E’ morto Dionigi Tettamanzi, l’arcivescovo di Milano dalla parte degli “ultimi”: i funerali martedì in Duomo

5 agosto 2017 | 16:48
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E’ morto Dionigi Tettamanzi, l’arcivescovo di Milano dalla parte degli “ultimi”: i funerali martedì in Duomo

Milano piange per la morte di Dionigi Tettamanzi, l’arcivescovo con il cuore da parroco che ha conquistato la città con le sue azioni a favore dei più deboli e con i suoi gesti spesso criticati dai palazzi della politica. Il cardinale è spirato alle 11, dopo tre giorni di agonia, ormai privo di coscienza e […]

Milano piange per la morte di Dionigi Tettamanzi, l’arcivescovo con il cuore da parroco che ha conquistato la città con le sue azioni a favore dei più deboli e con i suoi gesti spesso criticati dai palazzi della politica. Il cardinale è spirato alle 11, dopo tre giorni di agonia, ormai privo di coscienza e attaccato alle macchine che lo tenevano in vita artificialmente. Era malato da molti anni, era stato operato varie volte ma negli ultimi sei mesi le sue condizioni si erano aggravate definitivamente. Proprio ieri il cardinale Angelo Scola e il nuovo arcivescovo di Milano monsignor Mario Delpini avevano invitato i fedeli ambrosiani a pregare per lui. Già da oggi pomeriggio la camera ardente sarà aperta alla villa Sacro Cuore di Triuggio. Lunedì pomeriggio veglia aperta ai fedeli dalle 16 e una messa di suffragio, mentre i funerali saranno celebrati martedì alle 11 in Duomo dal cardinale Scola e da monsignor Delpini. Al termine della cerimonia la salma del cardinale verrà tumulata in Duomo, sul lato destro della cattedrale, ai piedi dell’altare Virgo Potens dove è presente anche l’urna del beato cardinale Schuster. Nato a Renate, in Brianza, il 14 marzo 1934, Tettamanzi aveva 83 anni. Da tempo era affetto da una grave malattia, di quelle che non lasciano scampo né speranze. Ha comunque celebrato messa e lavorato fino a Natale, quando le forze hanno cominciato a venir meno e si è reso necessario un ricovero al San Raffaele di Milano. L’ultima uscita pubblica il 25 marzo scorso, quando il Papa venne in visita pastorale a Milano e Tettamanzi chiese di essere trasportato in sedia a rotelle fino al Duomo. Qui Papa Francesco lo salutò e abbracciò lungamente per l’ultima volta. Poi, il ritorno nella bella villa religiosa di Triuggio, dove ha passato gli ultimi mesi sempre al confine fra la vita e la morte. Al suo fianco fino all’ultimo la fedelissima Marina, la perpetua compagna di una vita. Fra gli ultimi a fargli visita il cardinale Angelo Scola, che gli successe nel 2012 e che ha lasciato il suo incarico a Monsignor Mario Delpini, nominato arcivescovo da papa Francesco lo scorso 7 luglio. Tettamanzi si era da diversi anni ritirato a vita privata nella Villa Sacro Cuore di Triuggio, una residenza ecclesiale dove ha continuato a portare avanti i suoi studi. Era infatti un teologo molto apprezzato in Vaticano, esperto dei temi della bioetica e della morale famigliare, problemi che seguì con grande attenzione fin dal 1991 quando venne nominato segretario della Conferenza episcopale italiana. Prima di venire a Milano, prendendo il posto di Carlo Maria Martini su nomina di Karol Wojtyla, Tettamanzi era stato vescovo di Ancona-Osimo e di Genova. Con Milano il cardinale ebbe inizialmente un rapporto tiepido, anche perché era difficile colmare il vuoto lasciato da una figura come quella di Martini. Ma si fece in fretta conoscere come il vescovo degli “ultimi”, attento ai problemi della casa e del lavoro, della povertà e delle minoranze, senza risparmiare critiche alle amministrazioni di centrodestra a Palazzo Marino e alla Regione. Il cardinale brianzolo con l’aspetto del parroco di campagna sempre ritenuto “di sinistra” è stato spesso etichettato come “catto-comunista”. Sua caratteristica fondamentale è stata però la concretezza tutta “lombarda” con cui si esponeva in prima persona, mettendosi anche in contrapposizione con la politica. Celebre la sua visita al campo rom di via Triboniano a Natale del 2010 e il giro nei campi profughi in Palestina nel 2009. Il suo nome fu a lungo tra quelli dei cosiddetti “papabili”, soprattutto alla morte di Giovanni Paolo II, tanto che a Milano nell’aprile 2005 tanti lo davano in partenza per il Vaticano. Nel marzo 2009, raggiunti i limiti d’età per la pensione, aveva scritto a Benedetto XVI mettendo a disposizione il mandato. Ma Ratzinger gli chiese di restare fino al 2011, quando venne nominato Scola. La sua preoccupazione – racconta chi gli è stato vicino – è sempre stata quella per l’unità della Chiesa minacciata da vari pericoli: la secolarizzazione, la scristianizzazione, il neopaganesimo, l’indifferenza religiosa. Nel 2008, alle prime avvisaglie della crisi economica, varò il Fondo famiglia lavoro a cui donò di tasca sua un milione di euro, cifra che poi decuplicò in pochi anni e che venne distribuita alle famiglie dei disoccupati. Questo gli valse l’amore del popolo, ma non bastò a far tacere le polemiche con il mondo politico. Tettamanzi infatti insistette da subito fortemente perché il Comune concedesse agli islamici di avere i propri luoghi di culto diffusi sul territorio: “Una moschea in ogni quartiere”, chiese nel celebre discorso di Sant’Ambrogio, nel 2010. Salvini gli rispose: “La Curia ha i soldi, dia pure le moschee agli islamici, il Comune non lo farà”. Lo attaccarono pesantemente il quotidiano la Padania, l’allora ministro Calderoli e l’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga. Tettamanzi verrà ricordato anche per il “Nuovo lezionario Ambrosiano”, presentato nel novembre 2008 a Benedetto XVI. (repubblica.it)