STABIAE SCRIGNO INFINITO

7 luglio 2017 | 12:01
STABIAE SCRIGNO INFINITO

ARTICOLO E FOTO DI GIUSEPPE DI LEVA A poche centinaia di metri da Pompei, in ancora splendido ed aristocratico isolamento, le Ville romane di Stabia, celeberrime per la loro luxuria, continuano ad offrire sorprese appena si smuove un banale cumulo di terra. Una semplice pulizia di un ambiente diventa di colpo un incredibile scrigno di […]

ARTICOLO E FOTO DI GIUSEPPE DI LEVA

A poche centinaia di metri da Pompei, in ancora splendido ed aristocratico isolamento, le Ville romane di Stabia, celeberrime per la loro luxuria, continuano ad offrire sorprese appena si smuove un banale cumulo di terra. Una semplice pulizia di un ambiente diventa di colpo un incredibile scrigno di conoscenze, di storie che la pazienza di archeologi e ricercatori avrà poi cura di mettere assieme.

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E’ il caso di un settore di Villa Arianna, forse la più interessante del comprensorio archeologico stabiese che, interessato dall’ultima campagna di scavo e restauro condotta dal Museo Statale Ermitage di San Pietroburgo e dalla Fondazione RAS, ha fornito interessanti reperti che certamente formeranno prodromo di studi futuri. Di questo, in particolare, si è parlato al Vesuvian Institute di Castellammare di Stabia, nell’appuntamento che ha chiuso proprio le ricerche 2017 delle due istituzioni sotto la direzione scientifica del Parco Archeologico di Pompei. Le comunicazioni di Paolo Gardelli, l’archeologo della RAS ormai impegnato da tempo negli scavi a Villa Arianna che a giusto titolo può ormai considerare ‘casa sua’, e di Alexander Butyagin archeologo del Museo Ermitage hanno costituito il momento clou della lunga serata nella quale si è discusso anche del ruolo della Fondazione nella promozione e tutela dei siti stabiesi, e del prossimo progetto di realizzare un visitor center nei pressi dell’area d’ingresso di Villa San Marco. Come detto Paolo Gardelli, con la solita, stentorea chiarezza ha potuto illustrare i risultati scaturiti da uno scavo che egli stesso ha definito di ‘grande semplicità’, a partire da un impaginato stratigrafico di chiarissima lettura. Ci troviamo, in pratica, nell’ambiente che in pianta viene classificato col numero 71, un lungo budello esteso per quasi 44 mq di superficie. Originariamente sorto come criptoportico, si notano ancora le straordinarie finestre a ‘bocca di lupo’ ed altre di forma circolare, doveva collegare settori diversi della villa. Successivamente, è probabile che negli ultimi anni di vita del complesso stabiano l’ambiente sia stato interessato da interventi di rifunzionalizzazione che ne avrebbero fatto, forse, un semplice deposito di stoccaggio, magari di generi alimentari. Durante la stagione degli scavi borbonici, il corridoio venne fatto oggetto di sterro pur non considerandolo tanto importante da rilevarlo nella celebre pianta del Weber. Anzi, ben presto divenne un vero e proprio ‘butto’ degli scavatori del re. Ancora, una decina di anni fa lo stesso ambiente venne nuovamente indagato dalla Soprintendenza che ne trasse alcune cassette piene di elementi ceramici frammentati che ora sono state rinvenute immediatamente sotto il primo strato detritico. I recenti interventi di ripulitura del corridoio-criptoportico hanno invece avuto come obiettivo non solo quello di rivelare l’intera stratigrafia dello spazio ma di ricostruirne anche le fasi. Si è così potuti arrivare fino al piano di calpestio ‘sfogliando’ i pochi strati che lo ricoprivano per un complessivo interro di 1,70 metri. Oltre il primo strato, costituito da materiali di dilavamento, si è messa in luce la ‘fase borbonica’ che ha restituito frammenti ceramici, elementi di lucerne, intonaci dipinti, addirittura una chiave. Frammenti di mosaico non ultimato (un curioso esemplare presentava un leggero strato d’intonaco sovrapposto alle tessere e recante una sorta di sinopia, traccia della successiva messa in opera del nuovo mosaico), anfore contenenti calce e accumuli di un tritume laterizio (prova della interrotta esecuzione di un pavimento in cocciopesto) sono chiare prove, ha dichiarato Gardelli, che la villa era interessata da evidenti lavori di ristrutturazione. A coprire questi strati che hanno restituito materiali ceramici ed altro, lo strato di crollo del tetto col suo tegolato in certi punti ancora intatto e con le impronte nella terra dell’incannucciata che ne costituiva il sottotetto. L’ambiente, a conclusione della stagione di ricerche, non è ancora completamente scavato e formerà sicuramente oggetto delle prossime campagne. Un dato è comunque acquisito: Stabiae si conferma un tesoro d’indescrivibile fascino ed interesse ancora tutto da scoprire, uno scrigno sul quale resta seduta una classe politica ed imprenditoriale ancora troppo bottegaia ed una ex Soprintendenza troppo impegnata a ‘trastullarsi’ il balocco pompeiano. Fare un giretto a Villa Arianna, immersi nel silenzio della storia e nell’immaginazione di future scoperte, è un dono che ogni tanto bisogna fare al proprio spirito. Ne vale proprio la pena!