Melillo è il nuovo procuratore di Napoli, ma la nomina ha diviso il Csm
Ce l’ha fatta Melillo. L’ex capo di gabinetto del ministro Orlando è il nuovo procuratore di Napoli, con 14 voti contro i nove di Cafiero. Ma è stata una decisione difficile, che ha visto il plenum del Csm spaccato. Per Melillo hanno votato il primo presidente e il pg della Cassazione, Giovanni Canzio e Pasquale […]
Ce l’ha fatta Melillo. L’ex capo di gabinetto del ministro Orlando è il nuovo procuratore di Napoli, con 14 voti contro i nove di Cafiero. Ma è stata una decisione difficile, che ha visto il plenum del Csm spaccato. Per Melillo hanno votato il primo presidente e il pg della Cassazione, Giovanni Canzio e Pasquale Ciccolo, il togato di Magistratura Indipendente Claudio Galoppi e cinque su sette consiglieri di Area. Hanno votato per Cafiero l’intero gruppo di Unicost, i consiglieri di Area Piergiorgio Morosini e Ercole Aprile e i togati di Magistratura Indipendente Luca Forteleoni e Lorenzo Pontecorvo. Si sono astenuti il laico del M5s Alessio Zaccaria e Aldo Morgigni, togato del gruppo di Piercamillo Davigo. Il vicepresidente Giovanni Legnini, com’è consuetudine, non ha preso parte al voto. La discussione è stata lunga e a tratti tesa: se sulla candidatura di Cafiero pesava l’incompatibilità per il figlio avvocato penalista a Napoli, Melillo scontava il fatto di aspirare alla carica di procuratore di Napoli dopo avere lasciato da pochissimo tempo un incarico politico. Un aspetto sul quale si è soffermato a lungo il consigliere Luca Forteleoni, di Magistratura Indipendente: «Sarebbe la prima volta – ha detto – che il Consiglio nomina a capo della Procura più grande d’Italia un magistrato che ha svolto un ruolo di diretta e immediata collaborazione con un organo politico». Per Forteleoni il breve passaggio dalla Procura generale di Roma è stato «un’abluzione, altro che un bagno di giurisdizione»: si chiama così infatti, in gergo, il periodo che i magistrati trascorrono al rientro in ruolo prima di assumere un incarico direttivo. Forteleoni ha ricordato il caso di Settembrino Nebbioso, che fu capo di gabinetto del centro destra: «Quando chiese di tornare a fare il sostituto a Roma – il sostituto, non il procuratore – Area (corrente che con due eccezioni ha sostenuto Melillo) gli votò contro». L’incarico ricoperto al ministero, come ha ricordato anche il consigliere Ercole Aprile, che pur essendo di Area ha votato per Cafiero, è ingombrante anche perché Orlando è stato commissario del Pd a Napoli in tempi molto recenti e in Procura ci sono fascicoli che riguardano proprio il Pd: «I cittadini si sentiranno tranquilli quando la Procura farà le sue valutazioni su questi indagati?». Insomma, per Aprile «in questione non è la legittimità, ma l’opportunità politica» della nomina. Un capolavoro di diplomazia l’intervento di Antonello Ardituro (Area) che con Federico Cafiero ha lavorato per anni: faceva parte, infatti, del pool che indaga sulle attività del clan dei casalesi che proprio Cafiero coordinava. Premesso che Cafiero è un magistrato dalle straordinarie capacità professionali, ha detto Ardituro, si è trattato di «una scelta sofferta e difficile. Ma non si pensi alle carriere, si pensi alla Procura di Napoli: un ufficio enorme, nel quale lavorano circa mille persone; un ufficio in affanno. La nostra scelta dev’essere fatta pensando a come rimettere questo ufficio in affanno nella migliore condizione possibile. Cafiero è uno straordinario magistrato antimafia, ma Melillo è un eccellente organizzatore e un magistrato poliedrico. Di che cosa ha bisogno oggi la Procura di Napoli, di uno straordinario magistrato antimafia o di un eccellente organizzatore capace di attivare meccanismi di innovazione?». Proprio questa caratteristica, infatti, viene sottolineata nel curriculum di Melillo. Il presidente della Corte di Cassazione, Giovanni Canzio, ha detto «no alle fatwe», paragonando Melillo a Giovanni Falcone: «No alle fatwe e ai pregiudizi sui magistrati eccellenti, su uomini dello Stato che contribuiscono al buon funzionamento delle istituzioni senza entrare in palazzi o caste di alcun tipo. Le accuse di carriere parallele come tutte le fatwe e i pregiudizi ideologici sono affetti sempre da una qualche ottusità. Come in passato è avvenuto per Falcone e Loris D’Ambrosio, mi è sembrato di avvertire la stessa retorica. Falcone e D’Ambrosio hanno dimostrato che pur lavorando nei palazzi erano magistrati con la schiena dritta. E questi magistrati non meritano di essere delegittimati, ma ne va rispettata la dignità personale e la storia professionale». Lorenzo Pontecorvo ha voluto replicare: «Semmai è Cafiero, che vive sotto scorta e rischia ogni giorno la vita, che può essere paragonato a Falcone». (Corriere del Mezzogiorno)