San Rufo, dopo i roghi paese invaso dal fango. Il sindaco Michele Marmo costretto a chiudere la Statale degli Alburni
Degli schizzi di fango sul cartello “Benvenuti a San Rufo” lasciano presagire quale sarà lo scenario che si presenterà agli occhi dopo l’ultima curva della strada che porta in paese, a 12 ore di distanza dal nubifragio di mercoledì sera: cumuli di fango alti fino a mezzo metro ai lati della strada che attraversa il […]
Degli schizzi di fango sul cartello “Benvenuti a San Rufo” lasciano presagire quale sarà lo scenario che si presenterà agli occhi dopo l’ultima curva della strada che porta in paese, a 12 ore di distanza dal nubifragio di mercoledì sera: cumuli di fango alti fino a mezzo metro ai lati della strada che attraversa il centro abitato, un viavai di persone che con gli attrezzi più disparati si danno da fare per liberare dal fango le abitazioni ed i negozi che si trovano al livello della strada, ruspe, camion e motocarri che freneticamente vanno avanti e indietro con i carichi di terra e pietre “sputati” a valle dalla montagna che sovrasta il paese. «Tutto è iniziato ieri verso le 6 del pomeriggio – racconta Raffaele La Regina, giovane farmacista che ha la sua attività all’ingresso del paese – quando la pioggia si è intensificata abbiamo temuto potesse accadere qualcosa, ma l’azione è stata più veloce del pensiero perché dopo pochi istanti la strada è stata invasa da un mare di acqua mista a fango e pietre». Immediatamente è partita la macchina dei soccorsi, non solo si sono mobilitati tutti gli abitanti del paese che come una sola famiglia si sono aiutati l’un l’altro senza sosta. A dare loro una mano ormai da oltre 24 ore ininterrottamente ci sono anche i volontari della Protezione Civile Vallo di Diano, gli operai del Comune e della Comunità Montana Vallo di Diano ed anche il gruppo di ragazzi migranti ospiti della cooperativa Iris. «La situazione è drammatica – ha spiegato il primo cittadino Michele Marmo – ma noi siamo un popolo forte e non la daremo vinta al fango e alle pietre. Quello che è successo è esclusivamente colpa dell’uomo ed in particolar modo di chi ha dato fuoco due settimane fa alle nostre montagne. Senza i danni causati dagli incendi, che hanno distrutto buona parte della vegetazione, oggi tutto questo non sarebbe accaduto». La colata di fango e detriti in parte non solo ha invaso il centro urbano, ma prima di arrivare in paese ha completamente invaso la strada statale 166 che collega il Vallo di Diano con i comuni degli Alburni. All’altezza del km 56, a poche centinaia di metri dal paese circa 400 metri cubi di pietre sono finite sulla carreggiata. Il sindaco con una ordinanza ha disposto la chiusura della strada ed ora si attende l’intervento dei rocciatori del Genio Civile che dovranno valutare il grado di pericolo del costone che affianca la strada e definire quali interventi effettuare per la messa in sicurezza e quindi per poi procedere alla riapertura. È stato un miracolo se non si sono registrati feriti e non ci sono stati danni alle abitazioni. Solo in un caso si è resa necessaria l’evacuazione di uno stabile che è stato completamente invaso dal fango e dalle pietre che hanno seriamente danneggiato anche alcune pareti dell’immobile. «Non ho più nulla – ha detto con la voce piena di rabbia il signor Arsenio, proprietario dell’immobile – la montagna ha distrutto casa mia, ho perso tutto. Casa mia e di mio padre è stata distrutta, io non so più cosa fare. Sono stati momenti terribili, mia moglie è rimasta bloccata in una stanza e per tirarla fuori è stato necessario l’aiuto di alcuni miei amici. Ho un mutuo sulle spalle non so cosa fare e da 8 mesi non prendo nemmeno lo stipendio. Forse sarebbe stato meglio morire, io spero che le istituzioni mi diano una mano perché sono davvero disperato». Il professore Franco Ortolani, ordinario di geologia all’Università Federico II, nei giorni immediata mente successivi agli incendi boschivi che hanno interessato diverse zone del Vallo di Diano aveva sottolineato che i roghi oltre ad essere pericolosi nel momento in cui si verificano, lo diventano ancora di più dopo essere stati domati perché la distruzione della vegetazione può potenzialmente essere la causa di colate di detriti devastanti. Ed proprio quello che è accaduto a San Rufo. E che aveva ampiamente previsto la Protezione civile regionale che in un dispaccio delle 17.43 del 25 luglio (il giorno prima) parlava di una «allerta meteo per domani» con rischio frane soprattutto nelle «aree incendiate». Un allarme inviato ai Comuni e agli enti competenti, per la possibilità del trasporto a valle «dei materiali prodotti dalla combustione, per effetto di ruscellamenti superficiali». Insomma, un copione già visto, una storia che si ripete, un pericolo costante, aggravato dall’azione scellerata dei piromani a comando. (La Città)