrono nel reparto di neurorianimazione del Rummo di Benevento. Claudia c’era arrivata in condizioni gravissime. Due interventi, il coma farmacologico. «Non ti farò mai più vedere una bici», le diceva la mamma e subito dopo il pentimento: «Spero che su quella bici tu ci possa salire ancora». Poi il risveglio. Claudia viene superficializzata, come dicono i medici, riportata su. Via la sedazione. Apre gli occhi, fissa tutto con lo sguardo dei neonati. Si muove, stringe le mani, si gratta il naso. Con il pollice sinistro sfoglia l’album delle foto sul cellulare, quello destro è fuori uso per la frattura alla clavicola. Poca roba, rispetto al resto. Tutti le parlano, la coccolano, ma manca il «segno». «Da lei volevo qualcosa di più – racconta mamma Laura – volevo che comunicasse. I medici mi hanno invitato alla pazienza, perché Claudia aveva già fatto passi da gigante». Il «segno» è la parola più dolce del mondo. «Ti passo Claudia» dice papà Beppe avvicinando il telefonino alla figlia. «Come stai, Claudia? Mi senti? Sono la…». Dall’altro capo, prima arriva una «emme» lunghissima, poi altre ancora e, infine, incerta ma riconoscibilissima, Claudia pronuncia la parola più attesa: «mamma». Con il cuore che batte all’impazzata Laura si precipita in ospedale. «Sì, quelle “emme”, quel suono e quella “mamma” hanno assunto un significato preciso; ti riconosco, so chi sei e sto provando a comunicare con te. È come se avesse parlato per la prima volta». «Poche ore sono come mesi, anni e noi tutti siamo lì con lei ad osservare ogni minimo gesto. Con lo stesso orgoglio con cui si seguono i progressi di un figlio appena nato». Claudia lascerà Benevento che per i Cretti è diventata una seconda patria e la sua gente una seconda famiglia, per seguire la riabilitazione vicino a casa. «I medici non fanno promesse, ma Claudia non ci deluderà» aggiunge Laura che ogni giorno posta su Facebook un atteso bollettino «mammo-medico» sulla figlia. «È pigra, ma non ha mai toppato un appuntamento importante. Quando sembrava stanca di stare in sella, magari dopo qualche gara andata male, poi piazzava la zampata vincente. È come se si concentrasse su quello che conta». Per lei Laura, ha creato l’hashtag #questameladevivincere. Alle mamme bisogna ubbidire. (Corriere della Sera)