Dipendente a casa per malattia: autocertificazione nei primi tre giorni. Al Senato il disegno di legge sollecitato dai medici

5 luglio 2017 | 22:20
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Dipendente a casa per malattia: autocertificazione nei primi tre giorni. Al Senato il disegno di legge sollecitato dai medici

Un lavoratore che avverta un piccolo malore, comunque passeggero, problemi gastrointestinali, una febbre alta, insonnia o mal di testa, potrà autocertificarsi per i primi tre giorni l’assenza dal lavoro. Così il medico farà solo da «postino», informandone l’Inps e il datore di lavoro, ma non avrà responsabilità di fronte a un giudice e non potrà […]

Un lavoratore che avverta un piccolo malore, comunque passeggero, problemi gastrointestinali, una febbre alta, insonnia o mal di testa, potrà autocertificarsi per i primi tre giorni l’assenza dal lavoro. Così il medico farà solo da «postino», informandone l’Inps e il datore di lavoro, ma non avrà responsabilità di fronte a un giudice e non potrà essere punito penalmente se il lavoratore avrà dichiarato il falso. Per ora questa è solo una proposta di legge avanzata dal senatore Maurizio Romani (Idv): il testo, contenuto in due articoli, è all’esame della Commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama, ma «stiamo lavorando per trovare un accordo trasversale – spiega lo stesso Romani – e approvare in fretta la norma per poi inviarla a Montecitorio per il varo definitivo prima della fine della legislatura». Il provvedimento, del resto, è già stato firmato da esponenti di Pd e Forza Italia e di altri partiti. «La legge è stata sollecitata da anni dalla Federazione degli Ordini dei medici (Fnomceo) per modificare la legge Brunetta – ricorda il senatore dell’Italia dei valori – Io avevo presentato la proposta a settembre del 2015, ma penso che presto riusciremo a votarla in aula». In pratica il lavoratore «comunica per un periodo inferiore a tre giorni con sua esclusiva responsabilità il proprio stato di salute al medico curante», recita uno dei due articoli. Questo determina per il cittadino una minore protezione, non potendo essere «appoggiato», come invece avviene adesso, dalla certificazione del suo medico curante. Con questa norma i furbi «saranno più responsabilizzati – precisa Maurizio Romani – e i medici rischiano pene meno gravi di quelle previste oggi, che sono francamente esorbitanti». A sostegno della legge si schiera anche Maurizio Scassola, vicepresidente della Fnomceo: «Ci sono disturbi la cui diagnosi non può che essere fatta sulla base di sintomi clinicamente non obiettivabili. Per questo un’autoattestazione potrebbe essere utile, prima ancora che a sollevare il medico, a responsabilizzare il paziente, come già avviene con ottimi risultati in molti Paesi anglosassoni». Ma Carmelo Barbagallo, leader della Uil, boccia la proposta: «I medici di base cercano di togliersi dalle loro responsabilità e di non fare il lavoro per cui sono pagati. E troppo spesso i certificati si fanno per telefono». (Corriere della Sera)