Charlie, la lettera anonima di un dottore che ha curato il bambino: «Non volevamo perderlo. Avete allungato l’agonia»
«Il mio mestiere è evitare che il paziente muoia, non ucciderlo. Avete davvero mai incontrato un infermiere o un dottore che vuole la morte di un bambino?». La domanda è diretta e sconvolgente, rivolta da un anonimo membro del team medico che per mesi ha accudito Charlie Gard, il bimbo inglese affetto da deplezione del […]
«Il mio mestiere è evitare che il paziente muoia, non ucciderlo. Avete davvero mai incontrato un infermiere o un dottore che vuole la morte di un bambino?». La domanda è diretta e sconvolgente, rivolta da un anonimo membro del team medico che per mesi ha accudito Charlie Gard, il bimbo inglese affetto da deplezione del dna mitocondriale, verso un destinatario collettivo: i lettori del Guardian, su cui è stata pubblicata la lettera aperta, ma più in generale i politici, i giornalisti, i «guerrieri» dei social network, la pubblica opinione, i leader religiosi, tutti coloro che hanno reso possibile che l’«agonia» di un bambino si trasformasse in una «dolorosa soap opera». Un «j’accuse» durissimo, probabilmente frutto di una decisione concordata dal team della terapia intensiva al londinese Great Ormond Street Hospital, 200 persone che hanno mantenuto il riserbo fino a ieri. Charlie è morto il 28 luglio, una settimana prima di compiere un anno, quando in seguito a una decisione del giudice Nicholas Francis è stato trasferito in un hospice per malati terminali dove, contro la volontà dei genitori, è stata subito «staccata la spina» dei macchinari che lo tenevano in vita. Anche noi, sottolinea la lettera, «non volevamo perdere Charlie, ma era nostro obbligo legale e morale, il nostro lavoro, diventare suoi portavoce quando è stata ora di dire basta». Secondo lo staff medico dell’ospedale pediatrico, uno fra i più prestigiosi al mondo, Charlie non poteva essere salvato. «Era ovvio per tutti quelli che lo hanno curato. Gli abbiamo dato farmaci e fluidi, abbiamo fatto tutto quello che potevamo, anche se pensavamo che avrebbero dovuto lasciarlo spirare tra le braccia dei suoi genitori, in pace, amato». Invece, non è stato possibile. Charlie è stato tenuto in vita, prosegue la lettera, «per persone come Donald Trump, il Papa e Boris Johnson che improvvisamente erano più esperti di sindrome di deplezione mitocondriale dei nostri migliori consulenti medici». Per cinque mesi Chris Gard e Connie Yates hanno combattuto nelle aule dei tribunali per sottoporre il figlio ad un trattamento sperimentale negli Usa. In aprile il giudice Francis aveva invece dato al Great Ormond Street Hospital l’autorizzazione a staccare la spina, verdetto poi confermato dalla Corte d’appello e dalla Corte suprema nonché, indirettamente, dalla Corte europea dei diritti umani che aveva negato un parere sul caso. Poi, ricorda l’«anonimo», sono arrivati gli appelli del Papa e di Trump, e la lettera di sette medici che assicuravano nuove prospettive di trattamento. Soltanto il 24 giugno, dopo una visita a Londra degli esperti stranieri, guidati dall’americano Michio Hirano, i genitori si sono arresi: la malattia era a uno stadio troppo avanzato. «Ora non sapremo mai se avrebbe potuto salvarsi», ha detto in lacrime la mamma di Charlie in tribunale. L’ospedale è convinto di no e denuncia anche la campagna mediatica contro il suo staff, che avrebbe minato la fiducia di altri familiari con bambini ricoverati in terapia intensiva. La conclusione è amarissima: «Voi dimenticherete Charlie. I suoi genitori dovranno convivere con questa storia per sempre. Il loro dolore sarà inimmaginabile, la loro perdita incalcolabile. Ma anche noi dovremo conviverci, per sempre». Nelle stesse ore il DailyMail ha pubblicato la prima intervista ai genitori di Charlie dopo la sua scomparsa. Uno straziante racconto in cui rivelano di essere finalmente riusciti a portare a casa il figlio «per qualche giorno», ma solo dopo la sua morte, avvenuta dodici minuti dopo l’estubazione. «A casa è stato bello sedere accanto a lui e guardarlo, adagiato come qualsiasi altro bambino» ha detto Connie. Riposa in pace Charlie. (Corriere della Sera)