Torre Annunziata. Fuga da un crollo. Veloci come le pietre che rotolano e la polvere che copre persone e cose. Qualcuno dice di averli visti: due, forse tre operai a bordo di un furgone. Gli stessi che da settimane poco dopo l’alba erano già al lavoro nel palazzo crollato in via Rampa Nunziante. Otto giorni […]
Torre Annunziata. Fuga da un crollo. Veloci come le pietre che rotolano e la polvere che copre persone e cose. Qualcuno dice di averli visti: due, forse tre operai a bordo di un furgone. Gli stessi che da settimane poco dopo l’alba erano già al lavoro nel palazzo crollato in via Rampa Nunziante. Otto giorni fa invece, sarebbero arrivati dopo le 6 e 30; si salvarono e si dileguarono.Un rapido dietrofront, pare verso la vicina Pimonte, dove ha “sede” la ditta per cui lavoravano al secondo piano della palazzina finita in briciole. Una ferita spettrale, sul lutto piombano inquietanti sospetti. Il giorno dopo i funerali delle famiglie Cuccurullo, Guida e Aprea, dopo che la città intera ha dato l’ultimo, dignitoso saluto alle otto vittime della palazzina con affaccio sul mare, quelle mezze voci e gli atroci sospetti che nessuno osava diffondere in quei frangenti, ora “girano” a toni bassi ma insistenti. «La città ha reagito con serietà – ha detto il procuratore Alessandro Pennasilico – ma nessuno si è fatto ancora avanti per dire ciò che sa. Imprese al lavoro, operai assoldati. Tra gli stessi inquilini di quel palazzo c’era chi aveva paura ma non ha mai denunciato nulla né al momento ha ancora svelato ciò che ha visto o sentito».Pare infatti che la ristrutturazione del palazzo fatto soprattutto di tufo, fosse stata affidata a personale straniero, al nero, e che al Comune di Torre Annunziata non fosse stata presentata alcuna comunicazione di avvio dei lavori, obbligatoria quando non si tratta di ordinaria manutenzione. Il capo della procura di Torre Annunziata non fa espliciti riferimenti a quell’omertà diffusa che caratterizza ampie fasce della popolazione e che rende difficile ogni sorta di indagine. Dopo i sopralluoghi dei giorni scorsi, il procuratore Pennasilico ha disposto per il giorno 21 luglio le verifiche da parte di tre tecnici che dovranno accertare se durante i lavori siano state fatte modifiche strutturali. Dodici gli indagati, altri «avvisi» potrebbero essere emessi domani. Si cercano ancora intanto, i titolari delle ditte scelte dai proprietari dei due appartamenti al primo e al secondo piano: Roberto Cuomo, avvocato penalista, amministratore dello stabile costruito nel 1957, e proprietario della casa al secondo piano, quella abitata da Pasquale Guida, Anna Duraccio e dai loro figli Francesca e Salvatore di tredici e otto anni, una delle famiglie travolte e uccise da massi di tufo e travi. La casa al primo piano, pure oggetto di radicale restauro, era stata invece venduta dalla moglie di Massimo Lafranco, anch’egli avvocato penalista, a Gerardo Velotto. Una trattativa privata, pagata con assegni circolari e con un’ultima tranche prevista per il 31 luglio.
IL MATTINO.IT