Francesco Cuccia giovane talento al Concorso Zandonai

12 agosto 2017 | 16:07
Share0
Francesco Cuccia giovane talento al Concorso Zandonai

Il ventiquattrenne tenore già allievo di Filippo Morace ha ricevuto una borsa di studio e l’ammissione alla masterclass di Mietta Sighele Di OLGA CHIEFFI E’ stata l’ aria da camera “Un organetto suona per la via”, datata 1895, a rivelare il giovane talento salernitano, il ventiquattrenne tenore Francesco Cuccia, al prestigioso Concorso per voci liriche […]

Il ventiquattrenne tenore già allievo di Filippo Morace ha ricevuto una borsa di studio e l’ammissione alla masterclass di Mietta Sighele

Di OLGA CHIEFFI

E’ stata l’ aria da camera “Un organetto suona per la via”, datata 1895, a rivelare il giovane talento salernitano, il ventiquattrenne tenore Francesco Cuccia, al prestigioso Concorso per voci liriche dedicato a Riccardo Zandonai, giunto alla XXIV edizione. Il soggetto, familiare nel paesaggio urbano di fine secolo e oltre, si incontra frequentemente nella letteratura coeva come sintesi di attenzione sociale, la voce del popolo, la sua miseria, e profondo struggimento, malinconia o nostalgia d’amore, messa in musica nella miniatura da Riccardo Zandonai, ha perfettamente sposato la giovane voce del pupillo di Filippo Morace, il quale ha teneramente schizzato il ritmo di barcarola che àncora il canto pensoso ad un clima di ipnotico realismo. Pagina, questa che ha segnato le eliminatorie e la finale di un concorso, che ha visto Francesco, cimentarsi, con l’aria di sortita del Duca di Mantova, “Questa o quella per me pari son”, pagina di un triviale edonismo, che ben pinge il personaggio, con “E’ la solita storia del pastore” nota come il “Lamento di Federico” dall’ Arlesiana di Francesco Cilea, canonizzata da Enrico Caruso, interpretata con quell’eloquio raccolto e commosso, espresso con una vocalità intensa, sino al duetto “Occhi soavi come in sulla sera” dal Giuliano di Zandonai, tra il protagonista e Reginella, che s’infiamma su di un’armonizzazione ardita, senza arbitrarie contorsioni, fino alla finale, in cui il ragazzo ha eseguito “’O Colombina” la tenera serenata di Arlecchino, dai Pagliacci di Ruggero Leoncavallo, con timbro chiaro, limpido e aggraziato, prima di evocare ancora una volta la melodia dell’ organetto. Francesco Cuccia, già diplomato in oboe, quindi erede della nostra scuola di fiati che apre al virtuosismo e al “bel canto”, trasmessagli da Antonio Toriello, ha così conquistato la masterclass con il soprano Mietta Sighele, conclusasi con la splendida performance nel cortile della Rocca di Riva del Garda, nell’ambito della Notte dei Musei. L’estate del giovane tenore continuerà nell’ambito delle numerose partecipazioni alle esibizioni nel coro del Teatro Giuseppe Verdi, per poi riprendere lo studio sotto la guida del tenore Piero Giuliacci.