Napoli. Spiagge in concessione. Scandalo canoni, fitti annuali a soli 500 euro
Per fare il bagno nello specchio d’acqua a ridosso di Palazzo Donn’Anna servono almeno 12 euro, giusto per l’ingresso. Se poi vuoi ombrellone e cabina devi aggiungerne altri 15. Euro più euro meno, a seconda del lido. C’è chi fa pagare pure doccia un euro e cuscino tre. Per una serata con il vincitore di […]
Per fare il bagno nello specchio d’acqua a ridosso di Palazzo Donn’Anna servono almeno 12 euro, giusto per l’ingresso. Se poi vuoi ombrellone e cabina devi aggiungerne altri 15. Euro più euro meno, a seconda del lido. C’è chi fa pagare pure doccia un euro e cuscino tre. Per una serata con il vincitore di Sanremo si può strappare un biglietto a 15 euro: tutto pronto a Bagnoli, il 9 settembre c’è Francesco Gabbani, con la sua scimmia sul palco a due passi dall’arenile dell’ex Italsider, sold out assicurato. Si fanno affari d’oro sul litorale di Napoli. Una sfilza di stabilimenti balneari, club, veri e propri locali da Pietrarsa a La Pietra. Ma quanto paga chi ha in dote quelle spiagge che rientrano nel demanio marittimo? Da 532 euro a poco più di 12.000 euro l’anno. Un canone versato allo Stato, fissato per legge. La sorpresa è che i gestori di ombrelloni a Posillipo e del by night a Bagnoli corrispondono all’autorità portuale una cifra pari al fitto di un monolocale in un quartiere popolare di Napoli. In media circa 400 euro al mese a fronte di ricavi per centinaia di migliaia di euro. Ma i canoni sono uguali in tutta Italia. Ci pensa sempre la mano del parlamento a salvare la lobby dei balneari. È scesa in campo addirittura l’Unione europea, con tanto di pronuncia della corte di Giustizia, per sentenziare che spiagge e litorali italiani vanno messi a gara e non si possono prorogare le concessioni per troppi anni. Da almeno un lustro si aspetta una “legge di riordino” del sistema, l’ultima scadenza era settembre 2016: ma poi è arrivato l’immancabile decreto – questa volta quello denominato “Enti locali” – ad abrogare il termine ultimo e buttare la palla in avanti. Risultato: le gare non si fanno, i gestori restano sempre gli stessi e i prezzi stracciati. Quelli in vigore risalgono alla finanziaria 2006, l’ultima che ha ritoccato le tabelle del decreto ministeriale datato 1998. Con alcune novità: come la durata delle concessioni estesa “oltre i 6 anni” (ma non oltre i 20). Intanto resta solo sulla carta il principio di “adeguare il canone alla redditività del bene”. Ossia: più la spiaggia frutta, più devi pagare allo Stato. Di fatto le cifre in quasi 30 anni non sono aumentate troppo. Quando nel 2004 scattarono incrementi reali, fino al “300 per cento”, le proteste si spinsero davanti alla Corte costituzionale. E con i canoni del 2006 la situazione si è di nuovo calmierata con un sospiro di sollievo generale. Ora la dead line è il 2020, l’ultimatum imposto dall’Europa per allinearsi ai principi della concorrenza. Il punto a favore degli imprenditori del mare è che sui litorali hanno investito di tasca propria e generato centinaia di posti di lavoro. Piscine, ristoranti, fioriere, gazebo, in parte anche su aree private: ma resta il fatto che senza il più piccolo sbocco su un arenile, senza scalette, camminamenti o banchi di tufo – cioè senza l’area demaniale – quelle strutture non avrebbero lo stesso appeal. Prendiamo gli 11.000 metri quadrati del Bagno Elena che “sorge parzialmente anche su suolo non demaniale marittimo”: paga allo Stato 12.308 euro l’anno. Per 1.035 metri quadrati che comprendono ombrelloni, scalette, piattaforme, il Bagno Sirena versa 3.250 euro l’anno. Intorno a uno specchio d’acqua di 500 metri quadrati – annesso a banco tufaceo di 298 metri quadrati – sorge il monumentale stabilimento Le Rocce Verdi. È autorizzato anche a prelevare 600 metri cubi di acqua marina per alimentare le due piscine private. Il tutto per una cifra di 3.860 euro l’anno. Palafitte a mare e solarium per 1.567 euro l’anno a Lido delle Rose. Un arenile di 1.056 metri quadrati costa all’Ideal 3.676 euro. Al Gabbiano la piattaforma in legno su 298 metri quadrati con 900 metri quadrati di mare vale 1.286 euro. Per 350 metri quadrati di scogliera il lido Marechiaro sborsa 983 euro l’anno. Per il “banco tufaceo di 927 metri quadrati” e 22 metri quadrati di arenile il complesso Villa Imperiale paga 1.451 euro l’anno. Da Posillipo all’area occidentale che non è balneabile, fino a che non si bonifica. Ma tra piscine, solarium, concerti, a Bagnoli di sicuro non si piange. Sono due le concessioni per l’Arenile di Bagnoli, che ha anche autorizzati palco e piscina: in totale oltre 14mila metri quadrati con due canoni annui da 11.063 euro e 4.767 euro. Ci sono poi le sei vasche idromassaggio, le zone a verde e le strutture coperte del Club Partenopeo alla cifra di 2.621 euro. E accanto alle aree sotto sequestro giudiziario ci si arrangia con dj set, lounge bar e serate danzanti. Per 750 metri quadrati La Rotonda versa 532 euro l’anno. Al Lido Fortuna per 9.250 metri quadrati pagano 9.286 euro. C’è poi la concessione del Pharaon con pedana, piscina, gazebo per 3.283 euro. Infine c’è un’ultima concessione alla “G&D” per 2.342 euro. La finanziaria del 2006 ha diviso i canoni in due categorie al posto delle quattro stabilite nel 1998. La categoria A e la B, che stanno per alta e bassa valenza turistica. In cifre: l’area scoperta vale 2,5 euro a metro quadrato se lo stabilimento si trova in categoria A, 1,2 euro – ossia la metà – se si trova in categoria B. Sono le Regioni che fanno la classificazione con il piano spiagge. Se manca l’accertamento, la norma stabilisce che rientrano tutti nella categoria B. È quello che succede in Campania. Dove anche Posillipo e Bagnoli si ritrovano tutti “a bassa valenza turistica”. (la Repubblica)