La tratta dei baby-calciatori africani. Falsi documenti per portali in Italia

21 luglio 2017 | 21:48
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La tratta dei baby-calciatori africani. Falsi documenti per portali in Italia

I più piccoli avevano 12 anni, i più grandi poco più di 16. Arrivavano in Italia quasi sempre dall’Africa più povera e dimenticata, accompagnati da documenti falsi, dichiarazioni fasulle d’improbabili maternità e impossibili ricongiunzioni. E la promessa di diventare campioni di calcio e guadagnare una fortuna. Ma dietro all’arrivo in Italia di questi talenti in […]

I più piccoli avevano 12 anni, i più grandi poco più di 16. Arrivavano in Italia quasi sempre dall’Africa più povera e dimenticata, accompagnati da documenti falsi, dichiarazioni fasulle d’improbabili maternità e impossibili ricongiunzioni. E la promessa di diventare campioni di calcio e guadagnare una fortuna. Ma dietro all’arrivo in Italia di questi talenti in erba, per lo più bambini e ragazzini della Costa d’Avorio del Senegal, per la procura di Prato si nascondeva un mercimonio. Molto redditizio, perché i ragazzini più promettenti venivano venduti anche per più di 400.000 euro a società di calcio blasonate di serie A e B che, in buona fede, li compravano e facevano loro frequentare scuole di calcio sino al debutto nelle giovanili e persino nelle prime squadre. Alcune promesse interessavano Fiorentina ed Inter alle quali la procura ha chiesto la documentazione che comprova eventuali stage o prove dei bambini. «Che avvenivano in assoluta buona fede da parte di queste società che non avevano sentore del traffico irregolare», spiegano gli investigatori. «Questi giovani talenti venivano allevati insieme alle società del Prato e della Sestese con l’intendimento di trarre profitto attraverso la loro valorizzazione», ha spiegato il procuratore Nicolosi. E in alcuni casi i soldi incassati erano più che soddisfacenti. Come nel caso dell’attaccante Christian Kouamé, oggi maggiorenne, venduto dal Prato al Cittadella (serie B) per 400.000 euro. Sconcertanti alcune intercettazioni. In una di queste uno dei sospettati propone, in caso di problemi burocratici per l’arrivo in Italia, di far salire uno dei bambini-calciatori su un barcone da solo. Il traffico, vero o presunto, è stato scoperto e stroncato dalla squadra mobile di Prato, diretta da Francesco Nannucci e coordinata dal questore Paolo Rossi, e dalla procura di Prato coordinata da Giuseppe Nicolosi. Quattro le misure cautelari con tre arresti e un’interdizione. Quattro gli indagati. In carcere, su richiesta dei pm Lorenzo Gestri e Lorenzo Boscagli, è finita Stephanie Nety Eulalie, una donna ivoriana residente a Firenze che secondo gli investigatori pratesi si era spacciata la madre di un baby-calciatore (poi finito in un club di serie A), ma poi è stata smascherata dalle analisi del Dna. Arresti domiciliari per il presidente della Sestese Calcio, Filippo Giusti, il procuratore sportivo Filippo Pacini, mentre il presidente e ad del Prato Calcio, Paolo Toccafondi, è stato raggiunto da un provvedimento di interdizione per quattro mesi dalla gestione della società. Le ipotesi di reato vanno dall’immigrazione clandestina, al falso sino al favoreggiamento. Sarebbero una decina i ragazzini coinvolti. «Ma abbiamo indagato soltanto su un periodo limitato e dunque è probabile che siano molti di più», spiega il capo della Mobile di Prato, Francesco Nannucci. Un’inchiesta parallela sta cercando di stabilire se ci sono state combine in undici partite di serie minori. Nel mirino anche alcuni arbitri. Sono 24 gli indagati per frode sportiva. (Corriere della Sera)