Morto Paolo Villaggio, genio della comicità.
L’anniversario non gli piace affatto. Anzi, ne farebbe felicemente a meno: «Lo vivo come un anticipo dei funerali, mi fa piacere essere ricordato, però, a 82 anni e mezzo, non posso scacciare la sgradevole sensazione di sapere che non potrò più fare né film né serate». E poi c’è l’avvicinarsi di quella «scadenza fastidiosa… il […]
L’anniversario non gli piace affatto. Anzi, ne farebbe felicemente a meno: «Lo vivo come un anticipo dei funerali, mi fa piacere essere ricordato, però, a 82 anni e mezzo, non posso scacciare la sgradevole sensazione di sapere che non potrò più fare né film né serate». E poi c’è l’avvicinarsi di quella «scadenza fastidiosa… il Padreterno non ha pensato alla paura della morte, cioè al momento in cui ci verrà tolta la cosa più bella che ci ha dato». Eppure, avvolto in una tunica bianca, nell’appartamento luminoso di Roma Nord dove continua a ricevere telefonate e inviti, Paolo Villaggio ha tutto tranne l’aria dell’anziano gravato dai rimpianti. La zampata è ancora feroce, lo sguardo sull’Italia lucido e impietoso.
Quarant’anni fa, il 27 marzo, arrivava nelle sale il primo Fantozzi, diretto da Luciano Salce. Da allora per lei è cambiato tutto.
«Sì, sono diventato un box-office vivente. Il film uscì dopo Pasqua e rimase in cartellone fino al Natale seguente… ne ho fatti 10, i primi 3 erano portentosi, la cosa più nuova era il linguaggio, completamente diverso da quello dei comici e degli imitatori che imperversavano all’epoca. Fantozzi e Filini non parlavano in dialetto, ma in un italiano che ne esprimeva la condizione esistenziale, una specie di sintesi di ignoranza endemica… me lo diceva anche Fellini, “Paolino, tu hai ampliato e modificato la lingua italiana”».
Il mondo di Fantozzi ha generato aggettivi, avverbi, modi di dire.
«È vero, e questo mi fa pensare che, alla fine, qualcosa di me rimarrà. Gli altri muoiono definitivamente, io forse no».
Perché il pubblico amò subito, e così tanto, Fantozzi?
«All’inizio la gente rideva e basta, ma si sentiva anche aggredita, poi subentrò la gratitudine. Fantozzi è un “subitore” perfetto, ha liberato tutti dalla spiacevole sensazione di sentirsi unici nel proprio essere sfigati. Era come una seduta terapeutica, gli spettatori seguivano le sue avventure e pensavano “forse è vero, siamo tutti così”».
Fonte: lastampa.it