Dopo la tragedia di Niccolò, pestato a morte a Lloret de Mar, le paure dei genitori per i figli in vacanza
L’atroce tragedia di Niccolò Ciatti, morto dopo quel pestaggio che la Rete ci racconta nel suo crudo dettaglio, è la materializzazione dell’incubo che legioni di genitori vivono ogni estate. Figli e figlie adolescenti, o appena maggiorenni, cercano la loro identità anche con i viaggi estivi all’estero, quando il bilancio familiare lo permette: stage di studio, […]
L’atroce tragedia di Niccolò Ciatti, morto dopo quel pestaggio che la Rete ci racconta nel suo crudo dettaglio, è la materializzazione dell’incubo che legioni di genitori vivono ogni estate. Figli e figlie adolescenti, o appena maggiorenni, cercano la loro identità anche con i viaggi estivi all’estero, quando il bilancio familiare lo permette: stage di studio, collocazioni in famiglie, soggiorni con auto-finanziamenti grazie a piccoli lavori. Non è più prerogativa di ricche élites borghesi, è ormai un fenomeno di massa, intere generazioni in movimento in mezzo Pianeta grazie ai voli low cost e ai prezzi stracciati per mangiare e dormire. Non c’è niente di più gratificante, per un genitore convinto del proprio ruolo di arco destinato a scoccare il figlio-freccia nel lontano futuro, di una festosa partenza per le vacanze oltre confine senza padri né madri. È la loro libertà, ne hanno pieno diritto, da sempre è così. Ma subito dopo, perché negarlo, accanto alla felicità sgorga il fiume incontrollabile dei timori. Non è la fastidiosa retorica italica dei figli che sono «pezzi di cuore»: è la consapevolezza fredda e razionale dei mille, spaventosi imprevisti della contemporaneità. Una rissa folle, come nel caso del povero Niccolò. L’ombra del terrorismo perennemente in agguato, come ci insegnano amaramente le stragi di Parigi, Londra, Berlino. I pirati della strada imperversano non solo a Milano e a Roma, lo sappiamo. Poi, se la prole è femminile, i pensieri si quadruplicano, ed è superfluo spiegare perché. In più mettiamoci la scarsa conoscenza del nuovo posto da parte dei ragazzi, magari qualche difficoltà linguistica. La fantasia può galoppare e alzi la mano chi, con un figlio o una figlia on the road, abbia dormito serenamente dalla partenza all’arrivo. Ma è tutta materia che un genitore deve saper maneggiare da adulto (stavolta è il caso di dirlo) senza far pesare quel grumo addosso a loro, ai ragazzi che quasi sempre sanno cavarsela benissimo. Facile a dirsi, certo. La pratica è cosa diversa. Anche perché «loro», i figli, giustissimamente non hanno alcuna voglia di rassicurare telefonicamente madri e padri. Non esistono scudi di sicurezza invincibili, tutto questo fa parte della vita ed è giusto (per i figli) che le prove generali degli imminenti distacchi dal nucleo originario non si trasformino in psicodrammi ma diventino futuri bei ricordi. Però un simile ovvio discorso si scolora, perde senso e fondamenta di fronte alla morte di Niccolò. Se n’è andato per sempre, e violentemente, uno di loro: uno dei nostri figli pieni di vita e di progetti per le vie del mondo. E inevitabilmente, umanamente, dopo questo buio, si ricomincia ad aver paura. (Corriere della Sera)